MOTO
Daytona
1000
...la
genesi
di
Roberto Masperi
Gli anni 88-89, per un guzzista
come me di indole prettamente sportiva, furono linizio di unavventura
che, sebbene tra varie peripezie, ebbe il suo lieto fine
nellestate dellanno 1992.
In quegli anni nellambito del mondo delle corse su strada stava
nascendo un rinnovato fervore per un nuovo tipo di competizioni che
utilizzavano motociclette derivate strettamente dalla serie e che facevano
della spettacolarità e dellincertezza sui risultati il
loro punto di forza.
Ben presto anche in Europa si sviluppò un movimento analogo,
culminante nel 1988 con la nascita del primo campionato internazionale
di Superbike con moto derivate dalla serie, che anno dopo anno vide
aumentare in modo esponenziale il suo gradimento presso il pubblico.
Inoltre accanto a questo campionato trainante nacquero anche altre categorie
e competizioni minori che, sullesempio delle varie serie americane,
presero sempre più piede anche nel nostro paese.
Le due categorie che più si svilupparono, vuoi per i costi tutto
sommato abbordabili che per la loro spettacolarità e libertà
di regolamenti, furono la Battle Of The Twin (BOTT) e la Battle Of the
Single (BOS). Per dirla in italiano la gara dei bicilindrici e dei monocilindrici.
In Italia si risvegliò di colpo la vena sportiva alquanto assopita
degli appassionati dei due grandi marchi italiani produttori di bicilindrici:
Moto Guzzi e Ducati. Da qui partì una sana rivalità che
portò a competizioni e a campionati tiratissimi fra i vari preparatori
dei due marchi, con vittorie ora di uno ora dellaltro fino agli
ultimi anni, quando con lingresso in forma ufficiale della Ducati,
forte dellesperienza fatta nella Superbike, venne a mancare quellequilibrio
di forze in campo che è lingrediente principale per un
campionato o una serie di successo.
Ma abbandoniamo il discorso generale, utile per inquadrare quel periodo
storico del mondo delle corse, per parlare della Moto Guzzi e della
nascita di quella fantastica moto che si chiamerà Daytona 1000.
La Moto Guzzi in quegli anni non è che se la passasse molto bene.
Dopo la sua grande crisi e conseguente amministrazione da parte dello
Stato era stata rilevata dal finanziere Alejandro De Tomaso, che con
lacquisto anche della Benelli e della Innocenti aveva sì
creato un grosso gruppo industriale ma che ai fini pratici non portò
nessun vantaggio alla Moto Guzzi, sia a livello organizzativo che finanziario.
Ciononostante la Moto Guzzi sopravvisse e anzi tentò di rinnovarsi
con lintroduzione di nuovi modelli che però si basavano
sempre sul mitico ed indistruttibile bicilindrico due valvole dellingegner
Carcano.
Nel frattempo negli Stati Uniti, durante la famosa settimana di gare
che si svolgeva a Daytona sul celeberrimo anello stradale, incominciava
a mettersi in luce un preparatore locale, tale John Wittner, un ex dentista
con la passione per le corse e guarda caso appassionato della Moto Guzzi.
Da questo suo passato da medico, per tutti John divenne
il mitico Dr. Jonh.
Con le sue moto e il suo ingegno sviluppò bolidi fantastici che
vinsero gare e campionati nelle originali BOTT americane.
De Tomaso, anche lui personaggio alquanto particolare, si innamorò
di questo ex dentista un poco strano ma geniale e vincente e oltre a
finanziarlo gli diede da sviluppare un nuovo motore con testata a quattro
valvole che nel frattempo in Moto Guzzi avevano messo a punto, pur tra
mille difficoltà, e con un po di fortuna avrebbe dovuto
essere la base per una nuova moto sportiva in grado di rilanciare il
marchio Moto Guzzi.
