Racconti
Il
Calincontro 2008
di ToniRag
Mercoledì 23 aprile
La partenza
Di solito ad ogni incontro con amici guzzisti anticipo la partenza di
1-2 giorni oppure ne ritardo il ritorno. Stavolta cambio: faccio
entrambe le cose J.
Il chiasso della sveglia mi fa spalancare gli occhi poco prima delle 8,
faccio un po' di fatica ad alzarmi, ritardo qualche minuto,
l’idea di partire mi mette di buon umore, peccato aver
dormito 6
ore scarse. Le solite operazioni mattutine e scendo in garage, mi resta
solo da fissare lo zainone sulla moto.
Casco, guanti, occhiali, giro di chiave, rombo del motore, salgo la
rampa e sono in strada. Sono le 9 e qualche minuto. Giornata soleggiata
e tiepida, le previsioni per questo w.e. sono molto buone, e dire che
giorni fa era prevista parecchia pioggia. Pochi km e mi immetto
sull’Aurelia, poche auto tra i piedi e filo liscio fino a
S.Severa dove mi infilo in autostrada. Giusto una ventina di km per
scavalcare l’abitato di Civitavecchia; a Civ. nord esco, nel
pagare al casello semino un po’ di monetine per terra ma me
ne
frego e continuo. Scoprirò poi (al ritorno a casa) che una
moneta da 1 euro si è ficcata sotto la sella…
Continuo il viaggio, sempre rispettando quei cavolo di limiti a 90 o
addirittura a 70, degni di una notevole rottura di palle, e
così
facendo, lemme lemme, arrivo all'altezza di Grosseto. Qui la prima
breve pausa, ne approfitto per sgonfiarmi le suddette palle, far benza,
sgranocchiare un paio di biscotti e bere un caffè (un
normalissimo caffè).
Trovo un sms di Califoggiano, mi chiede come va e a che ora prevedo di
arrivare (dimenticavo di dire che ero diretto da lui). Rispondo
"tenendomi largo", cioè dicendo di arrivare verso le 20-21,
e
lui mi fa notare simpaticamente che per arrivare a quell'ora dovrei
viaggiare a 70 all'ora. Mmmm...in effetti ho fatto i calcoli a pene di
segugio (a Londra più elegantemente dicono a ca##o
di
cane).
Riparto, il limite adesso è di 110, evvai...ecco Rosignano,
imbocco l'autostrada per Livorno, qui l'andatura è un po'
veloce, vado costante a 140.
Mi accorgo dopo un po' di aver letto (e superato) l'indicazione
"Sarzana", porc...dovevo chiamare Claudio Master del Forum e
incontrarmi con lui. Mi fermo e lo chiamo, parliamo un po', e rimaniamo
d’accordo che ci vediamo domenica al mio ritorno. Arrivo alla
Cisa, sono contento perché qui mi diverto un po'. Dopo
alcuni km
però cominciano i tratti a doppio senso di marcia in una
carreggiata, che palle, la pago pure st'autostrada, mi sembra la
Salerno-Reggio L (che almeno è gratis).
Arrivo a Parma e proseguo, a Fiorenzuola devio verso nord, un breve
tratto e mi congiungo con la Torino-Trieste, in direzione di Brescia.
Passo nei pressi di Ghedi dove c'è l'aeroporto militare, e
infatti vedo spuntare da destra un bel bestione appena decollato (credo
un caccia, un F104, può essere?)...che fico!
Sto per arrivare, sono quasi le 17.30 e chiamo Fabio, esco
dall’autostrada e lo aspetto, dopo qualche minuto arriva con
la
sua Stone con la sella bella rifatta. Baci, abbracci…che
bello
rivedersi dopo qualche mese dall’ultimo incontro (il Maiala
Tour
vicino Firenze), ci avviamo e in 10 minuti siamo a casa sua. Lascio i
bagagli, arriva Alice, e decidiamo di uscire per un giro nei dintorni.
Arriviamo a Sarnico, vicino al lago Iseo, tinto di questo
azzurro-grigio un po’ cupo, facciamo qualche foto, quattro
passi,
e propongo un aperitivo (che è stato una mezza cena). Stiamo
un
bel po’, aspettiamo l’imbrunire e ce ne torniamo a
casa.
Giovedì 24 aprile
Il cielo è un po’ velato, ma fa caldo. Fabio ha un
impegno
a metà mattina, e così dopo colazione ci
separiamo.
