Non importa a quanto, ma dove stai andando…
Una sera d’inverno
A casa, una sera d’inverno, Simona fa esplodere
una macchia iridescente nel mezzo di una sbiadita
chiacchierata a tavola su cose quotidiane: “Perché quest’estate
non andiamo a Nord Kapp in moto?”
Studio il suo sguardo per cogliere eventuali segni
di coscienza alterata, ma lei mi fissa seria e lucida.
Io ho sempre desiderato raggiungere Capo Nord
in moto, lei ha sempre desiderato visitare l’Europa
del Nord. “Affare fatto”.
Da quella sera iniziamo a costruire, mattoncino
su mattoncino, il nostro viaggio. Istituiamo
il “Fondo
Norvegia” (rivelatosi provvidenziale…)
nel salvadanaio a forma di coccodrillo, approntiamo
la fida Moto Guzzi, prenotiamo i traghetti ma… sorpresa:
non c’è posto sul traghetto Helsinki-
Rostock, che ci avrebbe riportato sull’ultima
tappa di ritorno. Decidiamo così di prenotare
il tratto Helsinki-Tallinn, e chiedere un ulteriore
sforzo al Guzzone per attraversare Estonia, Lettonia,
Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Germania
e Svizzera. La cosa si fa ancora più interessante.
24 Luglio: Milano-Hannover (960 Km)
La sveglia suona alle 6.30 del 24 luglio, le borse
sono pronte, la moto ha il pieno. Il tempo è incerto.
Ci accorgiamo che il peso dei bagagli eccessivo
manda a raso terra il Guzzone. Lasciamo a casa
qualche
maglione e finalmente partiamo. Sulla Milano-Laghi
veniamo colti da una serie di secchiate d’acqua
dal cielo, che ci costringono a rallentare
e sostare per indossare le tute. La pioggia è talmente
fitta e battente che mi sale la preoccupazione
per le infiltrazioni d’acqua nei conetti
di aspirazione. Ma la moto avanza ostinata
e ignorante come un mezzo
anfibio. In Svizzera ci fermiamo a mangiare
un Hamburger di plastica spendendo 30€.
Era meglio la fame.
Il maltempo ci accompagna attraverso la Svizzera
e parte della Germania. Abbiamo anche problemi
di itinerario: sbagliamo più volte strada e accumuliamo
ritardo. Decido di spronare il Guzzone: carico alla
morte, sulle salite chilometriche dell’autostrada
tedesca, a 150 all’ora, sento attraverso le
ghigliottine spalancate dei Dell’Orto i
pistoni che ringhiano.
Raggiungiamo a fatica l’albergo di Hannover
alle 11.00 di sera.
25 Luglio: Hannover-Kiel (250 Km)
La stanchezza della sera prima si attenua dopo
una notte di sonno e una splendida colazione
al mattino.
L’albergo, il cui personale è gentile
e l’atmosfera accogliente, ci offre
un buffet comprendente vari tipi di affettati,
formaggi, frutta,
marmellate e yogurt, tutto di ottima qualità.
Partiamo sereni e raggiungiamo Kiel senza
particolari problemi, salvo, per nostra inesperienza,
la ricerca
del terminale per il Check-In. All’imbarco
leghiamo la moto di fianco ad una meravigliosa
Harley aerografata di un Ancient Trooper
norvegese, il quale
ci ha pure salutato cordialmente (…proprio
non era italiano…). Sul traghetto ceniamo
nel lussuoso ristorante, serviti da un cameriere
che
parla perfettamente italiano. Filetto alle
verdure ottimo, accompagnato da altrettanto
eccellente
vino rosso. Ci voleva, visto che, per le
poltrone scomode,
decidiamo di dormire sdraiati per terra.
Alle 3.00 del mattino vengo svegliato dal
molestissimo rollio della nave. Penso subito
al cavalletto
centrale della SP, notoriamente instabile,
e immagino la moto
che cade rovinosamente sulla meravigliosa
Harley a fianco. Passo il resto della notte
ad escogitare
varie ipotesi su come si dovrebbe affrontare
un energumeno norvegese inferocito che alza
di peso la tua Moto
Guzzi intento a scagliartela addosso.