Intorno a questo motore, che coniugava da una parte le dimensioni di
un due valvole con la potenza di un quattro, Dr. John costruì
una moto che più semplice ed efficace non poteva essere, applicandovi
l'invenzione che aveva testato vittoriosamente nel BOTT: una struttura
monotrave che passando in mezzo alla V creata dai due cilindri univa
direttamente il canotto di sterzo con un traverso posteriore e due piastre
che a loro volta reggevano il monoammortizzatore posteriore ed il forcellone.
Una vera rivoluzione rispetto ai pur validissimi telai doppia culla
delle serie Le Mans, che sicuramente creò un bel
trambusto nellambiente guzzista. Ma senza addentrarci troppo in
descrizioni tecniche dirò che la moto, ben condotta dal pilota
americano Doug Braunek, si mise subito in luce nelle serie americane
riservate alle bicilindriche e sopratutto nelle gare disputate sul mitico
catino di Daytona che avevano una grande cassa di risonanza anche in
Europa. Fù così che nellanno successivo, il 1989,
De Tomaso decise di invitare in Europa il piccolo team del Dr. John
per dimostrare anche qui da noi le sue capacità e quelle della
moto. DallAmerica John portò oltre alle moto il pilota
Braunek, alcuni meccanici e tutto il suo entusiasmo a cui si aggiunsero
come appoggio il figlio del presidente De Tomaso, Santiago e Maurizio
Valli, persona che per capacità tecniche ed umane era il giusto
collante tra la fabbrica, il mondo guzzista italiano ed il Dr. John.
Fu scelta per il debutto una manifestazione che era nata in quegli anni
sullo storico circuito di Monza: la Due Giorni Internazionale, ottimamente
organizzata dal Motoclub Inverunese. A queste gare partecipavano personaggi
di spicco provenienti da tutta Europa che si sfidavano in varie categorie
di competizioni.
La Daytona
al box prima della gara: all'opera John Wittner |
Doug Brauneck
si schiera in prima fila |
Il clou della manifestazione era comunque, sulla falsariga delle serie
americane, la Battle Of The Twin. In gara cera anche lex
campione del mondo della 500 Marco Lucchinelli alla guida di una Duicati
851 ufficiale, moto che già cominciava a farsi apprezzare nel
sempre più importante campionato Superbike e che per le sue prestazioni
rispetto alla concorrenza era considerata da tutti su un altro pianeta;
come di un altro pianeta erano la capacità organizzativa e i
mezzi a disposizione del team della casa bolognese.
Sebbene attratti ed incuriositi dal nome del Dr. John, nessuno considerava
seriamente la piccola Moto Guzzi. Fu così che il venerdì
antecedente la gara iniziarono le prime prove libere in cui il rosso
pilota Brauneck cominciò a familiarizzare con la tremenda pista
di Monza che non aveva mai visto prima e che non era ancora stata rovinata
del tutto nelle sue forme da quei totalitaristi della Formula Uno con
le loro assurde chicane e curve modificate per adattarle alle loro esigenze.
Allora la pista era una di quelle toste e la cartina di tornasole con
cui si evidenziavano le doti di ogni buon pilota e le capacità
della moto era la seconda curva di Lesmo.
Solo pochi piloti erano in grado di percorrerla in pieno.
In quelle prove libere si capì che a farlo, oltre al mito Marco
Lucchinelli, cera un solo altro piccolo pilota con la tuta bianca,
la moto bianca e rossa ed un cuore grande così: Doug Braunek
e la sua Moto Guzzi!
Il piccolo team diretto dal Dr. John girava al meglio allombra
di unanonima tenda nel vecchio paddok dellautodromo di Monza.
La moto veniva revisionata e regolata direttamente da John coadiuvato
dai meccanici e dal compianto Maurizio Valli, mio grande amico.
Conservo ancora gelosamente un pneumatico posteriore usato da quella
moto e che Maurizio mi regalò allindomani di quella gara!