Decido di fare un giro sul lungolago dell’Iseo costeggiandolo
lentamente come piace a me, gustandomi la visione di questo -per me-
insolito paesaggio; come al solito mentre guido mi dedico a far foto e
filmati, peccato che c’è ancora questo grigiore
nell’atmosfera. Arrivo fino a Lovere, punta nord del lago.
Qui mi
fermo, mi gusto un caffè e faccio scorta di pile per la mia
fotocamera [naturalmente quelle ricaricabili, ben cariche, le ho
dimenticate a Roma L]. Appuntamento con Fabio a casa per un veloce
pranzo, dopodiché lui deve andare al lavoro, e
così
faccio il turista vagabondo. Quasi quasi faccio un salto a Mandello e
una visita al mitico Aldo Lucadèl: lo chiamo, ma mi dice che
ha
la febbre e non sta bene…peccato. In alternativa penso ad
una
visita a Bergamo, so che la città alta è bella da
visitare e non ci sono mai stato. Arrivo in città, seguo le
indicazioni, chiedo qualche informazione e arrivo su in alto. Lascio la
moto e comincio a camminare. Bella la piazza Vecchia, vedo la torre col
campanone (attenzione che stordisce), salgo su in cima e mi godo lo
spettacolo. Che fico, tutta la città è sotto i
miei
occhi, e via a far foto a destra e a manca, ma
all’improvviso…sbang! una…esplosione
sonora
mi fa saltare in aria e mi ingarbuglia i pochi neuroni funzionanti:
è il rintocco del campanone, puntuale ogni 30
minuti…’zzo, me n’ero dimenticato. Mi
riprendo dallo
shock, e sazio di tanto panorama scendo giù e proseguo la
passeggiata turistica, tra le tante cose interessanti trovo pure
un’ottima pasticceria dove mi soffermo per dar piacere alle
mie
papille gustative…che ancora mi ringraziano Girando girando
mi
imbatto in una esposizione di tangka del Tibet, incuriosito entro,
guardo, fotografo e ascolto le spiegazioni di una
tipa…ahem…niente male. Si parla un po’,
mi racconta
della filosofia buddista che sta seguendo…mi piacerebbe
ascoltarla ma a dire il vero vorrei proseguire a fare il turista.
Qualche minuto ancora e sono fuori, torno alla moto, e dopo qualche
informazione mi accingo a fare il giro esterno della città
alta,
costeggiando le mura perimetrali. Che spettacolo: il sole che volge al
tramonto, alberi e vegetazione ovunque, belle ville private a non
finire, il museo degli Alpini, il castello di S.Vigilio…ma
qui
è tutto bello! Si fanno le 20, scendo verso la
città
bassa…provo a fare uno squillo alla tipa del museo, magari
le
andrà di fare quattro chiacchiere davanti ad un aperitivo,
ma
lei mi dice che è ancora impegnata col lavoro e non
può[miiiii…ma qui si lavora sempre? J] e dopo 5
minuti mi
chiama Fabio per sapere i miei programmi: è al lavoro e ha
fame,
così ha ordinato le
pizze…quand’è
così non mi resta che raggiungerlo. Mezz’ora dopo
sono in
stazione con lui, è divertente vederlo manovrare manopole,
pulsanti, macchinari e campanelli [qui si sprecano gli sfottimenti J].
Si fanno le 23, c’è anche Alice,
l’ultimo treno
è passato, Fabio chiude la baracca (la stazione), montiamo
in
moto e andiamo a casa per preparare i bagagli e fare una buona dormita,
ci aspetta una bella giornata in compagnia di brutte facce guzziste J.
Venerdì 25 aprile
L’imprevisto
E’ arrivato il grande giorno. Ci svegliamo intorno alle 8.30,
e
in poco tempo siamo pronti per partire: borse con bagagli,
abbigliamento, mutandoni di lana J, grappa, non ci mancava proprio
nulla. Un giro di chiave, un rombo e partiamo con
tranquillità,
siamo pure in anticipo e abbiamo tempo. Il cielo è velato e
la
temperatura è tiepida. Prendiamo l’autostrada, non
ci
stupisce trovarla così trafficata. Riusciamo a fare vari
sorpassi e a guadagnare strada. Arriviamo all’altezza di
Brescia,
ed entriamo nella tangenziale. Fabio e Alice stavano avanti, io li
seguivo come un segugio. Va tutto liscio, ma all’improvviso
vedo
qualcosa di anormale: la ruota posteriore della moto di Fabio mi sembra
floscia…anzi è floscia, ma porc…!
