N.
10 - 21 gennaio 2003
Il
gusto delle cose
di Mauro Iosca
Uno dei miei scrittori preferiti è Manuel
Vasquez Montalban. La ragione che nel tempo ha consolidato la mia
preferenza verso questo elegante scrittore contemporaneo è
la sua nota abilità come gourmet e quindi una raffinata conoscenza
di vini e pietanze di ogni parte del mondo, che lui usa citare soventemente
per arricchire i suoi romanzi. Un principio ricorrente nei suoi libri
(che io tra laltro ho assunto con totale naturalezza) dice:
esistono due categorie di uomini: coloro che mangiano per vivere
e coloro che vivono per mangiare. Io faccio inevitabilmente parte
della seconda.
Questa considerazione, che in un primo momento sembrerebbe essenzialmente
eno-gastronomica, mi dà lestro per parlare di un argomento
con cui vedo innumerevoli analogie; potrei banalmente affermare che
io non vado in moto per vivere ma vivo per andare in moto, ma questo,
come potete immaginare non centra, poiché sarebbe bellissimo
anche il contrario. In effetti lanalogia a cui mi riferisco
è sostanzialmente lesercizio naturale o addomesticato
a provare massimo beneficio et soddisfazione nel *gustare* qualcosa
nel miglior modo possibile.
Fissato questo principio vorrei aggiungere unaltra costante
al ragionamento che mi appresto a sostenere e pertanto uso ancora
un esempio alimentare che certamente è pertinente e che inoltre
mi aiuterà sicuramente a raccogliere facili consensi.
È di questi giorni la notizia che lente preposto della
Comunità Europea ha cambiato la regola della denominazione
del cioccolato, non vincolando più la dicitura allutilizzo
di quei fondamentali ingredienti ritenuti da noi sacri nella produzione
dello stesso. Intendiamoci: la mia non è una filippica per
la salvaguardia del Made in Italy, cioè sì, ma lo vediamo
dopo.
La questione del cioccolato, che vale benissimo anche per il Parmigiano
Reggiano, il Culatello, il Formaggio di Fossa, il Lardo di Colonnata,
il Radicio Spadon, il Maialino Lattonzolo di Carsoli, il Pecorino
del Sannio etc. e così via per quintalate di prodotti che per
tradizione hanno portato uomini e imprese da botteghe di praticantato
ad aziende di celeberrimi professionisti, serve solo a fissare il
principio che omologarsi al livello più basso senza salvaguardare
leccellenza già conseguita è un imbarbarimento.
Ossia mi riferisco alla semplificazione della qualità e natura
degli ingredienti scelta solo perché più facile! Non
si assuma che una tendenza in quanto tale e in quanto rilevata nellosservazione
del mondo sia per questo divina ed imprescindibile, o anche solo evolutiva!
A questo punto diventa doveroso descrivere come dovrebbe essere secondo
me la Moto, questo misterioso oggetto che tutti noi teniamo gelosamente
al riparo nel garage o nel salotto di casa. Innanzitutto togliete
il casco e guardatevi allo specchio: voi non siete dei piloti leggendari,
e probabilmente usando la vostra moto nel novanta per cento dei casi
non utilizzate più di 60 cavalli di potenza. Fermi tutti:
questo qui sta facendo la morale penserete, eccolo qua
un altro coglionazzo come quelli che scrivono a Superwheels indignati
perché hanno visto il tester che impennava dentro loratorio...
No! Voglio semplicemente dire che se siete in fuga verso Bocca Seriola
o qualsiasi altro passo di montagna in una bella mattina di primavera,
e con la moto in piega tracciate splendide traiettorie accarezzando
con la mano le spighe di grano nei campi lungo la strada provando
un godimento avvolgente e sentendovi decisamente manici,
credetemi: siete in terza/quarta marcia ad ottanta/cento allora,
quindi sessanta cavalli vi avanzano; altrimenti non si spiega come
quel tale con il supermotard che mangia un panino con la mortadella
mentre la sua fidanzata seduta dietro con i ferri sta facendo una
sciarpa di lana, vi sorpassi così agilmente. Il segreto? La
supermotard è LEGGERA! Ecco perché, arrivati in cima
al passo, i due del motard stanno gia limonando da mezzora e
voi in due non riuscite a mettere la California sul cavalletto centrale.
Comunque è altrettanto un fatto che la vostra moto, ora che
la guardate ferma lì sul ciglio della strada, vi sorprende
e vi commuove: è vero, è indiscutibilmente bella, e
probabilmente non possiamo dire lo stesso di quel supermotard. Così
come si gode affrontando un tratto tutto curve senza traffico in panorami
naturali daltri tempi, altrettanto si gode, e non poco, nellosservare
le curve e gli spigoli, le cromature di un insieme-oggetto che contiene
storia, passione, tradizione e questo vi basta; toh, un altro collegamento
tra curve e godere... curioso!
Questo è quello che fin dalla notte dei tempi il mondo ci invidia:
gusto, sapore, stile.
Ma allora, penserete voi... tu vuoi dire
che chi afferma sai, io vivo con il mio tempo, il progresso,
la performance... dice solo un sacco di quisquilie e pinzallacchere?
SI! Anzi no, cioè mi spiego meglio: se tutto il mondo fa moto
a quattro cilindri con centotrenta cavalli o il cioccolato senza il
burro di cacao, non è detto che questa sia lunica strada,
soprattutto se a ben guardare questi non hanno mai avuto nella loro
storia una moto fascinosamente bella o le lasagne fatte con i sacri
crismi; dico solo che potendo scegliere (e posso), piuttosto che cambiare
la voce profonda e misteriosa del mio amato bicilindrico allitaliana,
gli regalerei tutte le finezze che il presente ed il futuro mi mettono
a disposizione, esaltando quel carattere e quello stile che sono già
storia. Vi siete mai chiesti cosa rende infinitamente attraente una
moto come la Furia di Ghezzi & Brian? I suoi centocinquanta cavalli?
Il suo nome originale ed evocativo? O forse le saette multicolore
disegnate sulla carena integrale? Non credo! Quello che colpisce è
che questa moto è genuinamente sana! Ha un motore solido e
bello, godurioso nella guida con tanta coppia e potenza generosa ma
non imbarazzante, possiede stile nelle forme moderne ma aggraziate
al tempo stesso e mostra leggerezza, disinvoltura ed eleganza nella
conduzione; proprio lo scorso sabato ho avuto il piacere di conoscere
alla fiera di Padova Filippo Barbacane che ne possiede una e mi ha
detto: per come va, questa moto dovrebbero venderla a cinquanta
milioni, è rivoluzionaria....
Dunque: dicevamo come dovrebbe essere la Moto... beh quella di domani:
bicilindrica, ben disegnata, elegantemente vestita, leggera senza
dubbio, preziosa nei componenti e ciclisticamente moderna! Per dopodomani
vedremo: magari useremo tecnezio, berillio e per il telaio platino
spugnoso; quello che conta non è rinnovarsi a qualsiasi prezzo
ma rinnovarsi con il rispetto della propria storia che ha già
operato per noi (inevitabilmente) una naturale selezione. Tra coloro
che fanno le motociclette oggi, che bello sarebbe se qualcuno vivesse
per farle piuttosto che il contrario.
Buon appetito e buon divertimento.
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