26
e 27 Luglio: Oslo
Ci svegliamo alle 7.00 e, giusto il tempo
che occorreva al traghetto per raggiungere
il porto
di Oslo, facciamo
colazione nel bar di bordo. Incontriamo
4 ragazzi di Bergamo, di “Mucche” dotati,
diretti verso Capo Nord. Mi ricorderò sempre
lo sguardo allucinato di Simona quando
ha sentito
parlare di
manopole riscaldate e parabrezza regolabili,
per non parlare del fatto che uno di
loro ha lasciato
a casa la fidanzata per fare spazio alle
provviste di pasta e pesto alla genovese!
Allo sbarco trovo la moto ancora al suo
posto, e il grizzly norvegese ci sorride
ignaro
del pericolo
che ha corso il suo destriero.
Sbarchiamo ad Oslo, e subito riceviamo
l’impressione
di una città splendida e vitale.
Facciamo fatica a trovare un albergo con
una stanza disponibile. Fra l’altro,
sui passaggi di porfido e piccole asperità delle strade cittadine, avvertiamo
i primi preoccupanti “fondo corsa” del retro treno.
Finalmente troviamo un buon albergo.
Il personale dell’hotel ci permette gentilmente di parcheggiare la moto
all’interno del cortile di servizio.
Incominciamo ad esplorare Oslo, e mentre Simona si lustra gli
occhi con il passaggio di locali vichingoni biondi e fieri, io
rimango
un po’ deluso dalla fauna
femminile: a parte i visi molto piacevoli, le ragazze hanno per lo più il
fisico dell’orso Yoghi.
Dopo la cena ad un Burger King, torniamo in albergo per svenire
sul letto.
Alla mattina ci ammicca un bellissimo buffet a base di uova, pancetta,
polpettine, formaggio, aringhe in salsa dolce e marmellate.
Andiamo a visitare la zona di Bygdøy, dove si trova il Folk Museum e il
Museo Navale Vichingo. In quest’ultimo rimaniamo colpiti
dal buono stato di conservazione delle due navi vichinghe e ne
subiamo
davvero il fascino.
Solo quei pezzi di legno erano in grado di trasmettere il senso
di fierezza ed il
coraggio (o incoscienza?) degli esploratori del Nord.
Ci spingiamo poi fino al Vigeland Park, molto ben tenuto
e suggestivo: costellato di statue di granito antropomorfe
, dallo stile tondeggiante,
realizzate
dallo scultore norvegese Gustav Vigeland, rappresentano gli
innumerevoli sentimenti
umani nelle relazioni di amicizia e di eros fra le persone.
Rimaniamo perplessi per ò sul gusto dell’opera.
A pranzo ritorniamo in centro città, al Johnas Gate, dove troviamo una
tavola calda all’aperto dove servono ottimi spuntini a base di gamberetti,
salsa rosa e aneto. Ne conservo un bel ricordo, forse perché associato
all’idea di aver fatto colpo sulla cameriera (niente
male...)…eh
eh, il fascino del terùn incomincia a seminare disordine…
Occhio al prezzo della birra però: una pinta costa
il corrispettivo di 8 (OTTO!) euro!!!
28 Luglio:
Oslo-Trondheim (516 Km)
Al check-out dell’albergo, mentre stavo radunando le valigie, la coda dell’occhio
viene interessata da una figura che passa fuori dall’albergo: una meravigliosa
creatura di sesso femminile, altezza approssimativa di 1.80m, dalle forme che
neanche il più dotato designer mondiale potrebbe replicare, mi induce
ad una reazione poco ortodossa, trasformandomi in una bestia delirante, non cosciente
degli apprezzamenti dal dubbio gusto che devo aver pronunciato con la schiuma
alla bocca in presenza delle receptionist e dei clienti presenti in quel momento.
Ma vengo subito richiamato ai ranghi da Simona perchè era
ora di partire.
Il viaggio è faticoso, anche perché all’arrivo, all’ora
di cena, facciamo ancora più fatica che a Oslo a trovare un albergo. Grazie
ad una botta di chiappe veniamo rincorsi da una receptionist che ci aveva appena
rimbalzati per dirci che in un hotel vicino è stata
cancellata la prenotazione di una stanza. Che gentile!