Subito comincio
a suonare, lampeggiare, gesticolare…peccato che non so anche
fischiare, e dopo alcuni istanti vedo Fabio accostare a destra in
un’area di sosta di emergenza. Mi fermo dietro di loro, dal
fedele zainone tiro fuori il gilet giallo e lo indosso. Spostando
avanti e indietro la moto cerchiamo la causa della foratura, ma non
riusciamo a trovare nulla. Pazienza, preoccupiamoci della riparazione.
Metto i guanti di lattice, prendo una delle due bombolette di fast, lo
attacco alla valvola e dò inizio allo svuotamento mentre
Fabio e
Alice tengono un po’ sollevata la moto. E dire che proprio la
sera prima Fabio quasi mi sfotteva perché ne porto due. La
ruota
sembra rigonfiarsi, si rialza un po’, bene. Ma
all’improvviso vedo schiuma bianca fuoriuscire dalla valvola,
dall’interno del cerchio. Merda! La ruota perde pressione e
si
risgonfia. E ora? Stiamo lì alcuni minuti a pensare e
imprecare
con gli sguardi sui tanti veicoli che passano. Vediamo tante moto, ogni
tanto qualche Guzzi, e addirittura Fabio riconosce Poppi e qualcun
altro che come noi si sta recando a Salò per
l’appuntamento. Strano che non ci abbiano visto, strano che
non
si siano fermati, strano che…e rimaniamo con mille
perplessità. D’un tratto Fabio dice che
lì vicino
c’è Paolo Molamai e prova a chiamarlo, forse
può
fare qualcosa per aiutarci. In breve Paolo parte col furgone (un
Berlingo) nell’ipotesi di caricare la moto. Addirittura
arriva a
Desenzano senza vederci, (a causa, si scoprirà, di
un’inesatta indicazione) quindi, bontà sua, torna
indietro
e ci raggiunge. Ci sbracciamo per far entrare la moto nel furgone, ma
prima bisogna togliere cupolino e specchi perché sporgono
superiormente, quindi di nuovo a terra e via con gli attrezzi a
smontare…fatto, riproviamo di nuovo, la moto stavolta entra
ma
è troppo lunga, per cui decidiamo di smontare la ruota
posteriore e portarla vattelapesca dove nel tentativo di ripararla.
Usiamo il cric del furgone, e con pazienza Fabio riesce a togliere
‘sta benedetta ruota….e la moto? Dovevate vederla,
poverina, col posteriore sul cric del Berlingo di Paolo e legata al
guard rail per evitare che cadesse a terra. Quindi ora Paolo, la ruota,
Fabio e Alice sul furgone, io dietro in moto, tutti si riparte verso
casa di Paolo. Sono quasi le 13, c’è sempre caldo,
arriviamo davanti ad un’officina di moto e…la
scena: il
titolare sta per uscire e chiudere la porta, lucchetto in mano, e Fabio
(o Paolo, non ricordo) gli spiega la situazione. Il tizio ci fa
entrare, si ri-sveste e si mette all’opera, sostituendo pure
la
camera d’aria letteralmente squarciata da…da un
fottutissimo chiodo un po’ curvo lungo 4-5 cm, il chiodo
fottutissimo che non avevamo proprio visto prima. Fatto, la ruota
è riparata e gonfiata. Wow! Bene, e ora? Intanto, dice
Paolo,
venite a casa da me, pranziamo e poi provvediamo alla moto. E
così è stato. Per un po’ siamo stati
tranquilli a
gustare cibo buono, chiacchierare tra amici e tentare di socializzare
con la piccola Giulia con smorfie e sorrisi (purtroppo senza grandi
risultati). Finito di pranzare ci rimettiamo al lavoro: passiamo al
lavaggio da Paolo, carichiamo un cric enorme, qualche attrezzo, e
torniamo sul luogo del misfatto per rimettere in marcia la moto. Non
sto a raccontarvi, durante la strada, battute e commenti miei e di
Paolo sulla possibilità di ritrovare la moto cannibalizzata,
o
non trovarla proprio perché sequestrata dalla Polstrada
o… letteralmente sparita J. Naturalmente l’abbiamo
trovata
dove stava. In mezz’ora la moto era in ordine, pronta per
ripartire. Torniamo da Paolo per ri-caricare i bagagli e per gli ultimi
saluti, dopodiché, non sembra vero, riprendiamo il viaggio
per
raggiungere il gruppo.
