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I confronti impossibili: 

Norge 

vs 

V11 Verde Legnano?

 

di Antonio Cannizzaro 

  

Ho deciso di provarla. Dopo Gattostanco, dopo MauMau, dopo tutti gli altri che mi perdoneranno perche’ non posso menzionarli tutti, ho deciso di farmi una mia idea sulla Norge.  Insieme a Davide, il mio socio (irriducibile BMWuista GSista), che dopo avere irretito con una estesa e prolungata prova della mia V11 (appena ‘corretta’ con modifica forcella ORAM, Camma Scola OSS2, rimappatura centralina e carburazione by MurryFactory e Michelin PilotPower 2CT), ho convinto a seguirmi a Mandello da Agostini, per prendere contatto con il mezzo.  Benche’ egli sia in stadio post-riproduttivo (due bimbe piccole), si picca di essere un macina-kilometri, quindi sulla carta e’ interessato alle tourer carenate (tipo LT, Norge e similari).  Io da parte mia preferisco viaggiare da solo, accrocchiando i bagagli con elastici e ragni (e disporre di un mezzo piu’ snello e sportivo).
Riserviamo la moto per un noleggio di mezza giornata (piu’ che sufficiente ad un’impressione di guida).  La cortesissima Alis ci consegna la moto, e Davide si mette subito al manubrio.  Lo guido su’ verso Varenna, per imboccare lo stretto budello che si inerpica in direzione di Perledo e la Valsassina.  Il giro della Grigna e’ uno dei miei itinerari preferiti, ci porto sempre le mie Guzzi, per far loro respirare l’aria di casa.  La strada mi e’ familiare, e dapprima Davide rimane indietro di qualche lunghezza… cavolo, la camma Scola rende praticamente superfluo l’utilizzo del cambio: il motore tira fluido fra i 2000 e i 7000 giri senza strappi o incertezze, con una bella pulsazione che e’ un piacere da sentire sotto ai polsi.  Il tendicatena ha eliminato ogni fruscio, e adesso la tonalita’ di scarico si apprezza indisturbata… Che motore! Che moto! Inanello i tornanti uno dopo l’altro, facendo scendere la forcella con una minima pressione della pedana, in un balletto leggero, e riaprendo con ritmo in uscita… una vera libidine!
Dopo aver abbondantemente grattugiato le punte delle scarpe nella traversata della strada a mezza costa, arrivati a Esino Lario ci fermiamo per un caffe’ e raccolgo i primi commenti da Davide.  Lui pero’ non e’ entusiasta a mille della sua moto.  Mi parla di poca maneggevolezza nel misto stretto, di sospensioni soffici, di un motore un po’ fiacco.  Boh?  Io mi ricordo del suo GS (un 1150) che ho portato spesso, con la sua forcella tele-lever che mi fa arrivare lungo in tutte le curve, e quella vibrazione del boxer che non riesce piu’ di tanto ad emozionarmi.  Ci sentiamo di due pianeti differenti.  Saliamo ancora, verso il passo Agueglio e la strada  panoramica sul lago, continuando ad inanellare curve, io con il mio V11 (perfetta sintonia), lui dietro di me con la Norge: sembra che dopotutto ci stia prendendo mano.  Inizia la discesa verso Parlasco, la strada e’ un po’ dissestata.  Lui mi si affianca e mi fa un gesto eloquente: ‘su quella bella ci sei seduto sopra tu!’.  Io zig-zago fra buche e brecciolino, e rimpiango un po’ la ciclistica morbida della Norge, e anche l’ABS…
Arrivati a Cortenova (meta’ giro) accostiamo e scambiamo le moto.  Salgo in sella e guardando i blocchetti dei comandi l’impressione e’ come di una moto un po’ piu’ economica (e deve essere il feeling che ha avuto anche lui, abituato alle solide plastiche BMW).  L’assetto e’ ovviamente piu’ seduto, soffice e confortevole. Le sospensioni sono belle morbide. Penso subito: non fa per me! (almeno – non per i prossimi 10 anni). Accendo il motore con la ‘divertente’ (e sottilmente inquietante) procedura della lieve pressione  del tasto di avviamento-e-poi-fa-tutto-lei, quindi il motore va in moto con un lieve ronzio sornione.  Tutt’altra tonalita’, rispetto allo scarico profondo del mio V11 (con aspirazione libera).  Il cambio e’ un pelo piu’ secco, ma siamo sostanzialmente li’.  L’erogazione e’  un po’ piu’ lineare (di quella ora vitaminizzata della mia moto), ma non trovo grossissima differenza. A detta di Scola i CV dovrebbero essere suppergiu’ gli stessi.  Si viaggia piu’ alti, non come su un’enduro, ma comunque abbastanza per scrutare oltre la fila di macchine e decidere sul prossimo sorpasso in sicurezza.  Il parabrezza (regolabile – ma non ho capito come) a velocita’ da strada statale mi investe il casco con una turbolenza un po’ fastidiosa che mi rimbomba in testa. Sara’… io sono abituato a sentire la pressione dell’aria addosso (cosi’ mi regolo e so a quanto vado – anche se dopo i viaggi estivi torno a casa come una specie di stecco di piretro).  Il bel manubrione da’ una sensazione di controllo del mezzo, e tutto (comandi, indicatori, strumenti) sembra al posto giusto.  Si vede che e’ una moto pensata per fare chilometri.  Accenno un sorpasso sulla statale, prima del bivio per Barzio, e mi lascio indietro 3 macchine in completa scioltezza.  Il motore risponde senza incertezze, con un frullio quasi duetempistico.  Niente buchi di erogazione, poche vibrazioni (anche troppo poche). Pero’?!..