Salendo di latitudine diventa più evidente la tarda luce. Ne approfittiamo
per fare un giro per la città, molto piacevole, ma un po’ deserta.
Carina la cattedrale. Rinuncio all’idea di bere una birra insieme ad uno
dei miei gruppi preferiti, i Motorpsycho, originari di Trondheim, visto che in
quei giorni sono a Rimini…
E’ stata una tappa un po’ ardua, e ci viene
il dubbio se non sia il caso di arrivare fino a Tromso
per poi
stoccare
a Est verso la Finlandia.
Capo Nord? Troppo male alle chiappe.
29
Luglio: Trondheim- Mosjøen
(390 Km)
Continuiamo il viaggio verso nord fino a Mosjøen, un piccolo e tranquillo
paese situato alla fine di un fiordo. C’è pochissima gente, e troviamo
un piccolo ristorante in una costruzione in legno, vicino all’acqua, in
cui abbiamo assaggiato un eccezionale filetto di renna. Sappiano che mettiamo
in atto una discriminazione: nel menu era presente anche la bistecca di balena.
Non ce la siamo sentita. Forse perché di renne ce n’è a
bizzeffe. Di balene no.
La pace in quel paesino è commovente.
30 Luglio: Mosjøen- Narvik (473 Km)
Lungo la
tappa attraversiamo paesaggi magnifici, dove il verde intenso
dei boschi e il viola vivace dei fiori abbraccia laghi
e fiordi che attingono dal cielo un colore blu intenso. La
Moto Guzzi, anche se appesantita,
pennella le curve con dolcezza e armonia, quasi come
se conoscesse la strada, e Simona accompagna le pieghe con
maestria, alleggerendomi non
di poco la guida.
Verso metà del tragitto, i boschi iniziano a diradarsi, il verde
diventa più chiaro e l’orizzonte si espande. In pochi chilometri
gli alberi e i fiordi lasciano il posto alla Tundra
e alle dolci colline ancora innevate. Il clima è splendido, e
il vento leggero e piacevole fa da sfondo ad una sensazione
di nulla, ma nulla pieno (frase ad hoc
di mio suocero che ho riciclato…). E’ la linea di confine
col Circolo Polare Artico.
Proseguiamo il viaggio sulla E6 verso Narvik, che troviamo
un po’ vacua,
così decidiamo di andare poco oltre e fermarci in un campeggio dove
troviamo un bungalow. Qui decidiamo che a Capo Nord ci andremo eccome. Dormiamo
discretamente.
31 Luglio: Narvik- Alta (513 Km)
Prima di iniziare il viaggio, facciamo un salto allo
Zoo Polare. Dopo aver avvicinato le renne, la lince,
il bue muschiato, rimaniamo affascinati dall’orso
bruno, possente, bellissimo, anche se sembrava un po’ accaldato (c’erano
27 gradi).
Ripartiamo verso nord e non ci stanchiamo di ammirare la danza di linee
e colori vividi fra acqua e terra. Senza difficoltà arriviamo ad Alta, una cittadina
tranquilla e ben tenuta, dove troviamo un confortevolissimo albergo dal personale
squisito. C’era anche a disposizione gratuitamente un internet point
da dove abbiamo segnalato ad Anima Guzzista la nostra posizione: 240 km
a Capo Nord.
1 Agosto: Alta - Nordkapp (240 Km)
Prima
di metterci in viaggio visitiamo il museo antropologico di Alta.
All’aperto, attraverso un sentiero pieno
di vegetazione, vicino al fiordo, sono visibili le rocce dove, circa
6000 anni avanti Cristo, gli abitanti incidevano scene di vita
quotidiana, caccia e pesca.
Nell’edificio del museo erano esposti, invece, tanti reperti e
varie ricostruzioni dai modelli di vita norvegesi, dalla costruzione
di capanne primitive,
agli strumenti di esplorazione, e all’armamento dell’esercito
fino al secolo scorso. Molto suggestivo.