Ora, riguardo alla spiegazione dei fatti esistono diverse scuole di
pensiero: alcuni studiosi parlano di Provvidenza, altri di pura
casualità o fortuna, altri ancora di angeli
custodi…ma
per non far torto a nessuno direi che sono valide tutte e tre J.
Personalmente ho una mia idea: la spiegazione sta nel fatto che
è intervenuto Paolo che è stato semplicemente
Grande, e
solo grazie a lui abbiamo potuto riprendere il viaggio. Senza retorica,
da fargli un monumento.
L’incontro col gruppo e l’arrivo al rifugio
Ci dirigiamo verso il Garda, facciamo una breve sosta per un
caffè e per il pieno. Fabio telefona a qualcuno del gruppo e
ci
diamo appuntamento a Riva, punta nord del lago, così
ripartiamo
e percorriamo tutto il lungolago ovest in alcuni tratti lento e
trafficato soprattutto da auto teteske e da tante moto. E ancora una
volta tiro fuori un po’ di incoscienza, prendo la fotocamera
dal
taschino della giacca e faccio foto e riprese mentro guido dando
stavolta il meglio di me schivando un pullman turistico che mi veniva
contro, o passando tra un furgone parcheggiato e un’auto
nell’altra corsia. Arrivati a Riva incontriamo alcuni
partecipanti all’incontro tra cui Gabrielebig, e insieme
saliamo
per un bel pezzo di strada con curve e tornanti, dopodiché
ci
fermiamo vicino il lago Ledro tipico per le palafitte in legno.
E’ qualcosa di spettacolare nel suo genere…e
giù a
far foto. Qui finalmente conosco di persona un po’ di
partecipanti all’incontro. Ripartiamo, riscendiamo verso il
Garda, altro rifornimento e poi percorriamo l’ultimo tratto
di
strada che ci porta al rifugio a Cima Rest, con Gabriele che faceva da
guida avanti e indietro in modo che nessuno si perdesse. Il tempo di
fare un’indigestione di tornanti e…no, non siamo
ancora
arrivati, manca l’ultimissimo pezzo di strada (fino agli
alloggi), strada che, indovinate un po’, è
sterrata ma in
compenso presenta pure salite e discese ripide e sassose. E giustamente
ci voleva quest’ultima prova come se il rifugio dovessimo
guadagnarcelo…J. Come vedete, non ci facciamo mancare
proprio
niente. Infine arriviamo, stavolta veramente possiamo scaricare i
bagagli dalle moto e prendere possesso del letto.
L’alloggio è uno stanzone con tanti letti a
castello
legno, e sopra c’è un grande soppalco con altri
letti
singoli. Ci cambiamo per la cena e ci sediamo a tavola.
La cena
Il primo, il secondo di carni varie, la polenta taragna (buonissima ma
pesante), il vino rosso, il dolce…tutto abbondante, quasi da
star male. Tra una chiacchiera e l’altra abbiamo creato il
concetto della mobilità delle montagne: abbiamo scoperto,
infatti che la catena delle Madonie può trovarsi in Umbria,
Trentino, Veneto o in altre parti d’Italia. In
realtà,
quei filibustieri di Armando Navy ed Elena, approfittando beceramente
dei miei pochi neuroni ancora attivi e perlopiù annebbiati
dal
vino (e neanche sono un bevitore), tra una battuta e l’altra
hanno tentato di farmi credere che le Madonie si trovano appunto in
Lombardia (o Veneto, non ricordo)...
A fine cena l’immancabile grappino, quattro chiacchiere
davanti
al camino acceso e infine a dormire. Dormire? Magari! Avrò
dormito si e no mezz’ora, e non per i rumori notturni di
segheria
in piena attività, ma per un forte senso di pesantezza e
nausea,
fastidio che poi finalmente è sparito (che strano) andando
in
bagno e liberandomi alla grande.