Arrivati a Ballabio, voltiamo a destra, verso la salita che porta ai Piani Resinelli.  Si tratta di una salita di 9 km, 14 tornanti, inframmezzati da curve medio-veloci, ‘esse’ cieche a strapiombo sul nulla, cambi di pendenza… una vera goduria per il corpo e per la mente. La Ballabio-Resinelli, utilizzata per una celeberrima corsa in salita, regalava il suo nome al modello V11 a manubrio alto. E’ una delle mie strade preferite, anche se ricordo ancora la prima volta che la feci con il mio V11 nuovo di pacca: una delusione completa… il Verde Legnano non e’ moto che si fa possedere facilmente in quattro e quattr’otto.  Diametralmente opposte le sensazioni che mi diede la Griso 1100 quando la provai su questo tratto di strada.  Questa moto del nuovo corso Guzzi e’ talmente intuitiva che si riesce immediatamente a portarla al limite anche sulle strade piu’ difficili.  Adesso sto cavalcando la Norge, che sulla carta non dovrebbe essere la moto piu’ indicata per una salita di montagna.  Il secondo tornante, verso sinistra, ha il rivestimento in porfido: la moto si corica, ha un lieve sobbalzo e il cavalletto sfrega abbondantemente sul selciato… urgh! Meglio non esagerare! Chi glielo racconta dopo, ad Alis…  Mi estraggo dal tornante con una bella sgasata, e la moto cabra (divertente, pero’!), la inclino bene sui tratti misto veloci, e le sensazioni trasmesse dalla ciclistica sono sempre di estrema sincerita’.  Arrivo sui tornanti: basta pensarli e la moto e’ gia’ dentro.  Non mi sembra poi cosi’ goffa questa moto… Il problema di pedane/cavalletto che toccano, in effetti… Forse si sono sacrificate la comodita’ della seduta e la morbidita’ dell’assetto alle velleita’ di tenuta di strada e di piega.  La salita  termina con una raffica di tornanti ravvicinati, e infine un tratto misto in mezzo ai prati montani e a un bellissimo panorama (in cui ti aspetteresti di vedere le caprette di Heidi). Piego la moto senza troppo ritegno e, arrivato in cima mi arresto sul piazzale dei Piani Resinelli, ricongiungendomi con Davide, che e’ subito dietro di me.   Decidiamo di scendere.  I tornanti affrontati al contrario sono alquanto impegnativi per l’impianto frenante, ma i dischi Brembo non hanno la minima incertezza a rallentare la moto.  L’asfalto e’ leggermente rattoppato nella parte alta del tracciato, ma non si sente mai alcuna intrusione dell’ABS.  I pompanti della forcella lavorano fin quasi a fondo corsa, e la moto guadagna molta maneggevolezza in inserimento, grazie all’effetto-avancorsa.  Anche questa e’ una Guzzi del nuovo corso: una di quelle moto che dove-le-metti-stanno.  Sono moto estremamente intuitive e facili da guidare, appena le prendi in mano riesci subito ad ottenere il 95% di quello che sanno dare.  Tutt’altra cosa rispetto alle moto di qualche tempo fa, che andavano prima capite, e magari adattate e messe a punto per le proprie esigenze. Dovrebbero essere facili da vendere (quelle nuove, dico): una bella prova di mezz’oretta, e il cliente e’ convinto.  Il ritorno verso Mandello mi permette di assaggiare qualche tratto a velocita’ (un po’ piu’) sostenuta, nelle gallerie del By-pass di Lecco citta’.  Il riparo aerodinamico offerto dalla carena aiuta a non affaticarsi troppo, anche se e’ presente una certa turbolenza sul casco, probabilmente eliminabile con un’opportuna regolazione dell’altezza del parabrezza.  Per farlo servono pero’ degli appositi attrezzi (o la dotazione della costosa regolazione elettrica).
Il sabato successivo non resisto alla voglia di tornare sulla Ballabio-Resinelli con il mio V11.  Quante volte ho rifatto quella strada, dopo la delusione dell’iniziazione?  Nel tardo pomeriggio dei weekend pero’, vietato sbagliare traiettoria: pena ritrovarsi di fronte a un minivan carico di una famigliola di ritorno dalla gita in montagna, e dover ripiegare verso la scarpata (o la dura roccia della Grigna).  Quel tratto di strada e’ uno dei piu’ entusiasmanti per la ciclistica del V11 prima serie, perche’ con il suo alternarsi di curve sempre differenti e di cambi di livello, non concede un attimo di respiro.  Quanta piu’ soddisfazione da’ questa ciclistica piu’ granitica, con delle gomme che tagliano i tornanti come rasoi.  I semi-manubri danno l’impressione di incombere sulla forcella, mentre le piante dei piedi spingono ritmicamente sulle pedane.  La sensazione e’ di controllo ed efficacia totale.  Ci si mette un po’… ma che goduria…


 

© Anima Guzzista