RACCONTI
Traversata delle tre Americhe in moto
Santa
Monica
di
Claudio Giovenzana
Da San Francisco a Santa Monica sono 600 km, diverse ore in sella
con due possibilità: o la strada costiera o la direttissima.
Scegliere la strada più veloce non sempre significa stancarsi meno.
Viaggiare due ore in più mantenendo i 90 km orari in mezzo a un
paesaggio mozzafiato può essere meno stancante di correre 40 km più
veloce su una highway per meno tempo. Hai meno vento contro e più
coinvolgimento con il paesaggio circostante, l'esperienza della moto
si distingue maggiormente su questo genere di percorrenze. La costa
di Santa Lucia misura 80 miglia, forse 90, è fatta di curve
adiacenti a pini marittimi e scogliere. L'odore della salsedine
mescolato alle resine dei pini vale da solo la scelta di abbandonare
la highway, mi inebrio con respiri profondi e mi immagino che se una
persona mi chiedesse ora da dove provengo gli direi fieramente "Io
sono l'uomo che viene dall'altro oceano". Dall'atlantico al pacifico
sono passati tanti giorni e tanti km, storie che a raccontarle si
riempirebbero tranquillamente serate intere tra amici.
E sono solo
all'inizio. Fantastico.
Gli ultimi giorni a San Francisco sono stati un recupero dell'
"anima pantofola" e una perdita momentanea dell'"anima del
viaggiatore", troppo tempo inchiodato al computer, troppi contatti
con riviste e periodici, troppa amarezza e frequente la sensazione
di non cavarne un ragno dal buco ma di essere invece preso per i
fondelli. Fatte salve ovviamente alcune persone che hanno dimostrato
partecipazione concreta, anche nei fatti, al mio viaggio.
All'incirca il 5% di quelli contattati tramite mail e il 10% di
quelli contattati tramite telefono.
Preparare la moto è stato come uscire da un sonno letargico pieno di
sogni non sempre belli. Una notte ho sognato Giorgio Bettinelli, non
mi ricordo il contenuto del sogno, a giudicare dall'agitazione era
forse una sorta di anticipazione onirica della sua morte che mi è
stata comunicata tre giorni dopo per mail. Al ricevimento della
notizia le lacrime prima e poi una sorta di "effetto rimbalzo" che
ha messo a tutta forza la sala macchine facendomi desiderare di
nuovo la strada. L'idea che nasceva in quella vampata di desiderio e
movimento interiore, dopo la triste notizia, era raccogliere il
testimone da lui lasciato e iniziare a correre. O almeno continuare
per un pò in una staffetta simbolica dove venderesti l'anima al
demonio pur di correre il tuo maledetto pezzo, viverlo, assaporarlo
e raccontarlo. E così giorni dopo alzo finalmente il culo piatto
dalla sedia e inizio a cinghiare zaino e tenda sulla schiena del
ferro che si desta anch'esso con il suo fare da "monocilindrico"
pigro. Quando dopo pochi secondi anche l'altra metà di motore si
accende non rimane che dare gas e allontanarsi.
Attraverso un banco di nebbia e pioggerella che dura tutta la costa,
il paesaggio è ugualmente bello e percorrerlo è una piccola goduria.
Arrivo a Santa Monica che è buio, mi fermo in un parcheggio e
aspetto l'arrivo di Todd, fondatore di Guzzitech, il sito
maggiorente frequentato dai Guzzisti americani. Arriva su una jeep e
ci abbracciamo senza convenevoli. Sarò ospite in casa sua per
qualche giorno, con lui la sua compagna e i due figli di lei, gente
a posto, gente della california meno vulnerabile alla frenesia della
Est coast, forse perchè temperata nel carattere dalla continua
esposizione al sole, senza inverni depressivi.
I giorni sono trascorsi più rapidamente che a San Francisco, sono
riuscito a indaffararmi facendo il tagliando alla moto nell'officina-
garage di Todd.