Risaliamo sul Guzzone e riprendiamo il viaggio. Dopo aver raggiunto
il casello per accedere al tunnel che porta a Magerøya (dove stiamo per ipotecare
casa e parenti), raggiungiamo Honningsvåg, un paese caratteristico, abitato
per lo più da pescatori e poco altro. Pochissima gente in giro, mentre
i gabbiani sono i protagonisti. Molliamo i pesanti bauli in albergo e risaliamo
in moto. E qui il momento è catartico: se già il circolo polare
artico era spettacolare tanto minimale, la strada di 30 Km che porta a Capo
Nord si snoda lungo un paesaggio che sembra appartenere ad un pianeta di galassie
sconosciute al genere umano, dove il verde chiaro, maculato dal color argento
dei laghetti, veniva tagliato solo dal nastro grigio dell’asfalto, che
si perdeva in un orizzonte in continua trasformazione. A parte la fase poco
poetica del biglietto di accesso all’ultimo tratto (altro che ipoteca…),
la magia si ripresenta quando parcheggiamo la moto e arriviamo a piedi
fino al famoso globo di metallo, costellato di adesivi e testimonianze
di persone
che hanno seguito la stessa meta. Alcune di queste testimonianze sono davvero
commoventi, accompagnate da dediche di amici a persone che non sono potute
venire, o persone che non potranno mai, ma guardano dal cielo.
Siamo contenti di essere arrivati al …secondo punto più a nord
d’Europa (il primo è poche centinaia di metri più a ovest,
ma non è raggiungibile con mezzi di ogni sorta). Tuttavia il bello deve
ancora arrivare, perché dopo le foto di rito sotto quella costruzione,
volgiamo lo sguardo ancora verso nord, e veniamo rapiti dalla spietata e brutale
immensità, dalla meravigliosa desolazione del Mare Artico. Rimaniamo
per diversi quarti d’ora a contemplare in silenzio il dio blu.
2 Agosto: Honningsvåg- Inari (351 Km)
Riprendiamo il viaggio verso Karasjok e quindi verso
la Finlandia. Superato il confine ci troviamo in
Lapponia a percorrere una strada
piena di lavori
in corso. Abbiamo dovuto affrontare qualche tratto sterrato non
divertendoci, visto che la Guzzi stracarica storce il naso. Per
manifestare in
segno di protesta, ha pensato bene di mandare al
creatore il cavo del contagiri
che,
allo smontaggio, è sembrato
malconcio già da tempo.
Ci fermiamo ad Inari, presso una sorta di Motel curioso: le stanze,
quasi perennemente soleggiate, sono piuttosto calde. Per questo
i clienti, quasi tutti finlandesi,
tengono la porta aperta. L’aspetto generale era una specie di caserma,
ma dal clima vacanziero….
Inari è una specie di non-luogo, dove non ci sono praticamente abitazioni,
ma solo qualche supermercato, due o tre alberghi, e una strada che lo attraversa.
E’ un posto di solo passaggio, che in fin dei conti ha il
suo fascino.
Ceniamo a base di spezzatino di renna e birra nazionale Lapin Kulta.
Ci accorgiamo subito che i prezzi sono molto più contenuti.
3 Agosto: Inari- Rovaniemi (327 Km)
Scendiamo sotto il circolo polare, facendo una breve
sosta al villaggio di Santa Klaus. Speravo sinceramente
di trovare qualcosa di più prettamente
storico-antropologico-folkloristico… invece è un’americanata
pazzesca, cioè un villaggio artificiale di legno costellato
di immagini di Babbo Natale coi colori della Coca Cola. Va beh,
rimane lo stesso un
posto interessante.
Arriviamo a Rovaniemi, dove ceniamo nel ristorante dell’albergo, con
un ottimo buffet. La città non è niente di particolare.
4 Agosto: Rovaniemi-Oulu (225 Km)
Ci svegliamo con la pioggia. Aspettiamo che migliori
per compiere il breve tragitto fino a Oulu, patria
dei gruppi preferiti da
Simona: i Sentenced
ed i Poisonblack (per la cronaca: non ne abbiamo trovato
traccia, col
disappunto di Simona…)
L’Hotel ci offre una stanza a prezzo mooooolto conveniente, anche perché è dotata
di sauna! Al momento di sperimentare il congegno, consistente in un box di
legno situato nel bagno e provvisto di contenitore per l’acqua e scaldatore
elettrico dentro una scatola metallica piena di pietre, rimango timoroso di
fronte all’eventualità di versare l’acqua sulle pietre stesse
(e sulla resistenza che le scalda) e mandare in corto l’intero stabile,
rimanendo entrambi folgorati, nudi biotti, dentro un box di legno. Decido di
scaldare le pietre fino a farle diventare roventi e poi spegnere l’impianto
per versarci l’acqua. Funziona: ci facciamo una sudata pazzesca e poi
una bella doccia fredda. Vi assicuro, è un’autentica
goduria.
