Editoriale 1

• Italiani, popolo di arditi geni e abili frenatori

Editoriale 2

• Ma la passione e' un handicap?

Editoriale 3

• Fabbrica dei sogni

Editoriale 4

• Voglia di... 4 valvole!

Editoriale 5

• Identita' perduta

Editoriale 6

• Uno strano dialogo...

Editoriale 7

• Una questione di equilibrio

Editoriale 8

• Voti a rendere

Editoriale 9

• Via col vento

Editoriale 10

• Il gusto delle cose

Editoriale 11

• Il punto sul punto... vendita

Editoriale 12

• Ghezzi in Guzzi

Editoriale 13

• Raffreddati con l'aria

Editoriale 14

• Pensieri e parole

Editoriale 15

• Belve, Dei, adepti e sacrifici

Editoriale 16

• Perdita d'identita'

Editoriale 17

• Double face

Editoriale 18

• Un anno vissuto appassionatamente - pure troppo

Editoriale 19

• Crisi

Editoriale 20

• Comunque vada, sara' un successo

Editoriale 21

• Non svegliateci

Editoriale 22

• Signore e signori, si cambia

Editoriale 23

• Deccla

Editoriale 24

• Buoni propositi

Editoriale 25

• In difesa di Mandello; ovvero: sulla Tradizione

Editoriale 26

• Come si resta indimenticabili?

Editoriale 27

• Repetita iuvant

Editoriale 28

• Sangue dalle rape

Editoriale 29

• Design

Editoriale 30

• L'insostenibile inconfutabilitΰ di una congettura?

Editoriale 31

• C'θ un'anima nuova

Editoriale 32

• MotoGuzziWorldChe???

Editoriale 33

• Capitani paurosi

Editoriale 34

• Destini incrociati

Editoriale 35

• Dove vai, ora che le moto nuove ce le hai?

Editoriale 36

• La matematica θ un'opinione

Editoriale 37

• Cosa vogliamo fare da grandi?

Editoriale 38

• Compriamo moto o spot pubblicitari?

• English version

Editoriale 39

• Messaggi sussurrati

Editoriale 40

• L'editto

Editoriale 41

• Tre asterischi, una penna e un taccuino

Editoriale 42

• Associazione

Editoriale 43

• Un nome ingombrante

Editoriale 44

• Sliding doors

Editoriale 45

• Quando i sogni si avverano

Editoriale 46

• Tiriamo la riga

Editoriale 47

• Essenza e personalitΰ

Editoriale 48

• Niente

Editoriale 49

• Manifesto

N. 10 - 21 gennaio 2003

 

Il gusto delle cose

 

