Aquile in Atlantide 2005

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Atlantide 2005

Piero Pintore

 


 

Orosei report 5 - Alba Dorata


Ci congediamo dai nostri ospiti del carcere di Mamone con sentimenti
contrastanti: qualcuno che mi dice: "Ma perché non abbiamo portato qui la
Guzzistiliberibluesband?". altri, altrettanto giustamente, vogliono
riprendere a macinare Km.

Mi metto alla testa del convoglio e cominciamo a muoverci. Dopo pochi km.
percorsi in una strada tutta curve, in un continuo saliscendi, dove non si
trova un'auto a spararla, con l'asfalto tutto ruvido e granuloso...
arriviamo ad un distributore all'entrata di Lodè e ci fermiamo: molti devono
riempire il serbatoio.

Anche Andrea. E' davanti a me. Ferma la moto, si muove sulla sella per
scendere e...
caccia un urlo disumano ed afferra saldamente il cavallo dei pantaloni
rispolverando con precisione di particolari l'intero calendario: "M'ha preso
ar cojone!". Sulle prime non capisco, poi vedo vicino alla ruota anteriore
della sua moto un calabrone tramortito. Lui urla come un forsennato.
Ma non per il dolore.
Per la rabbia. "Proprio un coglione, doveva prendermi, 'sto stronzo!
Armeno me pijava un po' più su e stasera facevo un figurone co' mi moje!
Emmò che ce faccio co 'n cojone a zampogna?".

Stabilito che non abbiamo ammoniaca al seguito gli suggeriamo il sistema
della chiave premuta sulla puntura. La risposta è irripetibile anche da uno
come me, che in galera c'ha lavorato per 14 anni.

Si riparte e, su suggerimento di Stefano Caiazza, imbocchiamo la Lodè -
Lula. Non l'ho mai percorsa e sono in coda al gruppo con Giannino, Stefano,
Demetrio, Roberto Pirastru, Luca e Giorgia.
La strada costeggia il Monte Albo, una cresta che corre da nord a sud
parallela al mare. Ricordo vagamente che la cima è a circa 1200 metri e noi
percorriamo una strada che si snoda parallela alla cresta, circa 2 - 300
metri più in basso.
E' straordinario, ancora una volta, vedere con quanta rapidità cambiano i
paesaggi e gli scenari in Sardegna.
All'inizio attraversiamo una pietraia desertica con radi arbusti. Ci
fermiamo, facciamo qualche foto, ma non sono tranquillo: devo arrivare al
villaggio assieme ai primi. Mi congedo e, a malincuore, mi avvio da solo.
Dopo qualche chilometro mi ritrovo immerso in una verdissima lecceta con le
fronde che si incrociano ad oscurare il cielo in alcuni tratti di strada.
Strada che, indovinate un po', segue il costone roccioso, assecondandolo.
Dopo qualche chilometro ancora comincio ad incontrare pecore, mucche,
cavalli al pascolo brado lungo le cunette. I cordoli, in alcuni tratti, sono
a strisce alternate bianche e rosse!!
Sembra la pista del paradiso dei motociclisti. In trenta chilometri incontro
due auto: una è una Punto dei Carabinieri.
Ho un'andatura allegra, ma capisco che lungo una strada così non raggiungerò
nessuno. Oltratutto la moto continua a sputazzare a medio regime. Ho
parecchio svantaggio e sicuramente si sono esaltati ed ingarellati.
Sto facendo questa considerazione quando, dopo la trecentomilionesima curva,
vedo un rettilineo lungo sì e no ottanta metri e, all'ombra di un leccio,
sul ciglio, una moto ferma.
E' il Comandante che si fuma una paja.
Accosto e spengo. Dopo poche frasi lo invito al silenzio.
E rimaniamo per qualche decina di secondi ad "ascoltare" il silenzio.
Un silenzio assordante, fatto proprio di "nessun suono".
Probabilmente nel raggio di qualche chilometro non c'è essere umano.
E' la sindrome di Robinson. Quella che mi prendeva quando, all'Asinara,
all'imbrunire salivo con il gilera lungo una mulattiera che portava alla
cima più alta. Spegnevo e rimanevo ad ascoltare il silenzio, lontano dieci
chilometri dall'essere umano più vicino. E mi sentivo una specie di
Robinson sull'isola (quasi) deserta. Ad ascoltare quel silenzio che in
città, nella vita di tutti i giorni, non sentiamo mai, non esiste.
Stiamo lì per qualche minuto, senza avere il coraggio di andarcene.

Poi arrivano gli altri e ripartiamo. Con il Comandante c'è poco da
scherzare: stargli dietro e difficile, stargli davanti un'impresa. Ma,
risvegliatomi dal sogno, ho fretta. Devo raggiungere il residence, sono
quasi le sei e mancano cinquanta km.
Tiro come un dannato. Rinuncio ad un'ultima strada curvosa e prendo lo
"scorrimento veloce": rettilinei e curvoni da 140 all'ora. Il G5 arranca, ma
lo aspetto. Arrivo ad Orosei e trovo Davide Valca e Nico. Facciamo
rifornimento e ripartiamo.
Gli ultimi chilometri per arrivare al residence sono fatti di rettilinei e
di traffico.
Quando arrivo al residence trovo Rita ed Eleonora (moglie e figlia) che sono
arrivate in macchina ed hanno già occupato il nostro bungalow.

La sede del raduno è in un villaggio di appartamentini a schiera costruiti
intorno ad una piazzetta occupata in gran parte da un'enorme piscina.
Intorno i portici e le verande degli alloggi, il bar ed il ristorante. Il
tutto in un ambiente in cui tutto sa di curato, di pulito ed accogliente.
Mentre gli altri si ambientano si scopre che, all'ultimo momento c'è
qualcuno che vuole cambiare stanza, qualcun altro che non è contento di non
mi ricordo più cosa...
La professionalità e la comprensione del personale del residence mi aiutano
non poco.
Cambio, doccia, breve relax a bordo piscina e cena.

Mi guardo intorno e mi rendo conto che siamo tanti.
Troppi, secondo i miei calcoli.
Mangio tranquillo seduto tra Fange e quel mito che è Vanni Bettega ma, dopo
cena, alla chetichella, catturo un Fange svogliato ed andiamo in segreteria
a scaricare dal sito l'elenco degli iscritti (e dei paganti) al raduno .
Controllo con la lista che mi passa la reception: siamo molti di più, molti
non hanno ancora pagato.
Vado in camera, mi metto al computer e realizzo che mancano ancora
all'appello più di 4.000 euro! Ed il fatto più sconcertante è che non so chi
me li debba dare!!
Non dico niente a nessuno ma realizzo che domani salterò la gita
sull'orientale. Devo capire come stanno i conti.
Poco male: sono stanco e potrò alzarmi più tardi.
Torno con gli altri che sbevazzano e ciàccolano a bordo piscina. Ma sono
tutti un po' stanchi e poco dopo mezzanotte sono tutti a nanna. Domani il
giro è di 230 chilometri. Senza rettilinei.

5 - continua


 

 


 


© Anima Guzzista