Dopo la sauna facciamo un giro per la città che è davvero carina,
a misura d’uomo. Ci fermiamo al Kauppatori, il mercato all’aperto,
a bere una birra, e poi esploriamo il Kauppahalli, cioè il mercato coperto,
dove assaggiamo degli ottimi bocconi di salmone impanati. Trovandosi a dover
fare un po’ di economia, il nostro consiglio è proprio quello
di cenare a base di questi assaggi del mercato coperto, gustosi, abbondanti
ed economici (un po’ di braccino corto non fa mai male….)
All’ora di cena ci dirigiamo verso un ristorante turco. Il centro della
città è davvero carino, ma è sconvolgente come già nel
tardo pomeriggio si trovino per strada persone completamente ubriache di birra
o acquavite. Fa davvero tristezza vedere questa gente che, forse depressa dai
lunghi e rigidi inverni poveri di luce, si annulli completamente, come se volesse “affittare” dall’alcol
una giornata di non-esistenza o, se vogliamo, di rateo suicidio.
Al ristorante, locale arredato con gusto e dal personale
cordialmente professionale, mangiamo a testa un antipasto,
un secondo abbondantissimo
a base di kebab
molto sofisticato, accompagnati da un buonissimo vino turco
rosso. Il tutto a 60€.
Poco, considerato lo stile del ristorante e le porzioni abbondanti.
5 Agosto: Oulu- Kuopio (289 Km)
La destinazione è Kuopio, la città delle fragole. Troviamo un
albergo un po’ demodé ma piacevole sulla piazza del kauppatori.
Posiamo le nostre zavorre nella stanza e usciamo nuovamente per fare una passeggiata
fino al lago, trovando un porto di traghetti pieno di locali e chioschi. Allontanandoci
dal porto, andiamo a mangiare nel più antico ristorante di kuopio, che
ha aperto i battenti 70 anni fa. L’ambiente è davvero bello, di
quel fuori moda piacevolmente nostalgico. Si respira l’aria di un locale
storico. Il padrone è di una gentilezza e discrezione disarmante, e
ci ha messi a nostro agio immediatamente. Il menu è tutto
a base di Muikku (Coregone: pesce di lago), davvero squisito.
6 e 7 Agosto: Kuopio- Savonlinna (160 Km)
Lo spostamento è breve. Qui c’è il Festival dell’Opera,
e troviamo alberghi al completo e persone incravattate. Riusciamo a trovare
una stanza di confort nella media, ma il prezzo, proprio in occasione dell’evento, è assurdamente
imposto a 150€! Un furto. Decidiamo comunque
di rimanere due giorni.
Visitiamo la Castello medievale di Olavinlinna, ultimato
nel 1472 dai finlandesi, ma nel posto sbagliato:
il Lago Saimaa
a quell’epoca, era in territorio
russo, a 5 km dal confine. Per questo il castello è stato spesso causa
di conflitti e rivendicazioni fra i due popoli confinanti. Questa fortezza,
arricchita e rinforzata nei secoli, risulta la costruzione medievale meglio
conservata dell’Europa del Nord.
La città è molto bella e rilassante. Girando per il Kauppatori,
Simona si ferma ad una bancarella che vende camicie e bigiotteria Made in Nepal.
Compra una camicia ricamata perché cede alle lusinghe del bellissimo
mercante finlandese “molto uomo”. Io,
stizzito, vado a comprare i francobolli in un bar
e pareggio con
la ragazza al
bancone.
8 Agosto: Savonlinna- Helsinki (325 Km)
Diciamo “ciao ciao” ai 300 euro di conto dell’albergo
e ripartiamo in direzione Helsinki.
