RACCONTI
EMOZIONI
di
Edoardo Vezzoli
13 aprile 2001
Amici Guzzisti, buongiorno a tutti
quanti.
Non è per bieco presenzialismo che ho
deciso di scrivere queste righe, ma perché sono sicuro che anche a Voi,
come a me questa mattina, sia capitato qualche volta di provare le mie
stesse emozioni.
Premetto che per lavoro sono costretto
a rinchiudermi quotidianamente tra le quattro pareti dell’ufficio o
nella scatoletta di latta e vetro con le ruote. Macino veramente tante
migliaia di Km ed ho, in un certo senso, la fortuna di poter godere di
una sorta di libertà, quando gironzolo per la mia zona di attività.
Talvolta capita di dover fare qualche visita nelle valli bergamasche o
bresciane, oppure in zona lago d’Iseo (consiglio vivamente, per chi è
in zona!) o sulle colline del basso Garda (da vedere!), e allora è
quasi un giorno di ferie. Dico "quasi" perché il solo fatto
che mi separa dal dire che è un vero giorno di ferie è la mancanza del
mio amato Califfone ( o Thunder Road, nome roboante e forse un po’
eccessivo, ma con tutto il senso di libertà che la canzone di
Springsteen vuole significare): guido l’auto immaginandomi come
sarebbe percorrere quelle stesse strade guardandole da dietro la visiera
del casco, ascoltando il rombo del motore e il sibilo dell’aria che
fischia dalla visiera aperta al primo scatto: tanta aria quanto basta
per farti apprezzare il senso di "movimento" della moto, ma
tale da non infastidire neanche in inverno. Sogno; viaggio con la
fantasia magari aiutato dalla colonna sonora che l’autoradio diffonde
nell’abitacolo; percorro le curve "in piega" pensando a che
marcia avrei inserito, in moto; saluto mentalmente i motociclisti che
incrocio in senso opposto…
Ma la realtà è che la mia amatissima
moto sta nel box del buon Ingegnere (Grazie Luca!) ad attendere , io
dico sorniona ma impaziente, che la chiavetta d’accensione le ridia il
fremito "vitale " che ne è il tratto caratteristico e, allo
stesso tempo, piacevole. E questa stessa realtà è quella per cui,
crescendo (solo anagraficamente perché di cervello sono rimasto ai
quindici anni!), aumentando responsabilità lavorative e non, alla fine,
le occasioni per condividere momenti, viaggi ed esperienze con il mio
amato Califfone si riducono sempre più.
Ma oggi c’è il sole! Ma oggi è il
venerdì di Pasqua ed i clienti sicuramente non hanno voglia che io vada
a rompere le balle. Ma oggi ho deciso che mi dedicherò alle carte dell’ufficio.
Ma oggi ho deciso che mi prendo una mezza giornata di ferie. OGGI HO
DECISO CHE ANDRO’ IN UFFICIO IN MOTO!
Non indosso i soliti pantaloni con la
piega, la giacchettina e la cazzutissima cravattina, la scarpetta lucida
e il calzino intonato. NO! Oggi metto i primi vestiti che mi capitano;
ma, attenzione!, perché oggi non fa poi così caldo! E non mi faccio
neanche la barba! E più ci penso (alla moto) e più l’emozione, forse
la tensione, sale. Sale e in un certo senso mi indebolisce (effetto da
post-adrenalina). Decido che indosserò la giacca in cordura, non il
giubbotto di pelle, perché oggi mi sento "la manetta
tranquilla". Preparo casco, guanti e foulard. Carico tutto in
macchina (purtroppo la mia "bambina" dorme lontano da casa) e
vado. E la tensione, credetemi!, sale. Veramente emozionato, apro
cancello e portone del box, scorgendo la sagoma della moto da dietro la
vetrata smerigliata. Quando la spingo per farla scendere dal cavalletto
centrale, lei mi sussurra –brutto stronzo, mi hai lasciato qui
inattiva per un secolo e mi si sono incollate le pastiglie dei freni ai
dischi!- e si blocca. Alla fine la porto fuori dal box, la rimetto sul
cavalletto, accendo il motore e la lascio scaldare un po’, anche
perché la rampa per uscire da qui avrà forse un’inclinazione di
60°!!! E non vi dico la sensazione quando salgo e metto la prima!
Siccome tutte le strade portano a Roma
e sicuramente tra queste esiste anche quella più lunga, ‘fanculo all’ufficio!,
ci vado per la strada che attraversa ponte sull’Adda e colline, non
per quella trafficata che porta all’autostrada! E sgranchisco un po’
le ruote.
E la mente si astrae dai pensieri del
lavoro, godendo solo della serenità propria di chi sta guidando una
moto. Non importa dove, come e quando. Forse solo chi ha guidato una
moto può capirlo. Io spero di no, perché è una bellissima sensazione.
Sì, è vero che alla fine arrivo in ufficio. Ma ho già in mente che
spenderò l’intera mattinata a fissare sulla carta quello che ho
provato oggi. E sono contento!
V saludos
Edoardo Vezzoli
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