Nuovo giorno.
Mi aspettano lezioni, professori che arrivano in ritardo, aule piccole
per studenti troppo numerosi e una città che ogni giorno si
illumina di un sole pallido la mattina in queste prime giornate di
ottobre.
I miei dormono ancora quando indosso i guanti e salgo in sella, giro la
chiave, aspetto che le pompe benzina e olio si rianimino, spingendo
fluidi necessari all’anima meccanica di questa creatura che
ho chiamato Piccolina.
Premo quel tasto e Lei si rianima, vibrante di scuotimento piena.
(insieme al vicinato sdegnato per l’inusuale sveglia ndr).
Ingrano la marcia, rilascio la frizione, di nuovo felice.
Rapidamente scorro i portici che ogni giorno mi accompagnano in questa
città, percorrendo l’asfalto che porta di
là dagli appennini, lasciando di qua, prima una Porta, poi
l’altra, verso l’autostrada, ho fretta e non posso
divertirmi sui passi – scelta obbligata quindi.
Imbocco il viadotto, saluto il santuario di San Luca che dai colli
abbraccia Bologna appena illuminata da una rosea alba e raggiungo
l’A1.
L’aria frizzante con un brivido scuote anche me, sotto la
giacca di pelle, ma i km devono correre veloci, non posso soffermarmi
sui particolari, così che sfido l’asfalto, la moto
e me stesso lasciandomi dietro solo il rombo degli scarichi aperti.
Raggiungo le vette, presto, i guanti invernali sarebbero stati una
scelta migliore.
Sulle curve dell’A1 la v11 è inesorabile, veloce
copre le distanze senza chiedere altro e arrivo rapido a destinazione
dove annego tra una lezione e l’altra pensando alle nuove
curve che mi aspettano… sinuose mi chiamano.
Probabilmente mi si legge in faccia la distrazione, fatico a stare
attento ad una lezione di costruzioni quando Piccolina è a
pochi metri, nel cortile.
Passa una giornata, ma le lezioni oggi non durano fino a tardi, 17:45,
c’è abbastanza luce e tempo per dedicarsi a
più ludiche faccende… tiro uno sguardo alle
colline di Fiesole, sorrido e ripeto i gesti che donano vita a Lei,
ogni volta.
Appena il tempo di riempire il serbatoio di nuova linfa e raggiungo Via
Bolognese, voglioso di curve.
Risalgo le colline che sovrastano la città (che vista da
lassù, si vede l’opera del Brunelleschi, bella
come non mai) e mi lascio definitivamente alle spalle gli studi, i
professori, i compagni e gli impegni toscani,
Passo qualche paesino, poi presto raggiungo Vaglia, svolta a sinistra
seguendo la E65, costeggio Barberino e sorrido, davanti a questa strada
incredibile, perfetta.
Curve Curve Curve!!!
Una dopo l’altra, senza sosta si susseguono mettendo a dura
prova me, non certo Piccolina che da settimane non aspettava altro; lei
rumba là sotto, felice, assecondandomi, ora che è
bella calda. Lei senza incertezze, io ancora non rinuncio a qualche
maldestro tentativo di impostare bene una curva – ormai sono
due anni che guido, ma ancora devo farne di strada per imparare davvero
e la Futa è il posto migliore dove imparare.
Correndo veloci sull’asfalto i pensieri svaniscono, lasciando
spazio ad una maggiore percezione di noi, e della macchina sotto di
noi. Aprire gas, percepire la spinta, accompagnandola, chiudere gas
prima di una nuova curva e poi lentamente riaprirlo accompagnando la
moto rapida nel suo correre verso il nostro nuovo obiettivo ecco,
finalmente ci riesco.
Tornanti in successione, poi di nuovo tornanti: uno dopo
l’altro ti sfidano ed è bellissimo vincere la
sfida e ritrovarsi in cima, e ancora ansiosi proseguire più
avanti su nuove curve. Anche qui fa freddo, ma qui si sopporta
volentieri e presto abbandono il passo Futa, seguendo per la Raticosa.
Ancora curve! Ancora felice – io e la mia moto.
Ora so cos’è l’Anima Guzzista.