Editoriale 1

• Italiani, popolo di arditi geni e abili frenatori

Editoriale 2

• Ma la passione e' un handicap?

Editoriale 3

• Fabbrica dei sogni

Editoriale 4

• Voglia di... 4 valvole!

Editoriale 5

• Identita' perduta

Editoriale 6

• Uno strano dialogo...

Editoriale 7

• Una questione di equilibrio

Editoriale 8

• Voti a rendere

Editoriale 9

• Via col vento

Editoriale 10

• Il gusto delle cose

Editoriale 11

• Il punto sul punto... vendita

Editoriale 12

• Ghezzi in Guzzi

Editoriale 13

• Raffreddati con l'aria

Editoriale 14

• Pensieri e parole

Editoriale 15

• Belve, Dei, adepti e sacrifici

Editoriale 16

• Perdita d'identita'

Editoriale 17

• Double face

Editoriale 18

• Un anno vissuto appassionatamente - pure troppo

Editoriale 19

• Crisi

Editoriale 20

• Comunque vada, sara' un successo

Editoriale 21

• Non svegliateci

Editoriale 22

• Signore e signori, si cambia

Editoriale 23

• Deccla

Editoriale 24

• Buoni propositi

Editoriale 25

• In difesa di Mandello; ovvero: sulla Tradizione

Editoriale 26

• Come si resta indimenticabili?

Editoriale 27

• Repetita iuvant

Editoriale 28

• Sangue dalle rape

Editoriale 29

• Design

Editoriale 30

• L'insostenibile inconfutabilitΰ di una congettura?

Editoriale 31

• C'θ un'anima nuova

Editoriale 32

• MotoGuzziWorldChe???

Editoriale 33

• Capitani paurosi

Editoriale 34

• Destini incrociati

Editoriale 35

• Dove vai, ora che le moto nuove ce le hai?

Editoriale 36

• La matematica θ un'opinione

Editoriale 37

• Cosa vogliamo fare da grandi?

Editoriale 38

• Compriamo moto o spot pubblicitari?

• English version

Editoriale 39

• Messaggi sussurrati

Editoriale 40

• L'editto

Editoriale 41

• Tre asterischi, una penna e un taccuino

Editoriale 42

• Associazione

Editoriale 43

• Un nome ingombrante

Editoriale 44

• Sliding doors

Editoriale 45

• Quando i sogni si avverano

Editoriale 46

• Tiriamo la riga

Editoriale 47

• Essenza e personalitΰ

Editoriale 48

• Niente

Editoriale 49

• Manifesto

N. 30 - 8 gennaio 2006

 

L'insostenibile inconfutabilità di una congettura?

di Paolo Gambarelli

 

 

E’ la fine di un anno e l’inizio di uno nuovo. Sovente, in questi attimi sulla soglia, così come la sera prima di coricarci, ci capita di pensare alle persone che ci hanno lasciato o a quelle che sono arrivate; alle persone a noi più intime ma anche a quelle che non abbiamo avuto la fortuna o l’onore di incontrare, ma che, per le ragioni più diverse, appartengono comunque alla nostra personale storia. Questa, di Anima Guzzista, è una comunità di donne e uomini che, anche se spesso non si conoscono, coltivano un rapporto e una passione comune. Penso che i nomi di Riccardo Santori, di Giulio Cesare Carcano e di Umberto Todero, siano forse alcuni dei nomi che tutti noi oggi con amore ricordiamo.
Purtroppo la mia ignoranza sulla storia della Moto Guzzi è notevole ma alle volte cerco anch’io di sopperire a questa mancanza. Ultimamente, proprio alla ricerca di queste persone che ci hanno lasciato, ho riletto l’intervista fatta non molto tempo addietro da Anima Guzzista all’ingegner Carcano. Vorrei dunque riportarne un passo a titolo di indizio per poter poi provare ad enunciare una congettura che, come tutte le congetture, è fatta per essere confermata oppure confutata.

Luca Angerame: qual’è stato il suo momento più bello alla Guzzi?
Giulio Cesare Carcano: il momento più brutto è facile da ricordare, poi ci sono stati molti momenti belli. Le assicuro, senza tema di essere smentito, che ero tanto appassionato che avrei pagato io qualche cosa per lavorare alla Guzzi. Non ho mai avuto orari controllati, o cartellini, nè all’inizio nè dopo.
Certe volte andavo a lavorare alle 10 e veniva il portinaio a dirmi: "Ecco è arrivato, il dott. Parodi  l’ha cercata", tutto spaventato, e io dicevo "Guardi che io ieri sera a mezzanotte ero su ancora a far disegni".
Non mi ha mai costretto a timbrare il cartellino, eppure io facevo quel lavoro proprio con passione, non ne sentivo il peso.
Dopo il ’57 non timbravo lo stesso il cartellino, ma era tutta un’altra cosa; non c’era più quell’entusiasmo e quello spirito di corpo, che ci faceva provare e riprovare...
Quando è stato fatto l’otto cilindri, io e i miei collaboratori abbiamo fatto certe tirate per disegnare... poi bisognava andare dal modellista a Milano, poi dall’Isotta Fraschini che ci aveva fuso i primi carter.
Era un movimento continuo, che effettivamente dopo il ’57 non c’è stato più”.