Arrivati a destinazione e trovata una camera
piuttosto confortevole, esploriamo la città, ma non da turisti. Forse per la stanchezza, o perché è la
città stessa a suggerircelo, la giriamo in lungo ed in largo senza cercare
musei né monumenti, ma ci limitiamo a svaccarci nel marco Esplanade
in mezzo ai finlandesi, ciondoliamo per il kauppatori a mangiare squisitezze
e diamo un’occhiata ai grandi magazzini Stockmann. Si dice che non c’è abitante
di Helsinki che non abbia mai comprato qualcosa
in questo mega store. Camminando sulla strada
incrociamo
un tizio
in bicicletta
vestito di nero, col cappellino
nero e il viso familiare. Azz! Era il cantante
dei Rasmus!
10 Agosto: Helsinki- Riga (323 Km)
Prendendo il Super Sea Cat da Helsinki a Tallinn,
passiamo tangenti al centro di quest’ultima.
Una fiaba. Torneremo a visitarla, promesso.
La strada per Riga è piuttosto accidentata. Gli ammortizzatori
dell’SP,
già di per loro scadenti, vanno subito
in crisi e le nostre colonne vertebrali collassano.
Entriamo in Riga che siamo a pezzi. Girando
la città abbiamo
percepito la sua bellezza. Ma è priva
di segnalazioni adeguate ed il traffico è peggio
rispetto a quello di Milano in corso Venezia
alle 17.00. Bestemmiamo nel cercare l’albergo
che avevamo prenotato da casa: è situato
nel centro, in una zona più o meno
pedonale (non era chiaro). Con la magnanimità di
un vigile locale, passiamo per la via interdetta
e troviamo finalmente l’hotel… CHIUSO!
Momento di panico. Cerchiamo di chiedere
spiegazioni ma nessuno parla inglese. L’unico
che sembra spiccicare qualche parola ha il
cervello imbevuto d’alcol, ed è riuscito
solo ad alzare i pollici in alto e a biascicare: “Italy?… Super!”
Infine qualcuno ci fa capire che il proprietario
era semplicemente andato… a
mangiare un boccone.
Dopo un’ora di attesa lo vediamo arrivare: un signore anzianotto, che
parla un inglese improvvisato. Simpatico e gentile. Solo al ritorno avremmo
scoperto che non ci aspettava perché la
pensione non aveva ricevuto la nostra conferma
della prenotazione.
Fantastica una sua espressione: lui ci spiega
che le luci del corridoio si accendono premendo
un
interruttore situato
all’inizio. Io gli chiedo
come devo poi spegnerle. Lui riflette un
po’, poi gli si illuminano gli
occhi e aprendo le mani alzate al soffitto
dice testualmente “Automatic… PIC!”.
In quel momento capisco che l’onomatopeico “PIC” è più internazionale
di qualsiasi parola nelle lingue diverse.
11 Agosto: Riga- Varsavia
(663 Km)
La strada è qualcosa di paradossale. Maledico quegli ammortizzatori,
che andando a pacco tiravano botte violente al telaio e alle nostre schiene.
Già immaginavo di rimanere in
panne per una foratura o, peggio, la
rottura del
cerchio
posteriore.
Ma la Guzzi
resiste.
La Polonia ci trasmette una strana sensazione.
Dal punto di vista paesaggistico è davvero
piacevole. Ma la gente ha qualcosa di amaro nello sguardo, anche quando sorride.
Le strade e le città sono un continuo cantiere. Forse, dopo anni di
regime comunista, ora i polacchi si sentono come appena svegliati da un lungo
letargo, e si sono accorti che il mondo è andato avanti. Questo è il
motivo per cui, a nostro parere, i numerosi lavori in corso sulle strade, le
città in ristrutturazione, gli sforzi per recuperare terreno, sono affrontati
in maniera quasi caotica e affannosa. Evidentemente non hanno un solido background
di piani regolatori e viabilità. Tuttavia è ammirevole la loro
determinazione, e le persone che abbiamo incontrato sono di genuina curiosità e
gentilezza. Tifiamo con tutto il cuore
per la Polonia.
Arrivati a Varsavia, un po’ più ricca di segnali e nomi delle
vie, troviamo a due isolati prima di raggiungere l’hotel, un semaforo
rosso. Nell’attesa, accorrono quattro bambini a guardare la moto e cercare
di capire da dove venissimo. Mentre tenevo d’occhio uno di loro che giocava
con l’acceleratore, sento un improvviso aumento di peso verso destra.
