Racconti - Uros Blazco e la mitica Moto Guzzi Quota
Approdo in Indonesia
di Uros Blazco
In
questo terzo episodio, vi racconto un’altra tappa del giro
del
mondo in moto fatto da Uros Blasko, tratto dal suo terzo libro. Si
tratta di un attimo di separazione tra Uros e la sua Moto Guzzi Quota,
nel momento del loro trasferimento dalla Malesia all’isola di
Sumatra. Si coglie in queste righe che seguono, il rapporto che un
Motociclista, (Uros è un Motociclista con
“M”
maiuscola), ha con il suo destriero a motore, soprattutto nel caso in
cui si trovi dall’altra parte del mondo solo con la sua moto.
Sostene Chiaranda
La conquista
dell'isola esotica
Il mio programma d’itinerario è semplice:
viaggiare da una
isola all'altra. Da Sumatra a Java, poi a Bali e Lombok, e infine a
Timor e in Papua Nouva Guinea, praticamente conquistare tutta
l’Indonesia. Forse è un itinerario troppo audace,
ci sono
troppe cose che non conosco, ma vedremo che cosa mi
riserverà il
destino.
La barca si avvicina alla costa, all’orizzonte appare la
linea
verde delle palme. Subito tra il verde si vedono le palafitte, che
sembrano dei ragni, davanti ci sono i moli e le barche dei pescatori.
Tutto è costruito dello stesso materiale e colore; con assi
di
legno grigio. Più la costa è popolata e
più
si diradano le palme e rimangono solo le case. Ci stiamo avvicinando a
Tebingtinggi, una località situata a nord-est
dell’isola
di Sumatra, sul mare di fronte alla Malesia, e dove ancora oggi ci sono
“moderni pirati” che a bordo di veloci motoscafi
attaccano
le navi in transito per saccheggiarle e a volte uccidono tutto
l’equipaggio. Qui non c'è altro che un porto
piccolo e
isolato, il molo doganale è composto da una piastra di
cemento,
legata tra dei pali di ferro. Il “visto” per l'Indonesia ce
l’ho, ma non ho
il permesso per l’importazione della moto. Mentre un
poliziotto
raccoglie i passaporti, sono molto preoccupato sul come si evolveranno
le cose. Secondo la legge mi possono rimandare indietro in
Malesia, ma, penso tra me: “Loro non sanno che
possiedo una
moto!”. La nave da carico con cui sta arrivando la mia mitica
Guzzi Quota, si chiama Curniahu ed è ancora in mare e
arriverà solo questo pomeriggio. Decido di fare il doppio
gioco,
prima mi dichiarerò un “normale” turista
e dopo che
avranno posto il timbro di entrata sul mio passaporto, allora
dichiarerò che sono qui con la moto. Gli Indonesiani sono di pelle più scura dei Malesi e sono
vestiti molto male, mostrano i loro denti rotti quando sorridono, non
parlano inglese, e anche gli Ufficiali non hanno un aspetto
molto
curato. Siamo i primi passeggeri della giornata e dubito che oggi ce
ne saranno degli altri. I viaggiatori del posto scesi con me dalla
barca vengono subito lasciati andare, mentre io vengo portato
immediatamente al posto di Polizia.
Aspettando la moto e i documenti
Il posto di Polizia non è la parola giusta, è una
baracca
aperta da tutti e quattro i lati, e così non hanno né
problemi
di mancanza d’aria, né di odore di chiuso! Gli Ufficiali
parlano
la loro lingua e preparano il tè, uno prende il mio passaporto e mi
domanda qualcosa, ma non avendo capito niente di cosa mi avesse
chiesto, non gli rispondo, e lui lo rimette sul tavolo. Non so di che
cosa stiano chiacchierando. Una barca arriva al molo e
qualcuno
di loro gli va incontro per controllare i documenti, dopo ritorna e si
siede. Mi offrono una tazza di tè e parlano tra di loro, come se io non
ci fossi. L'attività nella baracca si svolge lentamente,
“Perché nessuno si occupa di me?”
penso, “In che razza di posto sono capitato? Cosa staranno
aspettando
questi?” Insomma, la preoccupazione riguardo al mio futuro
cominciava ad aumentare!!! In attesa che qualcuno mi dica qualcosa di comprensibile, guardo
l'acqua fangosa, e penso tra me “Siamo sul mare o sulle rive
di
un fiume?”. Non ho provato a sentire se l'acqua è
salata o
no, l'ultima volta che ho fatto un bagno in mare ero
sull’isola
Samui, in Tailandia, dopodiché ho guardato le onde
del
