Editoriale 1

• Italiani, popolo di arditi geni e abili frenatori

Editoriale 2

• Ma la passione e' un handicap?

Editoriale 3

• Fabbrica dei sogni

Editoriale 4

• Voglia di... 4 valvole!

Editoriale 5

• Identita' perduta

Editoriale 6

• Uno strano dialogo...

Editoriale 7

• Una questione di equilibrio

Editoriale 8

• Voti a rendere

Editoriale 9

• Via col vento

Editoriale 10

• Il gusto delle cose

Editoriale 11

• Il punto sul punto... vendita

Editoriale 12

• Ghezzi in Guzzi

Editoriale 13

• Raffreddati con l'aria

Editoriale 14

• Pensieri e parole

Editoriale 15

• Belve, Dei, adepti e sacrifici

Editoriale 16

• Perdita d'identita'

Editoriale 17

• Double face

Editoriale 18

• Un anno vissuto appassionatamente - pure troppo

Editoriale 19

• Crisi

Editoriale 20

• Comunque vada, sara' un successo

Editoriale 21

• Non svegliateci

Editoriale 22

• Signore e signori, si cambia

Editoriale 23

• Deccla

Editoriale 24

• Buoni propositi

Editoriale 25

• In difesa di Mandello; ovvero: sulla Tradizione

Editoriale 26

• Come si resta indimenticabili?

Editoriale 27

• Repetita iuvant

Editoriale 28

• Sangue dalle rape

Editoriale 29

• Design

Editoriale 30

• L'insostenibile inconfutabilitΰ di una congettura?

Editoriale 31

• C'θ un'anima nuova

Editoriale 32

• MotoGuzziWorldChe???

Editoriale 33

• Capitani paurosi

Editoriale 34

• Destini incrociati

Editoriale 35

• Dove vai, ora che le moto nuove ce le hai?

Editoriale 36

• La matematica θ un'opinione

Editoriale 37

• Cosa vogliamo fare da grandi?

Editoriale 38

• Compriamo moto o spot pubblicitari?

• English version

Editoriale 39

• Messaggi sussurrati

Editoriale 40

• L'editto

Editoriale 41

• Tre asterischi, una penna e un taccuino

Editoriale 42

• Associazione

Editoriale 43

• Un nome ingombrante

Editoriale 44

• Sliding doors

Editoriale 45

• Quando i sogni si avverano

Editoriale 46

• Tiriamo la riga

Editoriale 47

• Essenza e personalitΰ

Editoriale 48

• Niente

Editoriale 49

• Manifesto

N. 16 - 18 settembre 2003

 

Breva 1100

 

di Alberto Sala



Moto Guzzi presenta in questi giorni a Milano il modello nuovo che, con MGS e Griso, delinea il maggiore sforzo creativo da trent’anni a questa parte. Un risultato importante, in grado di convincere quei pochi detrattori rimasti sulla volontà di Aprilia di rilanciare a dovere il marchio motociclistico più importante del mondo, almeno ai nostri occhi. Bene! Anzi, benissimo!
Però ho una strana sensazione che mi attanaglia, da che ho visto dal vivo la nuova Breva 1100. Ho come l’impressione di aver visto un’altra moto rispetto a quella che mi aspettavo. Ricordo ancora bene quando vidi le foto del primo prototipo e il ricordo era diverso da quello che ora mi trovo davanti. Sapete a volta come succede: il ricordo più forte che ti resta in mente è l’emozione globale di un oggetto, lo spirito come sintesi estrema, molto più che i dettagli. Per questi ultimi è necessario una rinfrescatina, o uno sforzo maggiore per delinearli, per concretizzarli dall’etere dell’emozione.
E ora sto cercando di sforzarmi per rimettere ordine alla confusione che mi ha generato la vista della Breva esposta al Salone di Milano, perchè ho sì visto una bella moto, ma ho l’impressione di non essere certo di aver visto una Moto Guzzi.