Sabato 26 aprile
Nonostante i miei travagli gastrointestinali ho dormito bene, mi alzo
tra gli ultimi e in fretta mi vesto e faccio colazione. Prendo lo
zainone, mio fedele compagno di viaggio, ci metto quattro cose e lo
lego alla moto. Partiamo tutti insieme, facciamo un gran bel giro,
vicino il lago Idro facciamo una sosta e lì rivedo e saluto
facce vecchie e nuove, tra le nuove Megustalaguzzi e la sua
spettacolare California e Lepus timidus, con la Nevada con la cravatta
rossa sotto il faro. Ripartiamo, altra sosta caffè e poi ci
dirigiamo all’officina di Pistone che tralaltro è
stato
l’organizzatore del pranzo. Altra pausa, altri saluti con
altri
amici tra cui Marco Thio che si aggrega per il pranzo e Giovanni
Gibbone arrivato lì per l’occasione e che poi
è
dovuto ripartire: è già il secondo Calincontro
che lo
vedo apparire e sparire dopo poco. In realtà è un
grande
che sapendo di questi incontri è capace di sciropparsi anche
centinaia di km solo per rivedere e salutare un po’ di amici
guzzisti…
Il pranzo
Dopo i saluti ripartiamo, e tra curve e tornanti arriviamo per
pranzare. C’è un gran caldo mitigato da un
piacevole
venticello. Praticamente siamo in una vallata, il paesaggio
è
bellissimo, gli unici rumori che si sentono (a parte quelli delle moto)
sono i versi degli animali, per il resto c’è
silenzio.
Ci sediamo a tavola, saremo una trentina e più divisi in due
tavoloni. Arrivano i pre-antipasti, i vice-antipasti, gli
antipasti…cioè formaggi, affettati, sottaceti e
altro che
già ti fanno sentire quasi sazio. E poi i primi, ben due, e
i
secondi, cioè anatra, capretto, maiale e altro. E poi le
forme
di formaggio, che mi sono dilettato ad affettare per tutti.
Praticamente arrivavano portate in continuazione, senza sosta, e
sembrava un peccato non assaggiare tutto. Naturalmente c’era
anche la polenta, ma stavolta in versione tradizionale. Ogni tanto io,
Califoggiano, Megustalaguzzi e Thio cercavamo di spronare gli altri
commensali a spazzolare il cibo presente ancora in tavola, in effetti
pensavamo di trovare dei professionisti della forchetta, e invece
abbiamo trovato diversi dilettanti. Dulcis in fundo, è il
caso
di dirlo, uno spettacolare, eccezionale, fantasmagorico, scoppiettante,
inenarrabile quanto squisito tiramisù, degno epilogo di
degno
pasto. Qualche blasfemo l’ha addirittura saltato (non faccio
nomi, dico solo che questi due sulla targa della moto avevano
la
scritta “QdE” J), io ancora rimpiango di non essere
riuscito a fare il bis, ma ero trooooppo pieno, e poi, ahimé
nun
so’ più er ghepardo de ‘na
vorta…. Che altro
dire…un pranzo esagerato, squisito, di quelle esperienze che
se
non le fai non sei un vero uomo (lasciatemi fare un po’ di
retorica…J). L’unica cosa negativa di questo
pranzo
è stata che, porca miseria, non c’è
stata neanche
una dico una cosa che non mi sia piaciuta…vacca boia, era
tutto
buono… J.
Dopo questa odissea gastronomica ce ne stiamo tutti fuori a
chiacchierare, sai, il tempo di avviare la digestione. Si sta da dio,
qualcuno furbescamente si sdraia sull’erbetta e si rilassa.
