Moto
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Calci in culo
Di Alberto Sala
Foto Millepercento
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Alzi la mano chi, da adolescente più o meno costellato di
brufoli, non si lanciava sulla mitiche catene del 'calci in culo', la
giostrona circolare coi seggiolini appesi pronti ad essere lanciati dal
compagno per acchiappare il codino appeso al pallone per spararsi il giro seguente gratis.
Ecco, esattamente quell'istante, quando sentivi il calcio sferrato
dalle scarpe a punta e tacchi alti (eh sì, per me erano quegli
anni, con i grossi woofer neri che pompavano Gloria Gaynor e Baciotti) e a
te toccava la parte di quello che vola perchè eri più
leggero (e secco com'ero non mi batteva nessuno) e mentre la testa si
annebbiava per il convergere di forza centrifuga e rotazione, sentivi
nella schiena quella botta d'accelerazione che ti schizzava in cielo.
Più o meno la stessa sensazione provata in sella alla BB1. Solo
che qui non c'era nessun socio che ti lanciava scalciandoti: bastava ruotare un
pochetto la manopola del gas, tutte le volte che volevi, per finire
nell'iperspazio. Nella sua ingenua semplicità (e forse per
questo il più bello di tutti) è lo stesso divertimento
basilare: quello che ti solletica l'anima.
Finalmente. Già, sì, finalmente. Dopo sette anni
finalmente questa splendida, eccezionale, unica, affascinante, mortale,
arrapante motocicletta mantiene fede al suo spirito vero, al suo
prorompente impatto fin dal primo attimo in cui è stata svelata
per la prima volta, a Monaco di Baviera nel lontano 2002.
Cattiveria pura.
Ci doveva pensare però un connubio esterno, molti anni dopo, a
rendere giustizia a quello spirito. Non certo, purtroppo,
quell'ambasciata del vicino cimitero che è ormai l'insieme degli
uffici dirigenziali della Moto Guzzi. Nonostante l'epica, manifesta
evidenza delle potenzialità di quel motore data da Gianfranco
Guareschi e la sua MGS/01 a Daytona, dove le ha suonate a tutti di
destro e di sinistro, c'è voluto l'incontro tra il creatore di
quel mostro di motore a nome Big Bore, Giovanni Mariani, con quel
naturale genio guzzista che è Giuseppe Ghezzi e con colui che ha
dato loro il supporto logistico ed economico all'operazione, Stefano
Perego aka Millepercento. Tre privati appassionati. Mala tempora currunt ... e cara
grazia!
Mettiamoci un po' di cronaca. E' un sabato pomeriggio rovente, nel
cuore della Brianza presso la Millepercento quando poggio le chiappe
sulla BB1 bianconera. La prima sensazione è di leggerezza
mantenuta: nonostante l'impatto volumetrico accresciuto, soprattutto
per via della carrozzeria accresciuta per camuffare il radiatore, la
bilancia segna addirittura un lieve calo di peso. D'altronde questo
motore coi suoi materiali nobili non fa fatica ad essere più leggero del
monumento Guzzi 'standard'. Una raccomandazione mi giunge prima di
partire: occhio col gas. Fatto un rapido calcolo del costo di
un'eventuale riparazione decido di non ignorare la raccomandazione, e
bastano pochi metri per rendersi conto che farlo sarebbe un suicidio.
Basta aprire leggermente la farfalla per sentirsi scaraventare addosso tonnellate
di coppia (14,6 nm il picco massimo!) e ti chiedi dov'è quel TIR che ti ha tamponato. Complice anche il gas
molto sensibile, unico neo (prezzo ed estetica a parte) di questo
bolide, che dà un po' di preoccupazione in caso di pioggia o
fondi sdrucciolevoli. Va usata effettivamente una certa cautela
perchè qui non c'è da aspettare determinati regimi per
sentire la coppia del motore. Già appena sopra i duemila giri
c'è una spinta che nessuna Guzzi si è mai sognata prima.
Impressionante. Solo attorno ai 4000 giri (mi verrebbe da dire
'fisiologici') si avverte un vuoto d'erogazione, anche se definirlo
'vuoto' è certamente fuori luogo.
Passati i primi momenti di 'calibrazione'
pian piano provo ad aprire con sempre maggiore generosità, e
appena il traffico me lo concede lascio un po' di margine al
capo-staffetta per vedere che succede. Bastano pochi gradi di rotazione
per essere scaraventati brutalmente in avanti quanto la lancetta del
contagiri verso l'alto, provocando in un attimo l'accensione della spia
rossa del limitatore e l'accensione della spia dell'adrenalina. Che bei
problemi!! Mai sentito qualcosa di così brutale su una
motocicletta. Ma non è che sia obbligatorio viaggiare sempre in
gran tiro: il traffico mi costringe a verificare anche la dolcezza e
regolarità nel viaggiare a velocità costante, magari con
un pelo di gas: nessun problema.
D'ora in avanti è bene cambiare un po' elementi di paragone:
inutile paragonarla a una Guzzi in regolare produzione: questo mostro
di coppia va paragonato a bolidi come il nuovo V-Max che ho avuto la
fortuna di provare di recente. Più che una muscle-bike andrebbe detto che è una wrestling-bike da quanta
trippa c'è! E rispetto alla ipervitaminizzata giapponese
ci sono un po' di differenze. La V-Max gode di molti più cavalli
ed è veramente un missile infinito, ma come sensazione di coppia non c'è storia: la differenza di
erogazione della BB1data dal frazionamento diverso emerge
evidentemente. Mentre sulla giapponese si viene proiettati
nell'iperspazio in maniera progressiva e sì in maniera
impressionante ma non violenta, sulla BB1 è la sensazione di coppia brutale e inesauribile (fino al
limitatore ovviamente) ad emergere. E' la differenza tra la presenza
prepotente da subito del bicilindrico rispetto alla progressione del quattro
cilindri. Il tutto inserito in una ciclistica sicuramente più
agile (per quanto tutto sommato anche la V-Max se la cava meglio di
quanto dica la bilancia) e più facile, eccetto che nel dosaggio
della coppia che non godendo di alcun ausilio elettronico richiede
più cautela sulla BB1. Non mi sento di affermare che cotanta
potenza esuberante metta in crisi la ciclistica: non
ho avuto molte possibilità di verificarlo, ma in un tratto sconnesso
in uscita di curva in piena accelerazione ho preso un dosso che mi ha
fatto decollare per un attimo a moto piegata, e l'atterraggio è
stato senza alcuno squilibrio, nonostante l'asfalto brianzolo
paragonabile a quello di Grozny.
Peccato che il giro dura poco e che il traffico non consenta di far
scorrere più gas tra le valvolone in titanio. D'altronde questo
non ha la pretesa di essere un vero test quanto il resoconto di un
giretto sulla giostra nel paese dei balocchi. In ogni caso, non c'è dubbio che se
potessi me la porterei a casa anche fallata. Magari riverniciandola
tutta nera, collettori compresi. Perchè più cattiva di
lei non ce n'è. Immensa.
©
Anima Guzzista
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