Mi volto e vedo uno di loro accovacciato sulla borse laterale. Infine il semaforo
ha dato il verde, e loro sono scesi per farci proseguire. E’ nostro
dispiacere non aver avuto il tempo di
scattare una foto tutti insieme.
Ceniamo nel ristorante dell’albergo,
dove gustiamo un ottimo gulasch a bagno
di un sugo
di carne e contenuto
in una forma di
pane che fungeva
da zuppiera.
12 e
13 Agosto: Varsavia- Praga (615 Km)
Usciamo dalla Polonia soffrendo ancora
per le strade disastrate. Passato
il confine con la
Repubblica
Ceca, la musica cambia:
riapro la manetta
e faccio
galoppare un po’ la Guzzi.
Malgrado questo, ci sciroppiamo otto
ore di viaggio.
Arrivati alle otto di sera sfiniti,
facciamo gli ultimi 30 metri spingendo
la moto
a motore spento,
visto che
l’albergo
si trova in una via del centro che,
da dove veniamo, risulta contro
mano.
Malgrado la stanchezza, veniamo colti
dalla ricchezza di palazzi e monumenti
splendidi.
La mattina
dopo, infatti, dedichiamo
la giornata intera a
visitare la città.
Non basterebbero mille pagine per
descrivere le sensazioni che trasmette
ogni singola
prospettiva di Praga.
Tuttavia, basti
sapere che malgrado
il carnaio
di gente, le visite guidate e i locali
pieni, la
città riesce
lo stesso ad avere la meglio,lasciandoci
senza fiato, ed essere commovente
da ovunque
la si guardi.
La sera prima di ripartire troviamo
un ristorante dall’ambiente
molto piacevole, dove, dopo un ottimo
gulasch, assaggiamo… (On. Fini
tappati le orecchie o ti viene una
crisi epilettica per lo scempio da
noi commesso)… l’Assenzio!!
Questa terribile droga dall’effetto micidiale, che avrebbe dovuto portarci
in una dimensione paradossale e ci avrebbe dovuto far compiere atti inconsulti,
altro non è che un liquorino alle erbe, a base di assenzio appunto,
piuttosto forte (70 gradi), dalle qualità digestive meravigliose. Nulla
a che vedere quindi con la storica bevanda, effettivamente tossica e dannosa,
che bevevano artisti maledetti, come Loutrec, Baudelaire, Verlaine, Van Gogh
e Rimbaud. Sarebbe bello che anche in Italia questo liquore venisse ammesso
nella legalità. Ma l’intelligenza nel mondo è distribuita
a macchie.
14 Agosto: Il ritorno a Casa (790
Km)
Qui non c’è molto da raccontare, se non il fatto che, come siamo
partiti con la pioggia, torniamo allo stesso modo. Soprattutto in Germania
sembra di essere fra le spazzole di un autolavaggio, ed il clima è maledettamente
freddo. Solo dopo il traforo le Alpi bloccano le nuvole, ed il cielo ci offre
nuovamente il suo azzurro. Stringendo i denti, maciniamo i chilometri, chiedendo
alla miracolosa SP un’ultima corsa a ritmo sostenuto e lei, per convincerci
una volta per tutte che non le importa un fico secco della velocità,
manda in congedo anche il cavo del tachimetro. Giri al minuto “0”,
chilometri all’ora “0”. E così,
ascoltando il suo rumore quasi
esoterico, abbiamo la sensazione
che ci avesse
voluto
dire: non
importa a quanto, ma dove stai
andando.
Considerazioni:
- Non esistono “zainetti”,
ma solo persone poco coinvolte
nel viaggio.
- La Moto Guzzi, continuo
a ripetere, pesa 21 grammi
in
più rispetto
alla somma delle sue parti.
- L’Italia si vanta della sua cultura e civiltà.
Sotto certi aspetti, rispetto
a molti paesi da noi snobbati,
siamo nel
Medioevo.
- La gente del nord è molto più calda
e passionale di quanto si pensi.
- Viaggiando in un certo
modo, si incontrano dei veri
amici, anche
se per pochi
istanti.