Cambio degli oli, filtro olio e combustibile, registrazione valvole
e la sostituzione del rubinetto della benzina con uno meccanico più
affidabile. Il vecchio casco mi lasciava un punto rosso costante
sulla fronte e mi faceva perdere capelli quotidianamente. Ne ho
comprato un'altro, più comodo e leggero. La borsa da serbatoio che
stava insieme con le spille da balia è stata anch'essa rimpiazzata
con una più robusta. Invece i pantaloni antipioggia con la lampo
rotta e "l'infiltrazione facile" con un paio a corpo unico più
leggero e senza cerniera. Ho comprato uno scotch nero robusto e ho
iniziato ad avvolgere quasi ogni parte cromata della moto facendola
diventare decisamente più brutta e apparentemente danneggiata: non
mi piace luccicare nel terzo mondo. Attiro abbastanza l'attenzione
per una serie di motivi e non ne voglio aggiungere altri.
Con Todd siamo andati a un motoraduno e infine su e giù per colline
di Malibu, una volta abbiamo fatto una discesa di 5 minuti a motore
spento che sembrava di condurre a vela. La moto di Todd è il
medesimo modello della mia ma leggermente "riveduta": condotti
scarico valvole centralina ed estetica sono stati personalizzati con
il risultato di 90 cavalli alla ruota e un look fantastico. Non c'è
verso di starle dietro anche perchè Todd nella guida sportiva non
conosce molti rivali. Quando aveva due anni con il suo triciclo si è
buttato giù dalle scale che portavano in cantina, dopo aver rotolato
sino a rovinare sul pavimento la prima cosa che gli è uscita dalla
bocca è stata "Ancora!!"
Rimaneggiando un'espressione di Bettinelli io mi considero un
"guzzista di lungo raggio" perciò accantono la guida sportiva e mi
concentro sulla lunga gittata.
Verrò lasciato solo a casa con i figli per qualche giorno, poi anche
loro se ne andranno, trascorrerò da solo l'ultimo giorno
approfittando dell'ultima connessione "facile" a internet per
cercarmi articoli e documenti.
La mattina della partenza compro una guida e una mappa del Messico e
parto per attraversare la "grande cicatrice".
MESSICO
"Quanto costa questo orecchino?"
"10 dollari."
"Ah ah, buona questa, guarda che non sono un "gringo""
"Ah vedo che sai come si tratta... "
"Si un poco, perchè non facciamo in pesos ok?"
"Ok, ti faccio 60 pesos"
"No no, posso darti 20"
"50"
"40"
"No 50"
"ok va bene 50 la coppia"
"guarda che 50 è il prezzo per uno solo"
"ahh.. io pensavo per due... senti ti dò 30 per uno solo"
"no no.. senti facciamo 45 per tutti e due, ok?"
"ok"
E così da 10 dollari (120 pesos) per un orecchino pago 45 per due,
un sesto del prezzo di partenza per la coppia. Questo è ciò che mi
tocca fare, a volte con gran piacere e a volte meno, nei mercati dei
paesi meno modernizzati. In queste realtà la strada diploma gli
individui meglio che la scuola e i mercati sono le prime università.
Non è solo il luogo degli affari ma anche di perle di cultura e
folklore, una palestra per i modi di fare e una vetrina per vedere
il bello e il brutto come il vero e il falso. Anche questo è
Messico, "l'altra parte del confine", il nemico-amico degli States.
Appiccicato come un gemello monozigote condivide interessi
commerciali e giochi economici dove però quelli che "stanno sopra"
sono sempre gli Stati Uniti.
Arrivo la notte a Tijuana, tanto per cambiare, il cellulare non
funziona e non riesco a contattare Juan, cerco a spanne di trovare
il suo indirizzo chiedendo tra chioschi che vendono "birri" avvolti
nell'odore delle carni e delle spezie. Trovo la strada dopo qualche
tentativo alla cieca e qualche indicazione approssimativa. Conosco
così Juan, gentilissimo, mi mette subito a mio agio e mi offre un
letto degno di questo nome e il bagno per la doccia.