Ma
viene il momento di alzare i tacchi, quindi ci avviamo alle moto e ce
ne andiamo, di nuovo in direzione del Garda. Ci si ferma qualche
minuto, il tempo di una sigaretta e si riparte verso Magasa e Cima
Rest. Lungo la strada salutiamo Marco Thio e (credo) Attilio Bad Robot
che tornano verso casa, Fabio mi chiede di fare l’ultimo
della
colonna di moto, che tranquillamente procede. Davanti a me
c’erano due coppie, Navy ed Elena, e Francesco SSTartaruga e
Alessandra. Stavano sempre lì, davanti a me, con andatura un
po’ lenta rispetto alla strada da fare ancora, e la
visibilità cominciava a diminuire. Quest’andatura
mi
faceva venir sonno, e ogni tanto scattavo in avanti e li superavo; poi
per non perderli rallentavo di nuovo. C’è stato un
momento
in cui, nel recuperare strada, ho visto parcheggiata a lato la Cali di
SSTartaruga coi caschi sulla sella, ma nei dintorni nessuna traccia dei
due…lumaconi J. Mi fermo, guardo intorno, dò un
colpo di
clacson e niente, silenzio tombale. Dopo un minuto spuntano dal bosco
come folletti i suddetti lumaconi, che si erano fermati per bisogni
fisiologici: bene, siamo tutti, ripartiamo. Vorrei tanto che anche loro
accelerassero un po’, ma il loro ritmo di marcia è
sempre
un po’ lento (ora capisco il perché del nickname
Tartaruga). Ogni tanto, periodicamente ci ricongiungiamo tutti: Fabio,
Loel, e Tommy Motopesantista sono sempre in testa al gruppo e
pazientemente ci aspettano. Da un certo momento in poi, stanco della
guida soporifera (andar lento mi fa questo effetto) decido di star
dietro a Motopesantista il quale è un gran manico e se la
cava
bene con curve e tornanti. Ogni tanto sbaglio qualche manovra, ma
riesco a mantenere costante la distanza da lui. E’ buio,
siamo
nell’ultimo tratto dalla diga al rifugio, e vado spedito.
Anche
stavolta ci aspetta l’ultimo tratto sterrato, sembrava stesse
lì sornione ad aspettarci, stavolta con la variante del buio
della malora a rendere più difficile il percorso. Ma noi
guzzisti doc superiamo tutti questa ennesima prova e arriviamo al
rifugio.
Si fanno le 21.30 circa, ci ritroviamo tutti seduti a tavola, ma
stranamente non manifestavamo grande desiderio di cibo. E sempre
stranamente il menu era molto più leggero della sera prima,
ricordo di aver sentito qualcuno di noi proporre pastina in brodo
J… La novità della sera: le docce, nel senso che
avevamo
saputo adesso che c’erano. Sì, perché
nei bagni non
c’era nessuna indicazione, scritta, niente, e alcuni di noi
pensavano che non ci fossero, e ci si arrangiava coi lavandini per
lavarsi. Non ci siamo fatti mancare neanche questa: che libidine una
bella doccia calda prima di mettersi a letto…
Domenica 27 aprile
Nonostante abbia anticipato la sveglia per le solite operazioni
mattutine e per preparare i bagagli, mi ritrovo ultimo a lasciare il
rifugio. Il resto del gruppo si era soffermato poco più
giù per un caffè, li raggiungo e mentre ci siamo
scattiamo un po’ di foto, anche perché
c’era un bel
panorama. Poi via, verso il Garda. Gabriele ci porta a Salò
in
una piazzetta molto carina e dopo un po’ ci lascia. Rimaniamo
in
pochi: io, Fabio Califoggiano, Alice, Tommy Motopesantista, e dopo un
po’ si aggregano Antonio e Rossella, giunti lì con
una
Monster nuova di 2 settimane. Facciamo una bella passeggiata lungo il
lago, qualche doverosa foto, dopodiché salutiamo Tommy che
va
via e ci mettiamo in marcia sul lungolago. Era mezzogiorno, cominciava
a far caldo, la strada era un po’ trafficata, addirittura ci
troviamo di fronte un gruppone di harleysti (orrore!) saranno stati un
centinaio e tutti insieme si facevano proprio notare per il rumore dei
loro ferri scoppiettanti. Facciamo benza e ce ne andiamo verso le
montagne. Saliamo di quota, attraversiamo vari paesini e in uno
decidiamo di fermarci per pranzo, proprio in una bella piazza
panoramica. C’erano delle sbarre di ferro che la
delimitavano, ma
ugualmente portiamo le moto dentro la piazzetta, a pochi metri dal
nostro tavolo dove stavamo gustando le nostre pizze. Con la coda
dell’occhio vediamo apparire all’improvviso nella
piazza un
individuo con un berretto bianco in testa e con in mano un blocco notes
e una penna…avreste dovuto vedere con quale
velocità
(altro che warp!) ci siamo alzati da tavola e abbiamo spostato le moto
da dov’erano, roba che neanche Speedy Gonzales sarebbe stato
così veloce…fiuu, evitata la multa ci risediamo e
finiamo
di pranzare, quindi casco in testa e di nuovo in marcia. Facciamo un
bel giro, non dimenticherò mai quel lungo tratto di strada
(dalle parti di Gardone val Trompia) con curve ampie e veloci,
veramente libidinose… Arriviamo al lago Idro, ci imbattiamo
in
un bar frequentato da motociclisti: nel parcheggio di fronte infatti
c’erano un sacco di moto, quasi totalmente sportive
giapponesi,
che palle! Tutte uguali, tutti con gli stessi gusti, ma come fanno? Ci
rifocilliamo e subito dopo ci accovacciamo sul pratino in riva al lago.
