Un
piccolo miracolo
di
Beniamino Vigo
Beh gente, non mi sembra vero, e' giunto il
momento di rinforcare la mia V11.
In officina hanno terminato l'opera e non é
stata impresa da poco: si trattava non solo di
sostituire un buon numero di parti, ma di rimettere
a punto una moto resa inutilizzabile da un furto che
non ha fatto molta strada ma ha lasciato tracce di
dispetto. Per fortuna la stagione si presta a questo
genere di opere: per prima cosa la diagnosi sul
corpo leso, e quando l’Ercole ha detto "si
può fare", quell’aspettativa ancora incerta
ha trovato solida consistenza.
 |
Il
V11 finito (e come potete notaregià
usato...) con Maffezzini padre tra i figli:
quando la passione unisce le generazioni.
|
Quindi via
con le parti nuove, tra cui pneumatici e sella
(tagliati), monodisco frizione (bruciata), disco
freno posteriore (abraso fino alla ruggine),
manubrio e leva di destra (piegati), batteria, più
una serie di altri dettagli (frecce, kit chiavi,
manicotto aspirazione ecc ecc...), poi la messa a
punto: dalla messa in asse della base di sterzo
all'aggiornamento (in garanzia) e pulizia del
cambio, a tutte le opere previste per il tagliando
dei 10.000, e come tocco conclusivo riverniciatura ,
sempre in garanzia, del motore previa rimozione
degli strati precedenti. Meno male che la parte
termica e la ciclistica sono rimaste sane.
Quattordici ore di mano d'opera (per fortuna in
parte riconosciute dalla Casa) credo dicano tutto.
 |
Quel
che rimane della frizione monodisco del mio
V11 dopo l'abuso
|
Il
risultato é sotto gli occhi: una moto riportata
completamente al nuovo e già questo, da fermo,
sembra incredibile. Dopo aver ritrovato a quattro
mesi dal furto la mia "piccola" 1.100
ormai data per persa, dopo che l'avevo cercata con
annunci su riviste dell'usato e siti internet di
"colleghi" guzzisti sparsi per il mondo,
dopo che infine mi ero "ridotto"
all'acquisto di una pur bella ed efficace quattro
cilindri giapponese, più economica e comunque
emozionante (ammettiamolo, non é un peccato!), ma
senza quella unicità che rende la guida di una moto
un'esperienza ancora speciale dopo tanti anni,
quella che, a proposito della V11 e delle Guzzi, un
giornalista americano del settore letto non so più
dove aveva definito una "experience apart".
I due
Maffezzini hanno davvero fatto più di quanto
ragionevolmente mi attendessi, si vede che sono
"coinvolti" nel loro lavoro, ma
giustamente mi invitano a provare con mano quanta
sostanza ci sia dietro a quell’apparenza che già
rischia di incantarmi.
Confesso di
avere un certo timore: dopo aver provato l'altra
moto, una sedici valvole "depotenziata"
(bontà loro!...) per renderla cattiva anche in
basso, ed averci fatto l'appennino in lungo e in
largo la scorsa estate divertendomi non poco, cosa
potrà mai darmi la "semplice"
bicilindrica? O non l'avrò rimessa a punto solo per
calcolo, per rivenderla appena possibile?
Non credo
di essere facile all'affezione per gli oggetti, e
per le moto in particolare come ben sanno gli amici
che mi conoscono, e per quanto questa non fosse la
mia prima Guzzi, e mi fosse cresciuta dentro forse
anche nell'assenza, davvero non mi aspettavo che
bastasse accenderla e risentire quello scuotimento
di traverso che già in "folle" trasmette
solidità e lascia pregustare la potenzialità del
motore per provare di nuovo la naturalezza di quei
gesti familiari. Poi l’esperienza dinamica: la
presa dei mezzi manubri, la ciclistica e le forcelle
che trasmettono la giusta sensibilità dell’asfalto,
la buona proporzione ergonomica, la sensazione di
avere solo poche decine di centimetri di serbatoio
lì davanti tra la tua faccia e il vento. Molto
bene, ora il peso del motore é diventato possanza
con un breve angolo di rotazione del gas, ma fin qui
anche altri potrebbero cimentarsi con successo,
adesso viene il meglio: il cambio snocciola le marce
una dopo l'altra come si trattasse di ingranaggi in
un orologio, la frizione stacca con una rapidità
che all’inizio mi spiazza un po’, mi ero
dimenticato la sua immediatezza, ma presa la giusta
mano diventa una qualità cui è difficile
rinunciare, e ha acquistato nella revisione una
dolcezza che non le conoscevo. Anche la trasmissione
è molto diretta, ma la possibilità di giocare con
un acceleratore sensibile e di sfruttare i giri fino
al minimo permettono di gustarne quasi la dinamica
dalla coppia conica alla ruota.
In breve
trovo il giusto ritmo tra accelerazioni, scalate e
spazi di frenata e la piena intesa con il motore: l’alternanza
del moto lineare dei pistoni con l’aumentare dei
giri sembra fondersi in un corpo unico, un movimento
"rotondo" tutto incentrato sull’albero
motore, l’incremento segue la regola della corsa
lunga, e dosando il polso sento la progressione
della risposta.
Ecco il
ritrovato senso della moto: non solo una sensazione
il più possibile diretta del movimento di un corpo
nello spazio, ma quella presenza del motore che
davvero rende ogni moto unica e a sé stante, e te
ne fa sentire una più di tutte le altre affine.
E' una
settimana che é successo il piccolo miracolo e
nonostante la stagione inclemente davvero non riesco
a togliermi di dosso un sorriso quando penso di
poter nuovamente godere la pulsatilità di un mezzo
meccanico del quale riesco quasi a seguire l’effetto
di ogni gesto che compio.
Credo di
dover davvero ringraziare non solo la
professionalità e la passione dei miei meccanici
nonché concessionari di fiducia, ma di dover
ringraziare la Moto Guzzi che ha reso tale passione
un fatto di cultura vivo e comunicabile.
Beniamino
Vigo
© Anima Guzzista
|