Iniziano a cambiare i connotati esterni e interni delle case:
portoni arrugginiti e intonachi scrostati, cortili polverosi con
materassi e cianfrusaglie accatastate. Mi sento bene, è questo il
mondo che cercavo, la povertà che risalta sostanza e semplicità, le
superfici rovinate e la polvere danno più smalto alle persone e agli
incontri. Ci sarà tempo per contemplare la bellezza della natura ma
per il momento ho solo occhi per un mondo così diverso e
affascinante. Lo stesso che visitai tre anni prima per poche
settimane con lo zaino in spalla. Ora ho il tempo che voglio e una
moto per andare dove voglio. Inizio concretamente dal bagno di casa
sua.
La luce si accende avvitando la lampadina, le cucrachas con sei
zampette e due antennine seguono i loro percorsi sulle pareti, non
fanno male a nessuno.
La doccia è del modello: "Scegli la tua morte"
Busta A: giri una manopola e muori ibernato da un getto
assomigliante a una stalagmite che si protunde fino a intrappolarti
in una prigione di ghiaccio.
Busta B: giri l'altra manopola e muori bruciato da un getto di acqua
a 90 gradi.
Le manopole non sono contrassegnate altrimenti tutti sceglierebbero
l'ibernazione.
Con la delicatezza e il polso di uno scassinatore di cassaforte si
tratta di trovare la combinazione giusta per un flusso d'acqua di
umana sopportazione. Trovare il flusso giusto dopo 2 giorni senza
doccia è come per il surfista cavalcare l'onda perfetta.
Dopo un paio di ustioni superficiali ho successo e mi godo il mio
flusso.
La moto è parcheggiata fuori. Juan mi assicura che non corre
pericoli, i tre cani che ci fanno le feste quando entriamo appena ce
ne andremo diventeranno tre Gargoyle impiantati a sorvegliare la
proprietà. Se qualcuno dovesse entrare verrebbe assalito
immediatamente... anche dall'ultimo dei tre che assomiglia a un
salsicciotto semovente di due spanne. Una sera quando sono tornato
da solo ho aperto il cancello e mi sono chiesto in cuor mio se i tre
avessero già registrato il mio odore a sufficienza per considerarmi
un amico. Fortunatamente mi sono venuti incontro scodinzolando..
bene.. Il più grande dei tre, sguardo triste e pelo nerissimo, si
chiama "negro" che in castigliano significa semplicemente "nero", è
affettuoso e mansueto ma per difendere il suo territtorio è capace
anche di saltare il cancello coronato da punte di ferro rischiando
di sventrarsi.
Tijuana è pericolosa.
Mi sveglio la mattina, accendo la televisione: questa notte sono
stati 10, uno in più della media. Nove secondo la classica
regolazione di conti a pallettoni e uno misteriosamente trovato in
scatola di montaggio in mezzo all'immondizia. Braccia, gambe e testa
staccate dal tronco.
Faccio due passi nella Avenida Revolucion, un tempo talmente piena
di turisti e militari americani alla ricerca di divertimento che non
si poteva passare; i 4000 negozi aperti e il continuo movimento
dentro e fuori il confine ne facevano una delle città più turistiche
del Messico. Adesso dei 4000 negozi 2500 hanno chiuso, la gente è
preoccupata e fugge, Juan pensa che la criminalità attraverso una
"politica del terrore" stia tentando di spopolare quartieri interi
costringendo i cittadini a vendere le proprietà a prezzi ribassati
per andarsene il più in fretta possibile. Molti hanno già accettato
di vendere la propria casa alla metà. Il sindaco dice che è un
momento "di passaggio" ma sono parole che non lasciano eco, molta
gente continua a vivere con paura, io sono in una parte della città
relativamente sicura, su di me vegliano i Gargoyle e quando cammino
per il centro ho un occhio supplementare che come una telecamera
indaga i volti, gli angoli tra le strade e le penombre sotto le
costruzioni più alte. Si riesce sempre a essere rilassati e sereni,
basta un poco di prudenza. Come in molte pericolose città ci sono
comportamenti che con un pò di buon senso riducono i rischi
considerevolmente. Ricordo alcuni Statunitensi e le loro
raccomandazioni idiote sul saltare il messico per intero come fosse
un anello di fuoco da imbucare con la moto dopo la rincorsa sulla
rampa per poi atterrare in Guatemala. Per ogni paese dell'america
centrale e latina ho raccolto sconsigli e diffide, purtroppo per me
non ho intenzione di fare il giro d'Italia. Provo paura alcune volte
ma il desiderio di vedere e conoscere prevale, non sono mai stato
incosciente tuttavia.