La capacità di riconoscimento, di identificazione immediata di un marchio, di un oggetto appartenente ad un’identità precisa è resa possibile da particolari ben delineati, da un *sapore* comun denominatore di portate diverse, da segni inequivocabili. E’ un aspetto molto più importante di quel che si pensi; in fondo, è un percorso che non facciamo certo fatica a riconoscere, anche se si esplica in maniera sotterranea, oserei dire automatica.
Per noi guzzisti l’identità di marca è assoluta, inequivocabile: guardi un V11 Sport (prima serie preferibilmente) e ci vedi non solo Moto Guzzi, ma un’intera storia dentro, e lo stesso vale con la California.
Ora, di fronte alla nuova bellissima Breva 1100, mi sento smarrito. Questa moto mi scorre lentamente davanti, sulla pedana girevole, e man mano che mi appaiono le varie viste mi sembra di trovarmi di fronte qualcosa di diverso. Qualcosa di diverso da una Moto Guzzi.
E allora mi concentro per cercare di mettere a fuoco, come dicevo prima, i ricordi, per capire cosa c’è che non va, cosa è stato cambiato, e pian piano affiorano i tanti particolari diversi, che come un rimedio omeopatico, per piccoli che siano hanno un grande effetto. Però negativo.


Perchè le protuberanze laterali del serbatoio, quelle che vanno a nascondere un (bellissimo) radiatore, non sono dello stesso colore? E come mai le due modanature delle protuberanze, originariamente metalliche e lucide capaci di dare un tocco di raffinatezza, di classe, sono ora in gomma da paraurti d’auto, poverissime alla vista e dall’effetto plasticoso?
Anche la coda posteriore mi sembra diversa. Qui faccio fatica a ricordare, ma soprattutto faccio fatica a togliermi il sospetto di essere di fronte a una moto di Noale, invece che di Mandello del Lario.
Ma è la parte meccanica a subire un autentico affronto, un ‘ritratto d’assemblato a caso’, perchè solo così mi sembra di poter definire una meccanica con almeno otto (8, eight, ouit, acht) varianti di colore diversi! Il basamento ha un colore, il coperchio anteriore un’altro, poi la coppa dell’olio è di un grigio più scuro ma il distanziale è invece più chiaro; il cambio ha un altro colore, così sembra che al momento di montarla non ci fosse stato disponibile un cambio in tinta, e allora hanno rimediato col primo trovato...
Ah, ovviamente i coperchi delle teste sono di un ennesimo altro colore, ci mancherebbe!
Potrei proseguire di questo passo con la molla del mono posteriore (color bronzo), con l’asta di reazione di colore diverso dal monobraccio e verniciata con una vernice che ricorda tanto quella protagonista di incubi *bollosi* ancora ben chiari nella mente di tanti guzzisti...
Ma l’apoteosi del delirio caleidoscopico lo si ha col telaietto posteriore.
Non ci crederete, ma è verde. Quasi del verde V7 Sport. Solo un po’ più scuro (in tonalità con le altre sette tinte della meccanica).


Ecco, io ora mi chiedo perchè. Perchè sistematicamente, dalla Rosso Mandello in avanti, in Aprilia hanno sempre voluto pitturare copiosamente lo stile Moto Guzzi, fino a stravolgerlo, a svuotarlo, a renderlo ‘qualunque’? Perchè ci si ostina a trattare le Moto Guzzi a un tanto al chilo, come qualsiasi altra motocicletta? Come si può pensare che una Moto Guzzi vada verniciata come una Aprilia (con tutto il rispetto per le Aprilia, s’intende)? Ma la persona che si diverte tanto col piccolo chimico sa che significa ‘identità di marca’? Perchè ora mi trovo di fronte una moto che ha il chiaro, netto sapore di Aprilia, e non di Moto Guzzi.
Per cortesia, rimettete le cose a posto, vi supplico. Questa moto merita di essere una Moto Guzzi dalla prima all’ultima brugoletta. Dal primo all’ultimo dei (pochi) colori che deve indossare. Questa vista a Milano, per quanto sia bella (ma era più bella prima), non mi appartiene. Non ci appartiene.

 


© Anima Guzzista