mare da lontano. L'oceano per me è solo un ostacolo tra due
continenti, mentre alcuni ci vanno solo per il gusto di bagnarsi nelle
sue acque. Penso tra me che andrò al mare quando
ritornerò a casa, e porterò anche mia moglie
Metka con
me, o forse faremo un bagno già in Australia, dove lei mi
raggiungerà.
Sono qui seduto da un’ora, non succede nulla, ufficialmente
io
non sono entrato in questo Paese, mentre materialmente ci sono
già da un po’, che cosa faranno di me i Poliziotti
?
Ad ogni modo, io sono a Sumatra, davanti agli occhi ho le immagini,
come un bambino, di una giungla folta e piena di serpenti velenosi,
dove i feroci Dajak scoccano le loro frecce con le punte avvelenate
contro i loro nemici. Probabilmente oggi questo non succede
più,
almeno credo! Dell’Indonesia non so nulla e ogni chilometro
di
viaggio sarà una nuova scoperta. Mi vorrei dirigere verso il
nord del Paese, anche se me l’hanno sconsigliato. A che
distanza
ci saranno le stazioni di benzina? Sarà transitabile quella
strada segnata sulla carta e accetteranno le carte di credito? Ma
soprattutto, che cosa diavolo stanno aspettando i Poliziotti? Si avvicina la sera e penso che è il 24 dicembre e domani è Natale, come lo potrò festeggiare in questo
paese
musulmano? Loro hanno già il loro Hari Raya (il
loro anno
nuovo), ma io, come posso spiegare che non ho nessuna voglia di passare
le ferie alla Polizia, senza parlare la loro lingua? In Indonesia si
parla il Bahasa, che è simile alla lingua Malese, ma ho
imparato
solo alcune parole, come: terima kasi – grazie, selamat pagi
– buon giorno e tolong saya – ho bisogno d'aiuto.
Ma come
spiegargli: fate svelti, voglio andarmene da qui, quando
potrò aver quel maledetto timbro sul passaporto ?!?! Cerco di fare due parole con un poliziotto, ma di tutto il suo discorso
capisco solo la parola Curniahu. Ma, è il nome della nave
che
trasporta la mia Guzzi! Allora loro sanno che non sono a piedi e che
sta per arrivare anche la moto! Ma come l'hanno saputo? Forse
è
per questo che mi stanno trattenendo, immaginano che sono qui con
qualche mezzo di trasporto, e in attesa di capire che
cos’è, non vogliono che vaghi liberamente per
Tebingtinggi. Sia come sia, forse tutto andrà bene e mi
riuscirà l'entrata dalla porta posteriore (un modo per dire
di
entrare in un Paese senza tutti i documenti in ordine). Vedo una nave
che si avvicina, un poliziotto la controlla con un binocolo, ed ad un
certo punto, grida: “Curniahu!”. Adesso
tutti si
danno un gran da fare, timbrano il mio foglio d'entrata e mi invitano
di salire su uno scooter che mi porta per un chilometro lungo costa,
dove c'è la dogana.
Rigorosa sorveglianza doganale
Entro in un grande hangar, il terreno fangoso finisce nel molo, dove
c’è già la mia vecchia conoscenza, la
nave da
carico Curniahu. La vecchia nave di legno segnata dal tempo attracca al
molo con calma. La cabina si trova dietro, e il carico davanti.
E’ coperta da una quantità incredibile di sacchi
rossi, e
sembra un enorme gelato! Salgo sulla nave e cerco la mia moto, ma
dappertutto ci sono solo sacchi! “Dov'è
la mia
moto?!” chiedo a un marinaio e lui punta il dito in mezzo al
cumulo di sacchi.
Intorno si radunano gli scaricatori con degli “stracci”
sulla testa. Se li incontrassi a un posto isolato ed oscuro, mi
farebbero paura. Gli “erculei” mi sorridono e mi
raccontano
qualcosa, che non capisco. Con il cuore in gola, provo a dirgli che la
mia moto si trova in mezzo di mucchio di sacchi e loro mi fanno capire
che non c'è problema, che sono qui giusto per questo, per
scaricare i sacchi della nave. Mi chiamano nella baracca della Dogana, dove c’è
una sola
tavola. Sopra la tavola si trova un piatto di riso con del sugo.
L'ufficiale mi invita a mangiare un po’ della sua cena e
siccome
è da ieri che non mangio, non me lo faccio ripetere.
Mangiamo il
riso con le mani, senza fermarci finché è finito,
poi mi chiede i documenti. Li prende con le dita tutte unte e
li
mette nel cassetto, e cerca di spiegarmi qualcosa, ma non capisco