Oltre alla cosmetica per abbruttire la moto su questa non ci sono
adesivi della bandiera a stelle e strisce, sarà stupido ma la
reputazione dei "Gringo" ("Green" riferito alla divisa verde
militare "Go" come vattene a casa) non è certo stata costruita su
scambi amichevoli e cooperazione internazionale, ci sono nefandezze
nella storia dei rapporti tra questi paesi che fanno accapponare la
pelle, la bilancia delle colpe naturalmente non pende verso un solo
Stato, c'è sempre stata una complicità di alcuni individui e governi
anche nell'altro. Perciò, nonostante molti luoghi e persone degli States siano stati una bellissima esperienza, non intendo caricarmi
dei loro simboli nel viaggio.
Tra parentesi: oggi ai militari statunitensi è proibito entrare in
Tijuana.
Le altre raccomandazioni per aumentare la propria sicurezza
riguardano dove tieni i soldi, cosa ti porti in giro e dove lo
metti, come cammini e in che parti della città.
I morti sono sempre collegati alla mafia locale, i turisti rischiano
solo per i soldi che i loro oggetti valgono.
Juan lavora in un chiosco dove vende fiori, o monta e smonta ogni
giorno, domenica compresa e continua a lavorarci nonostante la crisi
economica abbia decimato i suoi guadagni.
Siamo seduti su una cassa in plastica nel parco "Torre agua
caliente", in mezzo a fiori in vendita e ai suoi conigli che
scorrazzano nel prato. Parliamo e scopro una volta ancora un uomo di
grande fede. Non è la prima persona che incontro in cui la ricerca
della felicità si mischia e confonde con i percorsi della fede. Juan
è un profondo credente; in una città dove sangue e pallottole sono
il bollettino quotidiano, la preghiera, il lavoro e la famiglia sono
le sponde entro le quali continuare la propria vita. "La felicità è
come un contagocce" mi dice, non arriva mai tutta insieme, arriva a
gocce che cadono nel presente, non nel passato o nel futuro. "Nella
mia vita la ricerca della felicità è iniziata quando ho intrapreso
un cammino di fede...in carcere".
Una notte del '79 lo assalirono in quattro, aveva una pistola. L'ha
usata.
Ha ucciso una persona e gli hanno dato 12 anni per pensarci sopra.
Conobbe una monaca in carcere, le fischiava e le urlava di
andarsene, questa continuava a parlare di Gesù, non si fermava,
tornava spesso e parlava ancora di Gesu'. Un giorno entrò in carcere
e prima di iniziare a parlare ai detenuti scrisse una lettera e gli
diede imbustata. Scoppiò un terremoto che durò alcuni minuti.
I detenuti erano terrorizzati e stavano per precipitarsi fuori dallo
stanzone. Lei urlò di rimanere dove erano che non avrebbero corso
alcun pericolo. Il terremoto fini e lui venne invitato ad aprire la
busta. C'era scritta l'ora esatta di inizio e di fine del terremoto
e la sua intensità comprovata dal notiziario successivamente
trasmesso in televisione.
