Quando
la Moto Guzzi si ritirò dalle corse nel 1957, la produzione si concentrò su
mezzi utilitari quali lo Stornello. Questi progetti però non soddisfacevano una
persona della levatura di Giulio Cesare Carcano, capace di creare motori come
l'otto cilindri Guzzi da competizione del 1955, un esperimento che rappresentava
lo stato dell'arte del mondo motociclistico a livello mondiale, ed ancor oggi
insuperato.
Un
pò per sfuggire alla noia, un pò per esercizio personale, Carcano cominciò la
progettazione di un motore che avrebbe dovuto equipaggiare la sua Fiat 500, auto
che gli piaceva molto ma che non aveva un motore molto vivace. Era un
bicilindrico a V di 90 gradi per limitare le vibrazioni, con distribuzione ad
aste e bilancieri e con albero motore e bielle montati su cuscinetti a
strusciamento (quindi bronzine) per un discorso di semplicità ed economicità
di costruzione.
In
una intervista concessa alla rivista Motociclismo, Carcano dichiara che la Fiat
500 equipaggiata con il suo motore viaggiava tranquillamente a 140 km/h, tanto
da suscitare l'interesse della Fiat. Si arrivò molto vicino alla definizione
dell'accordo per la fornitura dei motori alla Fiat ma alla fine la casa
automobilistica fece marcia indietro per motivi rimasti misteriosi al grande
pubblico.
L'occasione
giusta per sfoderare il suo progetto, Carcano l'ebbe con un concorso
ministeriale della Polizia di Stato, a quel tempo equipaggiata con il Falcone,
moto che era prestazionalmente limitata rispetto allo sviluppo subito dai
veicoli in circolazione in quel periodo.
Il
bando parlava di una moto capace di arrivare a 100.000 km senza necessità di
grandi interventi e facilmente riparabile per non avere lunghi tempi di fermo
macchina in caso di guasti.
Il
lavoro per la moto da presentare alla Polizia cominciò nel 1964.
Carcano
stesso ci dice che il motore che progettò per partecipare al concorso non aveva
più nulla in comune con il motore montato sulla sua 500 tranne l'architetture
dei cilindri a 90 gradi frontemarcia.
Infatti
la lubrificazione passò da carter secco (quindi con olio separato) a carter
umido (con olio nella coppia). Le pompe dell'olio di mandata e recupero vennero
sostituite da un'unica pompa di mandata. I due alberi a camme vennero sostituiti
da un unico albero al centro della V. Vennero adottati cilindri cromati che per
la prima volta in assoluto venivano usati su una tale cilindrata. Il carburatore
doppio corpo venne sostituito da due Dell'Orto da 29 mm. L'accensione era a
spinterogeno con spazzola rotante. La trasmissione era con frizione sul volano
bidisco a secco di tipo automobilistico. Il cambio separato era in alluminio con
quattro rapporti sempre in presa. La trasmissione finale era ad albero con un
giunto omocinetico all'uscita del cambio e coppia conica sulla ruota. L'energia
elettrica veniva fornita da una dinamo di 300 W a 12 V che era la più grande
mai montata su una moto. La batteria da 32 Ah permetteva di adottare un motorino
d'avviamento di tipo automobilistico oltre a tutti i servizi necessari ad una
moto della Polizia (sirena, radio ecc.). Il telaio era a doppia culla continua
in tubi con il forcellone oscillante e la trasmissione racchiusa nel braccio
destro del forcellone stesso. Posteriormente le sospensioni erano costituite da due ammortizzatori idraulici regolabili su tre posizioni.
Anteriormente invece venne adottata una forcella teleidraulica.
La
prima versione di questa nuova moto, aveva una cilindrata di 703,3 cc, una
potenza di circa 35 CV, un peso di 250 Kg. e raggiungeva la ragguardevole
velocità di 150 km/h.
Nel
1965 cominciarono i collaudi sia da parte della Guzzi che da parte della
Polizia. A novembre dello stesso anno la moto viene anche presentata al
Motosalone di Milano in versione civile, con motore potenziato a 40 CV a 5800
giri che permetteva una velocità massima di 164 km/h con un peso al netto delle
attrezzature militari di 230 Kg.
Contemporaneamente
si dimostra interessata al progetto anche la polizia californiana, nota per la
sua severità in fatto di collaudi per la scelta dei mezzi d'ordinanza.
Nel
1966 inizia la produzione della V7 per la Polizia ed i mercati esteri.
Nel
1967 inizia la vendita al pubblico italiano con un prezzo di 725.000 lire.
La
moto civile era rossa e argento con i pannelli cromati al serbatoio ed il telaio
nero.
Rimase
in produzione fino al 1969 quando venne rivista da Lino Tonti nella meccanica e
nel nome.
Nacque
così la V7 Special.
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