assolutamente niente!
Poi mi ricordo che il Capitano Amrizal parla inglese, abbiamo parlato
ieri mentre caricavamo la moto. “Dove é il
capitano?” chiedo invano, ma dopo poco nella baracca entra il
Capitano Amrizal. “Dov'e la mia moto?” gli chiedo
subito,
lui mi risponde, che hanno prima caricato la moto e sopra 200
tonnellate di cipolla!!! “Ma non ti preoccupare”,
mi dice,
“La moto è al sicuro, è come un
uccellino nel suo
nido, come ti ho promesso.” Poi spiega tutto ad un
ufficiale della Dogana, che poi timbra finalmente i miei documenti e me
li restituisce. Così finalmente, la battaglia delle carte
è finita, ora rimane solo da trovare la moto in
mezzo a
tutte quelle cipolle!!!!!!!
Alle undici della sera il mucchio delle cipolle è molto
più basso e si comincia a vedere l'entrata della stiva.
Anche
sotto nella stiva è tutto pieno di sacchi. Il capitano non
sa
esattamente dove si trova la moto, perché al momento del
carico
non era presente. Supplico i facchini di scaricare i sacchi sul lato
destro, ma la moto non si vede. Non si trova neanche
nell’angolo
sinistro, così comincio veramente a preoccuparmi. Sono le due di mattina, sono già partiti sei autocarri pieni
di
cipolle e sta per partire il settimo. Ma è mai possibile che
la
Moto Guzzi sia sparita ? “Non ti preoccupare”, mi
dice il
Capitano Amrizal e mi invita nel sua cabina per prendere un te,
“Troveremo la tua moto di sicuro!” Alle quattro di mattina scorgo tra i sacchi qualcosa di nero. “Scaricate qui!”, grido agli uomini, e dopo qualche
minuto
appare la moto, al primo impatto mi sembra un po’
schiacciata, il
viaggio sotto le cipolle é stato duro per la mia Quota. Il
cavalletto laterale è rotto e così anche il
parabrezza,
il manubrio e gli specchi sono storti, le borse laterali sono piegate e
la borsa porta-attrezzi è sparita! La mia gioia diventa
rabbia,
con il cavalletto in mano entro nella baracca, “Chi
pagherà tutti questi danni?” grido ad un
Ufficiale
della Polizia. “E’ questo il modo di trattare il
carico?” Lui mi calma facendomi gesti con due mani e chiama
il
Comandante per tradurre. “Sei stato presente tutto il tempo
durante lo scarico della merce!” mi dice, “Abbiamo
rubato
noi la borsa con i tuoi attrezzi?” e poi, “Siamo
stati noi
a caricare la moto e sopra le cipolle? No! E allora non arrabbiarti con
noi, rivolgiti ai Malesi!” Mi rivolgo al Capitano
Amrizal,
ma lui alza le spalle, e mi dice: “Ti ho detto che non ero
presente al momento del carico. Calmati, insomma non è poi
così grave come sembra. Per dire la verità avevo
paura
che si fosse rotto tutto quanto. Vai e mettila in moto, prima che
sparisca qualcos'altro!” La mia Guzzi parte subito e il motore respira a pieni polmoni!
L'appoggio contro il muro e saluto tutti quanti. Gli operai sono meno
stanchi di me, e sono felici di aver finito il lavoro. “Aspetta” mi grida il capitano,
“Dove vai a
quest’ora? Puoi passare la notte nella mia casa e domani che
sono
libero da impegni di lavoro, andremo in un’officina per
saldare
il tuo cavalletto. Poi faremo un giro in moto!” Penso che sia una buona idea e dopo averlo ringraziato, gli chiedo: “Che cosa vuol dire Curniahu?”.
E lui risponde: “Sai, il mio padrone si chiama Curnia. In
una demolizione per navi, ha comprato l’intera
flotta e ha
chiamato le navi in ordine analfabetico. Questa, sotto il mio comando
è l'ottava, e porta la lettera H."

Le case si estendono lungo la costa come dei ragni. |

La nave, piena di cipolla, sembrava un enorme gelato. |

Gli scaricatori non avevano facce molto raccomandabili. |

I facchini mentre scaricano la nave.
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Gli uomini del posto non perdono occasione per salire in sella alla moto. |

Finalmente appare la moto, in un primo momento sembrava schiacciata! |
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La Moto Guzzi Quota finalmente tocca il suolo Indonesiano. |
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© Anima
Guzzista

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