"Dio mi ha detto che non ci sarebbe stato pericolo per voi" Le disse
mentre lo guardava con dolcezza. Dopo 4 anni dall'inizio della
condanna lo rilasciarono, non ci credeva, piangeva, rideva e
sospettava uno scherzo, ma sua madre era veramente fuori dal carcere
ad aspettarlo, era vero!
Andò a studiare teologia a Chicago, ritornò in Messico e iniziò una
nuova vita.
Mi ha invitato in chiesa ma ho rifiutato cordialmente, volevo stare
a scrivere e riposare. E' stata una giornata piena, tra mercati
dell'artigianato, mostre di fotografia e passeggiate nel centro.
Il giorno seguente è il mio compleanno, il primo della mia vita
lontano da tutto e tutti, non fa così male come sembra. Qualche
telefonata e ci si riannoda affettivamente a chi sta lontano. Fa più
male però passarne la metà tra uffici doganali per cercare di
ottenere timbri sul passaporto e documenti di importazione. Cercando
il timbro di uscita dagli states mi dirigo alla frontiera
statunitense insieme a una fila di messicani, uno che stà due
persone avanti a me dopo il controllo dei documenti viene appoggiato
al bancone e ammanettato. Dopo un minuto tocca a me, l'agente mi
perfora con lo sguardo senza sbattere le palpebre una volta
soltanto, e io a cercare di farle capire che non sto cercando di
entrare negli States ma solo di ottenere un cazzo di timbro per
dimostrare che sono uscito prima che scada il permesso. Non hanno
timbri di uscita ma solo di entrata e quindi un agente mi accompagna
contro la corrente della folla indietro verso il messico.
Sistemo tutto quando faccio l'importazione temporanea del veicolo,
finiscono così i problemi per me e iniziano quelli della moto:
"Motoguzzi California"
"Moto que???"
"Motoguzzi"
"te pongo como marca "otro" porque no hay motogusi en la computadora"
"Esta bien" - sti ca..
E poi
"los numeros de titulo no corresponden"
"mire que no hize nada a la moto!! es original! "
Torno a casa e ritorno con la moto per dimostrare che i numeri di
telaio sono gli stessi che sul libretto. Ottengo il documento.
Vado a comprarmi una torta per festeggiare il compleanno con Juan,
la sua compagna e un ragazzo di strada che vive con loro e dorme nel
terrazzo.
C'è l'usanza di mordere la torta per intero, cosi immergo la faccia
dentro e do inizio al festeggiamento...e buon compleanno a me! Sono
29 e sono sereno, tanta strada da fare e tanta soddisfazione di aver
mollato il canovaccio che vivevo prima di partire, per tanto tempo o
per poco dipende da troppi fattori per parlarne ora. Penso solo a
mandar via idee troppo complicate per un compleanno e a mandar su
gli zuccheri con la torta.
"Happy Birthday Asshole" mi scrivono Ken e Maureen dal Canada.
Raggiungo con la moto carica il giardino centrale a tijuana dove
Juan ha il suo chiosco di fiori. Ogni giorno arriva con la sua jeep
arrugginita e ne estrae tavolo, ceste di plastica, secchi e fiori,
monta tutto in 10 minuti e libera i suoi conigli nel prato per farli
mangiare. E' il momento di andarsene. Ci abbracciamo e lo ringrazio
sentitamente per l'ospitalità, ci auguriamo di rivederci un giorno e
prima che me ne vada mi consiglia di richiamarlo non appena
raggiungerò Guadalajara, metterà qualche buona parola per farmi
ospitare da alcuni suoi amici.