C’era un’atmosfera paradisiaca, si stava da dio.
Mentre gli
altri del gruppo chiacchieravano tra loro io mi sono disteso
sull’erba e non so com’era, ma
quell’arietta, quel
clima, quell’atmosfera…in breve sono crollato dal
sonno.
Saranno stati 20 o 30 minuti di pennica, ma quando mi hanno svegliato
stavo così bene, ma così bene…
Di nuovo in marcia, ritorniamo tutti verso casa (di Fabio), il tempo di
bere qualcosa e poi Antonio e Rossella ci lasciano, dovendo tornare a
Cremona. Alice sta con noi ancora un po’, ma poi anche lei ci
lascia. Io e Fabio cominciamo a guardare se sul Forum ci sono
novità a proposito di questo incontro,
e…’zzo, ci
sono alcuni superveloci che già hanno messo in rete le foto.
E
complimenti! Scommetto che appena arrivati a casa costoro hanno acceso
il computer e scaricato le loro foto, poi con tutta calma hanno spento
il motore e si sono tolti il casco, i guanti e i pantaloni di pelle
J…
Lunedì 28 aprile
Il ritorno a Roma
Ultimo mio giorno di vacanza, la giornata comincia tranquilla, senza
fretta. Verso le 9 e qualcosa sono pronto per partire, saluto
calorosamente Fabio (un altro Grande) e mi avvio per
l’autostrada. Confesso che sarei rimasto ancora qualche
giorno se
fosse stato possibile, stavo veramente bene. Il viaggio va regolare,
poche auto e vari camion e TIR. Tomo tomo arrivo alla Cisa, e qui
ricomincia il divertimento. Forzo un po’ l’andatura
anche
nei curvoni larghi, ma c’è sempre ‘sto
cavolo di
vento laterale e allora evito di esagerare. Finita la Cisa mi fermo e
telefono, stavolta non mi posso dimenticare dell’appuntamento
con
Claudio Master. Esco a Sarzana, mi fermo in una rotonda e dopo 10
minuti arriva ‘sto ragazzone con ‘sta Stelvio nuova
e
fichissima. Guarda caso era ora di pranzo, e lo seguo verso una
trattoria. Tutto buono, il vino in particolare, leggero e frizzantino,
mi è piaciuto tanto che avrei svuotato la bottiglia, peccato
che
dovevo guidare… Finito di mangiare usciamo e facciamo
quattro
chiacchiere, ne approfitto per guardare e scrutare da vicino
‘sta
Stelvio che a detta di Claudio è fatta bene e va proprio
bene… C’è un bel sole caldo, si sta da
dio,
ma…devo proprio tornare a Roma? Ci salutiamo e riprendo
l’autostrada fino a Rosignano, qui questa finisce continuando
con
una superstrada fino a Grosseto. Finora sono andato abbastanza veloce,
comincia un po’ a pesarmi il limite a 110, e peggio ancora
dopo
Grosseto, col limite a 90 il viaggio diventa noioso tendente al
sonnolento-palloso. Rifaccio un pezzetto di autostrada da Civitavecchia
nord fino a S.Severa, poi riprendo l’Aurelia quasi deserta
riuscendo a mantenere una buona velocità.
All’uscita
Malagrotta-La Storta lascio l’Aurelia, mancano gli ultimi
8-10 km
e sono a casa. Anche qui c’è caldo, si sta bene,
ma sono
da solo…è come se mi mancasse qualcosa e
qualcuno. Entro
in garage e scarico i bagagli, parcheggio la moto e guardo il contakm:
ho fatto una bellissimo giro di poco più di 2.200 km. Che
bello.
Sono proprio contento.
Sì, ogni Calincontro è bello, anzi, speciale. E
non
c’è da meravigliarsi, perché siamo noi
che ogni
volta lo rendiamo tale.
Tonirag
© Anima
Guzzista

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