Fu così che nelle prove ufficiali Marco Lucchinelli, dallalto
della sua bravura, staccò la pole-position con un giro strepitoso
sul piede dei due minuti, un gran tempo per lepoca. Ma Braunek
non gli fu da meno venendo distanziato solo di pochi centesimi e conquistando
così il secondo posto in griglia, un eternità davanti
a tutti gli altri.
Ultimi
consigli prima del VIA! |
Doug e
la Daytona in testa alla gara |
Avreste dovuto vederlo a Lesmo, con la moto praticamente sdraiata per
terra ed il gas tutto aperto! Sicuramente Lucchinelli non se laspettava
è cè una foto emblematica scattata sulla griglia
di partenza in cui dalla sua posizione in pole guarda incuriosito quel
pilota e quella moto e sembra dire: ma chi sono questi?!?
La gara partì con Lucchinelli subito in testa con un paio di
secondi di vantaggio sugli inseguitori. Braunek non partì benissimo
e si trovò un po bloccato da avversari più lenti
di lui, ma dopo pochi giri cominciò a carburare e a macinare
avversari girando sui 201, un passo incredibile per lepoca!
Col proseguire della competizione anche Lucchinelli non poté
resistere più di tanto e già a metà gara la Moto
Guzzi era sola al comando, irraggiungibile da chiunque, anche perché
nel frattempo la Ducati di Lucchinelli si era dovuta ritirare. Già
io e tutti i guzzisti sognavamo ad occhi aperti una vittoria che che
chissà quali scenari avrebbe potuto aprire su Wittner, la Moto
Guzzi e le sue nuove moto sportive, quando accadde limponderabile.
Un banale guasto elettrico, la rottura di un cavo candela, portò
al ritiro Braunek e la sua Moto Guzzi da una gara praticamente vinta.
Fu una delusione fortissima, solo in parte mitigata dal vedere il Team
e lo stesso Dr. John ricevere i complimenti da tutto il paddok di Monza,
avversari compresi. In ogni caso la moto una coppa la vinse, quale miglior
novità tecnica e prestazionale della manifestazione. Dr. John
aveva comunque trionfato ed io ne ero felice.
Al box,
dopo la sfortunata corsa, con la coppa per la migliore novità
tecnica |
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Grandissimo Doug!
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Ancora oggi, se penso che a quellepoca Ducati e Moto Guzzi erano
sullo stesso piano e guardo dové oggi la Ducati mi domando
dove sarebbe potuta arrivare anche la Moto Guzzi se avesse avuto la
possibilità di sviluppare un progetto che purtroppo, per vari
motivi che non voglio elencare, non ebbe la fortuna di essere portato
avanti nella giusta misura; peccato.
Dopo questa gara seguirono poche altre saltuarie esibizioni, ma probabilmente
la non florida situazione economica e finanziaria della Moto Guzzi tarparono
le ali ad un team e a delle moto che con il giusto appoggio tanto avrebbero
potuto dire nel panorama sportivo motociclistico dellepoca. Queste
gare però un merito lo ebbero: creare nella dirigenza Moto Guzzi
la volontà di mettere in produzione una replica di queste moto,
che nel bene e nel male avevano creato soprattutto nellambiente
guzzista laspettativa di una sportiva allaltezza della concorrenza.
1989,
Salone di Milano: presentazione della replica Daytona |
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Per ora è un sogno... |
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Il prototipo
viene presentato anche a Mandello |
Alcuni
particolari del motore e il forcellone, in fabbrica a Mandello |
Al salone del Ciclo e Motociclo del 1989, infatti, fu presentata una
fedele replica della moto ideata dal Dr. John con linedito motore
a quattro valvole, che subito fra lentusiasmo della gente fu eletta
reginetta del salone, accendendo sulla Moto Guzzi e sul suo nuovo prodotto
i riflettori della stampa specializzata che spesso aveva snobbato e
criticato loperato della casa di Mandello.
Per me fu linizio di un calvario fatto di attese e di aspettative
andate deluse. Difatti io, come tanti altri, ero pronto ad acquistare
quella bellissima moto anche il giorno successivo alla chiusura del
salone, ma purtroppo, come ci ha ben abituati la Guzzi, per vari motivi
la produzione veniva ritardata sempre più.