Mi allontano da Tijuana e inizio a entrare nel deserto, la strada
che percorre la bassa california è una sola, la seguo per qualche
centinaia di km fino a sera, seguo le indicazioni per un hotel in
riva al mare, la strada che vi porta diventa un viale delimitato da
file di palmeti una per lato della carreggiata. Suona lusso sfrenato
e invece in fondo vi trovo alcune roulotte e due cani che si
lanciano abbaiando ai lati della moto, uno persino davanti alla
ruota. Continua a correre a un metro dal pneumatico anteriore sino a
costringermi a fermarmi. A piedi raggiungo la prima roulotte e
guardandomi intorno vedo che l'hotel non è altro che una costruzione
scheltetrica in cemento poco più alta delle fondamenta. Alle
roulotte chiedo se posso fermarmi a piantare la tenda e la risposta
è "dove vuoi gringo". Puntualizzo che non sono un gringo e che
ringrazio molto per l'ospitalità, mi piazzo a 30 metri dalla
spiaggia, prendo la moto e vado a cercarmi un posto dove mangiare
qualcosa. Scorgo una piccola roulotte al lato della strada
polverosa, sterzo e parcheggio di fronte, scambio quattro
chiacchiere con la signora ai fornelli e ordino un paio di tacos con
gamberoni. Compro tre lattine di coca cola da regalare ai messicani
che mi hanno ospitato sulla spiaggia, saluto e me ne vado. La notte
inizia in mutande e finisce con il pile. Mi sveglio alle quattro di
mattina con quel brivido costante a fior di pelle che ricorda il
canada... non me lo aspettavo dal Messico! E' colpa del vento che
corre lungo l'oceano atlantico sino a raffreddarsi e ventilare le
coste con una brezza fresca che dura tutta la notte.
Mi copro e mi faccio le ultime ore rotolandomi nel sacco a pelo
facendo un kamasutra di posizioni per trovare quella perfetta senza
torcicollo. La mattina me ne vado e continuo lungo la "1"
attraversando diversi posti di blocco, i militari si piazzano in
punti privi di asfalto e con qualche manichino e qualche cono di
plastica indirizzano le machine verso un posto di vedetta. Non
attiro particolarmente il loro interesse e mi lasciano andare. Nei
primi posti di blocco erano in tuta mimetica .. poi con il crescere
della temperatura avvicinandosi al mar di cortes li trovo
gocciolanti di sudore in pantaloncini e t-shirt. Faccio benzina
pochi km più avanti e scorgo un cartello che indica "prossimo
rifornimento 320 km" !!! Credevo il problema rifornimenti fosse
passato con il Canada ma a quanto pare ho da attraversare quasi
tutto il deserto di V. prima di trovare una nuova pompa. Dovrei
riuscire ad arrivare "dall'altra parte" se non esagero con la
manetta, trotterello a 90 all'ora e dopo ore e ore mi fermo
finalmente in una pompa di benzina. Quando mi avvicino c'è qualcosa
di strano.. Ci sono le insegne ma sotto il tetto enorme in cemento
armato non ci sono pompe.. ci sono bidoni arrugginiti con rifiuti
bruciati. Incontro un uomo con il sombrero poco lontano e gli compro
a 50 pesos 5 litri di benzina. Riprendo la marcia e mi fermo esausto
a mangiare in un piccolo bar nel mezzo del nulla, ci sono tre
americani dentro e uno di questi sgrana gli occhi al vedermi
arrivare con una motoguzzi. Appena mi fermo mi viene incontro, "è la
prima che vedo qui.. anche io ne ho una" Mi presenta i suoi due
amici e mi racconta delle spiagge di Loreto, a un paio di giorni di
strada, proprio dove loro hanno una casa e proprio dove io sono
diretto. Mi lascia su un biglietto qualche indicazione per
raggiungerla e mi promette ospitalità, perfetto! Li saluto, finisco
il mio tacos e quando chiedo di pagare scopro che lo hanno fatto
loro per me, mi sdebiterò tra qualche giorno, che sorpresa! Seguo le