Ripeto, io sulla storia della Moto Guzzi sono ignorante e sarà dunque facile confutarmi. Quello che so è che il 1957 è l’anno dell’accordo con le altre case motociclistiche e della rinuncia alle corse della Moto Guzzi. Poi, nelle frasi dell’ingegner Carcano sopra citate, leggo termini come entusiasmo, passione, spirito di corpo e, come spesso capita agli ignoranti, inizio a fantasticare non solo sui dorati tempi andati, ma anche sui legnosi tempi odierni.
Non credo che oggi e soprattutto in un prossimo futuro si possa considerare la motocicletta come un bene di consumo qualunque, né tanto meno come un semplice mezzo di trasporto, almeno qui in occidente. Viceversa sarà sempre più un bene di lusso; un bene di lusso elevato al quadrato in quanto destinato a soli appassionati; un bene di lusso probabilmente elevato al cubo nel caso di una Moto Guzzi.

In uno scenario di questo tipo molte sono le domande e le incognite che pervadono tutte le possibili discussioni sul futuro del nostro marchio; proprio a partire dalle parole dell’ingegnere Carcano.
Se dunque la motocicletta è o sarà il bene di lusso per eccellenza pensato in primo luogo per appassionati, forse la sua produzione non potrà che essere governata e guidata da persone la cui prima preoccupazione dovrà comunque essere quella della preservazione o addirittura del rinvenimento di una passione condivisa.
Qualsiasi sia in ogni caso, il nuovo scenario produttivo e manageriale che possiamo immaginarci per un prossimo futuro, sarà di certo assai improbabile riuscire a mantenere una strutturazione ed una mentalità, a quanto sembra, indissolubilmente ancora legata ad una prassi burocratica da desueto ufficio statalizzato; quel luogo anche mentale prevalentemente dominato dalla cieca preoccupazione della preservazione del proprio posto di lavoro al posto dell’altrettanto importante ed indispensabile protezione, conservazione e promulgazione del proprio bene prodotto, sia esso una Motocicletta o una semplice Guepierre Sintetica.

Certo dopo il 1957 le conquiste sindacali e lavorative sono diventate senza ombra di dubbio sacre e fondatrici della nostra società; ma perché con esse si è perso e mai più ritrovato quello spirito di corpo così come ricordava Carcano? Risiedono qui le ragioni di questa importante perdita o sono invece da ricercare altrove?
Ma la frase cardine è forse quella per ultima citata:

“Era un movimento continuo, che effettivamente dopo il ’57 non c’è stato più”.

Che cos’era e che cosa può essere ora questo movimento continuo? Da cosa può scaturire questo movimento continuo? Dalla passione? Dall’emozione? Dalla capacità finanziaria? Dalla buona volontà?

La risposta che vorrei dare e che rappresenta la congettura che vorrei proporvi, è quella se non possano essere effettivamente le competizioni, qualunque esse siano, lo stimolo ed il reale collante di una dimensione passionevole ed appassionata del fare, non in una visione romantica delle cose, ma proprio in una visione specifica, attuale ed operante del bene Moto Guzzi e del mondo di cui essa è parte e di cui essa ne fa parte.

Non si tratta di incespicare nella superata dicotomia tra ciò che appartiene al mondo delle corse e ciò che invece appartiene al mondo del turismo. La nostra storia, essendo inevitabile portatrice di verità, ce lo rammenta. Una sola marca di motociclette credo abbia potuto inventarsi e mantenersi, diciamo per semplicità, con la sola gamma di modelli “turistici”, ed è l’Harley Davidson. Ma questa appartiene ad un’altra cultura, ad un altro Paese che è infinitamente più grande del nostro quanto infinitamente più giovane e semplice nella sua storia. La nostra storia, non solo motociclistica, è ben altra: più complessa, articolata e controversa. La storia italiana ed europea, o meglio, la storia del vecchio continente, così come la storia del motociclismo italiano ed europeo, è da sempre stata in qualche modo intimamente legata alle guerre, alle sfide, alle corse e alla competizione, nel suo significato più ampio.

  Non voglio in questo contesto entrare più di tanto in questioni di marketing, di strategie imprenditoriali e commerciali, di mercato o di quant’altro; ne faccio solo una sorta di bilancio culturale e non meramente aziendale. Forse è necessario capire che prima di tutto il competere è una questione culturale e perciò politica nel suo significato etimologico primario più importante. Significato a cui una casa motociclistica come la Moto Guzzi non può rinunciare né tanto meno ignorare proprio per il portato della sua storia che è anche, e prima di tutto, storia del suo e del nostro Paese.

A voi dunque ora il compito di smentire quanto sopra. Ma attenzione! Sappiate che sono al corrente che la prima pagina di questo importante sito dedicato alla Moto Guzzi e ai suoi altrettanto importanti sostenitori è spesso letta da persone di certo più titolate sulla materia e senza ombra di dubbio assai più competenti del sottoscritto. Per questo, penso sia giusto ed onesto che queste persone, con la stessa franchezza che di norma sostiene un’amicizia, portino a quanto sopra espresso le dovute contro deduzioni o fondate confutazioni, in una logica dialettica basata sull’argomentazione e sulla discussione, giocate sulla presentazione di indizi e prove non inconfutabili in quanto tali, ma sostenuti perché persuasivi e convincenti.


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