Dovevano passare almeno altri due anni e mezzo prima di riuscire a venire
in possesso della mia Daytona 1000. Eh sì, era quello il nome
dato a quella fantastica moto che turbava i miei sonni di guzzista sfegatato.
La moto, prima di venir industrializzata e quindi prodotta, subì
tutta una serie di modifiche sia di carattere tecnico che estetico che
la portarono ad avere una nuova veste rispetto al primo prototipo visto
al salone di Milano del 1989. Le modifiche più vistose furono
quelle estetiche. Allinizio la moto aveva una carena integrale,
un codino minimalista ed una colorazione bicolore bianca e rossa che
richiamava molto da vicino laspetto della moto da corsa.
Questa veste però, probabilmente, non permetteva di alloggiare
sulla moto tutto ciò che serviva al mezzo di serie per poter
circolare e superare i vari test domologazione. Si passò
così nel giro di un paio danni di sperimentazioni (con
buona pace di noi guzzisti che fremevamo nellattesa) ad una rivisitazione
di tutte le carene della moto che ne modificarono laspetto, migliorandolo
(per fortuna) e modernizzandolo. Fu così che nel 1991, durante
una visita alla fabbrica della Moto Guzzi, il Dr. John in persona ci
fece vedere il prototipo in veste definitiva con la nuova semicarenatura
e labbondante codone monoposto.
La versione
definitiva, a Mandello nel 1992 |
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Non dimenticherò mai quei momenti: la moto era bellissima ed
io la rimiravo mentre Wittner, con il suo italiano strampalato, ce ne
illustrava le caratteristiche. Eh sì, per lui era una sua creatura
che aveva visto crescere e svilupparsi in anni di duro lavoro. Anche
per noi quella moto sembrava già nostra, con tutto quello che
ci aveva fatto passare e per quanto lavevamo desiderata. Ma ora
era lì, con quella sua bianca colorazione in attesa di diventare
rossa come tutte le Guzzi che si rispettino e noi avevamo dimenticato
tutto il passato!
Anche a livello meccanico ci furono dei cambiamenti. Allinizio
si cercò di sviluppare la versione a carburatori; difatti i primi
prototipi così erano alimentati, ma in seguito questa soluzione
fu abbandonata in favore delliniezione, che in quel periodo cominciava
a prender piede anche nelle moto facendo intravedere tutte le potenzialità
che un motore con questo tipo di alimentazione poteva dare. Furono rifatti
completamente anche limpianto di scarico e la scatola filtro migliorando
la respirazione del motore e le sue prestazioni, pur rimanendo nei vincoli
imposti dai test di omologazione. Seguirono altre piccole modifiche
in vari particolari fino a quando, a metà del 1992, furono consegnati
i primi esemplari di questa fantastica moto, a tuttoggi la capostipite
delle Guzzi sportive ancora in produzione.
Il coronamento
di un sogno |
L'elaborazione
finale |
Fu una soddisfazione immensa entrarne in possesso ed ancor più
poterla utilizzare come una sportiva di razza senza timore reverenziale
nei confronti di nessuno.
Quante soddisfazioni mi ha dato questa moto, sia per strada che su pista
e che base robusta e sincera è stata per le successive elaborazioni
ed incrementi di prestazioni operate dai vari preparatori, come ad esempio
il mitico Bruno Scola
Ma questa è unaltra storia... se fate i bravi un giorno
ve la racconterò!
A MAURIZIO VALLI DOPO 10 ANNI
Nulla è cambiato
La fantasia corre ancora a due cilindri
quattro otto valvole nel cuore
e l'aquila sempre lì, davanti agli occhi
Il tuo sorriso sotto i baffi...
tutto è come sempre sarà
come vuoi tu Maurizio
e Luca e Fulvia
I tuoi amici
© Anima Guzzista
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