indicazioni per una spiaggia, sta facendo buio e sono solo le 6 di
sera, all'imbrunire ho percorso qualche km di quello che rimane
della carreggiata arsa dal sole e sparpagliata in manciate di pezzi
d'asfalto. Mi stufo e 100 metri dopo l'ultimo lampione chiedo a un
signore di lasciarmi piantare la tenda fuori dalla sua proprietà,
detto fatto. Mi godo un tramonto meraviglioso nel mezzo del deserto,
poi crollo in tenda. Mi sveglio in un paio d'ore, guardo l'orologio
e sono solo le 20.30, mi metto a leggere le ultime pagine stampate
sugli Stati Unti Messicani e poco altro. Dormo e mi sveglio
insolitamente presto. Alle 8.30 sono già in sella, ottimo, potrò
percorrere tanta strada oggi. Imbocco di nuovo la carretera
distrutta per ritornare sulla "1". Scorgo una stradina insabbiata
che scorre a lato, sembra più morbida e percorribile, abbandono
quella che sto percorrendo sterzando dolcemente. Il bordo della
strada si infossa in cumuli di sabbia, la ruota anteriore scivola e
mi ritrovo per terra. Poco male, succede a cadenza settimanale
ormai, sono abbonato. Alzo il ferro e mi accorgo della sorpresa:
l'aggancio di metallo della borsa laterale nell'urto con la sabbia
si è spaccato, la borsa è al suolo. Con una cinghia l'assicuro al
telaio e continuo sino a raggiungere il mio primo caffè dopo tre
giorni, è li nel bar che mi aspetta. Con un pò di liquidi in corpo
riesco a ragionare, adesso si tratta di riparare la borsa. Mi
cercherò un ferramenta nella prossima città. Riparto ma mi accorgo
che i guanti mancano all'appello, ritorno nella strada schifosa e la
ripercorro sino a ritrovarne uno insabbiato, faccio dietrofront e
trovo accartocciato anche l'altro. Adesso la mia armatura è al
completo. Parto. A Guerrero Negro dopo un altro posto di blocco
militare faccio staffetta tra negozietti "riparatutto" costruiti
sotto lamiere arroventate dal sole. Smontando pezzi di stereo un
ragazzo mi trova tre viti della dimensione giusta. Torno dal
meccanico al quale avevo lasciato il ferro ma nel frattempo aveva
già riparato l'aggancio con tre viti della giusta misura saltate
fuori da qualche parte. "Sono 100 pesos" "naa.. facciamo 50" Mi
svuoto le tasche con monetine messicane, quarti di dollaro e un paio
di dollari canadesi. Ci salutiamo dopo esserci fumati una sigaretta
e aver fatto due chiacchiere accovacciati all'ombra in mezzo ai
rottami. Il sole è cocente, anche guidando a 100 all'ora il vento
sembra solo aggravare l'equilibrio termico, anche il ferro ci mette
del suo e mi scarica sulle gambe la sua brezza a 60 gradi, sono
costretto a guidare con le ginocchia all'infuori, i piedi talvolta
appoggiati sui paramotori talvolta al bordo estremo delle pedane.
Altro posto di blocco, stavolta in mezzo a cactus impennati come
antenne, militari in tenuta quasi da mare mi perlustrano con cenni
del capo e chiedono da dove provengo e dove vado. "Sud
America?!!...andale andale!".
Arrivo in un piccolo paesino sulle costa del mar di cortes, mi trovo
per 5 dollari un posto dove mettere la tenda e una doccia. Ho
dimenticato ancora l'asciugamano!! Mi asciugo con la maglietta,
questa volta la scelta cade su quella Guzzitech, regalatami una
settimana fà da Todd. Dopo due giorni e mezzo senza acqua corrente
mi trovo fresco come una rosellina, nel bar mi avvento su una birra
e scambio quattro chiacchiere con 3 ciclisti, una coppia partita dal
canada e l'ultimo dei tre, uno spagnolo, partito dall'Alaska. Mesi e
mesi di viaggio senza motore sotto il sedere. Una birra in compagnia
e quattro chiacchiere sul mio viaggio e sul loro.
Poi è tempo di andare a riposare di nuovo.
© Anima Guzzista

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