N.
16 - 18 settembre 2003
Breva
1100
di Alberto Sala
Moto Guzzi presenta in questi giorni a Milano il modello nuovo che,
con MGS e Griso, delinea il maggiore sforzo creativo da trentanni
a questa parte. Un risultato importante, in grado di convincere quei
pochi detrattori rimasti sulla volontà di Aprilia di rilanciare
a dovere il marchio motociclistico più importante del mondo,
almeno ai nostri occhi. Bene! Anzi, benissimo!
Però ho una strana sensazione che mi attanaglia, da che
ho visto dal vivo la nuova Breva 1100. Ho come limpressione
di aver visto unaltra moto rispetto a quella che mi aspettavo.
Ricordo ancora bene quando vidi le foto del primo prototipo e il
ricordo era diverso da quello che ora mi trovo davanti. Sapete a
volta come succede: il ricordo più forte che ti resta in
mente è lemozione globale
di un oggetto, lo spirito come sintesi estrema, molto più che
i dettagli. Per questi ultimi è necessario
una rinfrescatina, o uno sforzo maggiore per delinearli, per concretizzarli
dalletere dellemozione.
E ora sto cercando di sforzarmi per rimettere ordine alla confusione
che mi ha generato la vista della Breva esposta al Salone di Milano,
perchè ho sì visto una bella moto, ma ho limpressione
di non essere certo di aver visto una Moto Guzzi.
La capacità di riconoscimento, di identificazione immediata
di un marchio, di un oggetto appartenente ad unidentità precisa è resa
possibile da particolari ben delineati, da un *sapore* comun denominatore
di portate diverse, da segni inequivocabili. E un aspetto molto
più importante di quel che si pensi; in fondo, è un
percorso che non facciamo certo fatica a riconoscere, anche se si
esplica in maniera sotterranea, oserei dire automatica.
Per noi guzzisti lidentità di marca è assoluta,
inequivocabile: guardi un V11 Sport (prima serie preferibilmente)
e ci vedi non solo Moto Guzzi, ma unintera storia dentro, e
lo stesso vale con la California.
Ora, di fronte alla nuova bellissima Breva 1100, mi sento smarrito.
Questa moto mi scorre lentamente davanti, sulla pedana girevole,
e man mano che mi appaiono le varie viste mi sembra di trovarmi di
fronte qualcosa di diverso. Qualcosa di diverso da una Moto Guzzi.
E allora mi concentro per cercare di mettere a fuoco, come dicevo
prima, i ricordi, per capire cosa cè che non va, cosa è stato
cambiato, e pian piano affiorano i tanti particolari diversi, che
come un rimedio omeopatico, per piccoli che siano hanno un grande
effetto. Però negativo.
Perchè le protuberanze laterali del serbatoio, quelle che
vanno a nascondere un (bellissimo) radiatore, non sono dello stesso
colore? E come mai le due modanature delle protuberanze, originariamente
metalliche e lucide capaci di dare un tocco di raffinatezza, di classe,
sono ora in gomma da paraurti dauto, poverissime alla vista
e dalleffetto plasticoso?
Anche la coda posteriore mi sembra diversa. Qui faccio fatica a ricordare,
ma soprattutto faccio fatica a togliermi il sospetto di essere di
fronte a una moto di Noale, invece che di Mandello del Lario.
Ma è la parte meccanica a subire un autentico affronto, un ritratto
dassemblato a caso, perchè solo così mi
sembra di poter definire una meccanica con almeno otto (8, eight,
ouit, acht) varianti di colore diversi! Il basamento ha un colore,
il coperchio anteriore
unaltro, poi la coppa dellolio è di un grigio
più scuro ma il distanziale è invece più chiaro;
il cambio ha un altro colore, così sembra che al momento
di montarla non ci fosse stato disponibile un cambio in tinta, e
allora hanno rimediato col primo trovato...
Ah, ovviamente i coperchi delle teste sono di un ennesimo altro
colore, ci mancherebbe!
Potrei proseguire di questo passo con la molla del mono posteriore
(color bronzo), con lasta di reazione di colore diverso dal
monobraccio e verniciata con una vernice che ricorda tanto quella
protagonista di incubi *bollosi* ancora ben chiari nella mente di
tanti guzzisti...
Ma lapoteosi del delirio caleidoscopico lo si ha col telaietto
posteriore.
Non ci crederete, ma è verde. Quasi del verde V7 Sport. Solo
un po più scuro (in tonalità con le altre sette
tinte della meccanica).
Ecco, io ora mi chiedo perchè. Perchè sistematicamente,
dalla Rosso Mandello in avanti, in Aprilia hanno sempre voluto pitturare
copiosamente lo stile Moto Guzzi, fino a stravolgerlo, a svuotarlo,
a renderlo qualunque? Perchè ci si ostina
a trattare le Moto Guzzi a un tanto al chilo, come qualsiasi altra
motocicletta? Come si può pensare che una Moto Guzzi vada
verniciata come una Aprilia (con tutto il rispetto per le Aprilia,
sintende)? Ma la persona che si diverte tanto col piccolo chimico
sa che significa identità di marca? Perchè ora
mi trovo di fronte una moto che ha il chiaro, netto sapore di Aprilia,
e non di Moto Guzzi.
Per cortesia, rimettete le cose a posto, vi supplico. Questa moto
merita di essere una Moto Guzzi dalla prima allultima brugoletta.
Dal primo allultimo dei (pochi) colori che deve indossare.
Questa vista a Milano, per quanto sia bella (ma era più bella
prima), non mi appartiene. Non ci appartiene.
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