di Mauro Iosca



Uno dei miei scrittori preferiti è Manuel Vasquez Montalban. La ragione che nel tempo ha consolidato la mia preferenza verso questo elegante scrittore contemporaneo è la sua nota abilità come gourmet e quindi una raffinata conoscenza di vini e pietanze di ogni parte del mondo, che lui usa citare soventemente per arricchire i suoi romanzi. Un principio ricorrente nei suoi libri (che io tra l’altro ho assunto con totale naturalezza) dice: “esistono due categorie di uomini: coloro che mangiano per vivere e coloro che vivono per mangiare. Io faccio inevitabilmente parte della seconda”.
Questa considerazione, che in un primo momento sembrerebbe essenzialmente eno-gastronomica, mi dà l’estro per parlare di un argomento con cui vedo innumerevoli analogie; potrei banalmente affermare che io non vado in moto per vivere ma vivo per andare in moto, ma questo, come potete immaginare non c’entra, poiché sarebbe bellissimo anche il contrario. In effetti l’analogia a cui mi riferisco è sostanzialmente l’esercizio naturale o addomesticato a provare massimo beneficio et soddisfazione nel *gustare* qualcosa nel miglior modo possibile.
Fissato questo principio vorrei aggiungere un’altra costante al ragionamento che mi appresto a sostenere e pertanto uso ancora un esempio alimentare che certamente è pertinente e che inoltre mi aiuterà sicuramente a raccogliere facili consensi.
È di questi giorni la notizia che l’ente preposto della Comunità Europea ha cambiato la regola della denominazione del cioccolato, non vincolando più la dicitura all’utilizzo di quei fondamentali ingredienti ritenuti da noi sacri nella produzione dello stesso. Intendiamoci: la mia non è una filippica per la salvaguardia del Made in Italy, cioè sì, ma lo vediamo dopo.
La questione del cioccolato, che vale benissimo anche per il Parmigiano Reggiano, il Culatello, il Formaggio di Fossa, il Lardo di Colonnata, il Radicio Spadon, il Maialino Lattonzolo di Carsoli, il Pecorino del Sannio etc. e così via per quintalate di prodotti che per tradizione hanno portato uomini e imprese da botteghe di praticantato ad aziende di celeberrimi professionisti, serve solo a fissare il principio che omologarsi al livello più basso senza salvaguardare l’eccellenza già conseguita è un imbarbarimento. Ossia mi riferisco alla semplificazione della qualità e natura degli ingredienti scelta solo perché più facile! Non si assuma che una tendenza in quanto tale e in quanto rilevata nell’osservazione del mondo sia per questo divina ed imprescindibile, o anche solo evolutiva!
A questo punto diventa doveroso descrivere come dovrebbe essere secondo me la Moto, questo misterioso oggetto che tutti noi teniamo gelosamente al riparo nel garage o nel salotto di casa. Innanzitutto togliete il casco e guardatevi allo specchio: voi non siete dei piloti leggendari, e probabilmente usando la vostra moto nel novanta per cento dei casi non utilizzate più di 60 cavalli di potenza. “Fermi tutti: questo qui sta facendo la morale” penserete, “eccolo qua un altro coglionazzo come quelli che scrivono a Superwheels indignati perché hanno visto il tester che impennava dentro l’oratorio...” No! Voglio semplicemente dire che se siete in fuga verso Bocca Seriola o qualsiasi altro passo di montagna in una bella mattina di primavera, e con la moto in piega tracciate splendide traiettorie accarezzando con la mano le spighe di grano nei campi lungo la strada provando un godimento avvolgente e sentendovi decisamente “manici”, credetemi: siete in terza/quarta marcia ad ottanta/cento all’ora, quindi sessanta cavalli vi avanzano; altrimenti non si spiega come quel tale con il supermotard che mangia un panino con la mortadella mentre la sua fidanzata seduta dietro con i ferri sta facendo una sciarpa di lana, vi sorpassi così agilmente. Il segreto? La supermotard è LEGGERA! Ecco perché, arrivati in cima al passo, i due del motard stanno gia limonando da mezz’ora e voi in due non riuscite a mettere la California sul cavalletto centrale.
Comunque è altrettanto un fatto che la vostra moto, ora che la guardate ferma lì sul ciglio della strada, vi sorprende e vi commuove: è vero, è indiscutibilmente bella, e probabilmente non possiamo dire lo stesso di quel supermotard. Così come si gode affrontando un tratto tutto curve senza traffico in panorami naturali d’altri tempi, altrettanto si gode, e non poco, nell’osservare le curve e gli spigoli, le cromature di un insieme-oggetto che contiene storia, passione, tradizione e questo vi basta; toh, un altro collegamento tra curve e godere... curioso!
Questo è quello che fin dalla notte dei tempi il mondo ci invidia: gusto, sapore, stile.
Ma allora, penserete voi... tu vuoi dire che chi afferma “ sai, io vivo con il mio tempo, il progresso, la performance...” dice solo un sacco di quisquilie e pinzallacchere? SI! Anzi no, cioè mi spiego meglio: se tutto il mondo fa moto a quattro cilindri con centotrenta cavalli o il cioccolato senza il burro di cacao, non è detto che questa sia l’unica strada, soprattutto se a ben guardare questi non hanno mai avuto nella loro storia una moto fascinosamente bella o le lasagne fatte con i sacri crismi; dico solo che potendo scegliere (e posso), piuttosto che cambiare la voce profonda e misteriosa del mio amato bicilindrico all’italiana, gli regalerei tutte le finezze che il presente ed il futuro mi mettono a disposizione, esaltando quel carattere e quello stile che sono già storia. Vi siete mai chiesti cosa rende infinitamente attraente una moto come la Furia di Ghezzi & Brian? I suoi centocinquanta cavalli? Il suo nome originale ed evocativo? O forse le saette multicolore disegnate sulla carena integrale? Non credo! Quello che colpisce è che questa moto è genuinamente sana! Ha un motore solido e bello, godurioso nella guida con tanta coppia e potenza generosa ma non imbarazzante, possiede stile nelle forme moderne ma aggraziate al tempo stesso e mostra leggerezza, disinvoltura ed eleganza nella conduzione; proprio lo scorso sabato ho avuto il piacere di conoscere alla fiera di Padova Filippo Barbacane che ne possiede una e mi ha detto: “per come va, questa moto dovrebbero venderla a cinquanta milioni, è rivoluzionaria...”.
Dunque: dicevamo come dovrebbe essere la Moto... beh quella di domani: bicilindrica, ben disegnata, elegantemente vestita, leggera senza dubbio, preziosa nei componenti e ciclisticamente moderna! Per dopodomani vedremo: magari useremo tecnezio, berillio e per il telaio platino spugnoso; quello che conta non è rinnovarsi a qualsiasi prezzo ma rinnovarsi con il rispetto della propria storia che ha già operato per noi (inevitabilmente) una naturale selezione. Tra coloro che fanno le motociclette oggi, che bello sarebbe se qualcuno vivesse per farle piuttosto che il contrario.
Buon appetito e buon divertimento.


© Anima Guzzista