Special
Anima
Testo
e foto di Alberto Sala
PADOVA, IN MEZZO A TANTE.
"Ho iniziato a pensarci sei mesi
fa, senza un'idea precisa, se non che fosse funzionante: sono salito
sul telaio Ghezzi&Brian e ho iniziato a pensarla da sopra. E poi
ho finito per terminarla come sempre il giorno prima, con una gestazione
lunga: questa moto mi è uscita dall'anima, ecco perchè si
chiama così".
Chi ha avuto la fortuna di conoscere Filippo Barbacane
sa. Chi non lo conosce ma sa contemplare appieno
le sue opere può capire la ricchezza di questo personaggio.
Gira e rigira siamo sempre attorno alla solita parola:
passione. Potrebbe sembrare una banalità tipografica,
purtroppo in realtà è elemento raro. Almeno intendendo
per passione non semplicemente il piacere e la dedizione
nel proprio lavoro:
solo chi la sente nelle viscere come nel resto
degli organi, solo chi la vive come mezzo e come fine,
come tutto, può possederne i diritti di attribuzione.
Infine Libertà. Altrettanto inflazionatissima
parola, anch'essa ben più auto-attribuita che vissuta. Ma assieme
alla passione fa la differenza nel saper creare
solo belle motociclette oppure capolavori, che possono
anche talvolta nascere per fortuna, ma di rado.
C'è chi invece li sforna con sudore e sangue ogni volta,
perchè mosso dall'ardore dell'amore assoluto e dalla
libertà dai pregiudizi, per contemplare ogni cosa,
assimilarla, accettarla e farla sua, frecce di uno
Zip comprese, smontando la prevedibilità di
ciò che ti aspetteresti.
"Volevo una moto retrò ma con le caratteristiche
tecniche di una moto moderna: le moto moderne dopo
un po' ti stufano, invece guardando il mio S3 lo vedo
sempre bello; eppoi la volevo funzionante, la voglio
usare".
Dietro a queste semplici parole c'è un
lavoro immenso e peculiare (grazie anche al prezioso aiuto di Paolo
D'Alcini), perchè non è da
tutti, per avere a tutti i costi quello che si ha in mente, prendere
un paio
di
cerchi a raggi tubeless e segarli letteralmente a metà per allargarli
o stringerli e risaldarli a seconda di dove andranno a finire (all'anteriore
il 4" originale è diventato un 3,5" e al posteriore
si è meravigliosamente dilatato a 5,5"). Già basterebbe
questo per capire la ricchezza, il talento e la capacità risolutiva
del folletto pescarese: se poi si prosegue nell'analisi dei dettagli
si fa notte. Vogliamo parlare delle piccole prese d'aria ricavate dalle
piastrine di chiusura laterali dell'airbox? Ma come ti può venire
in mente?! E che dire del forcellone originale modificato con l'aggiunta
di una
capriata
superiore? Parliamone! Quanto ha guadagnato in bellezza e importanza?
E il codino spaziale in tutti i sensi, con gli stop ricavati dalle
frecce posteriori di un Piaggio Zip modificate, al posto del solito
codino tondeggiante da 'classica' Cafè Racer? Non vi basta?
Allora aggiungiamoci
il mozzo anteriore, ricavato
dal pieno in alluminio, il faro (non cercatelo nei cataloghi, non esiste),
la possente forcella Paioli da 51 all'anteriore ("la più grossa
forcella a steli tradizionali in circolazione, il top, ed è l'ultimo
esemplare"),
il mono posteriore Bitubo ma mica preso così
com'è, nono: fatto fare apposta!
Eppoi i
dischi Braking Batfly da competizione, i coperchi valvole spazzolati
("sogno di rifarli, non ne ho avuto il tempo"),
la verniciatura ("fosse
per me le moto le farei tutte nere, non mi piacciono i colori accesi,
però volevo
ricordasse il metallo, l'ho scelto in una notte, andando per esclusione")...
Siamo stesi, sopraffatti
dalla genialità del
re del tuning (ma è troppo
poco, lo so, non è solo tuning), e guardiamo infine
l'insieme di questa forza d'alluminio e acciaio protesa in avanti senza
essere
squilibrata in
avanti, in un raro equilibrio grazie a un retrotreno armonico e altrettanto
forte, schiacciato a terra dallo scintillio del leveraggio posteriore
(rifatte anche le
piastre di attacco, figuriamoci!). In più, con quel nome, non
possiamo far altro che rispecchiarcisi dentro... ;-)
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Anima Guzzista
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