La Sfida II

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GRENOBLE-ADRIA-PARIS, 10-13 GIUGNO 2005

 

 

SCUSI, VADO BENE PER ADRIA?

 

di Goffredo. Foto di Lupo Alberto & Quellidellelica


È parecchio che non scrivo un racconto, o un resoconto di viaggio per il sito. Stavolta però tocca farlo: il viaggio e il weekend in pista meritano di essere raccontati, dunque andiamo a cominciare. Anzi, per fare le cose come si deve dobbiamo tornare indietro di qualche mese quando Alberto comunica al mondo che la Sfida II si farà! Appuntamento per tutti l'11 e 12 giugno ad Adria, in provincia di Rovigo: Guzzi, Buell, BMW, Triumph e Ducati in pista! Niente missiloni jap ma solo una sana congrega di cancelli vecchi e nuovi per divertirsi e sfidarsi bonariamente e, diciamo così, ad armi pari. Chi c'era l'anno scorso non ha ancora smesso di parlare bene dell'evento, quindi non esito e mi iscrivo in un nanosecondo. Come arrivare ad Adria (non proprio dietro l'angolo se partite da Parigi..) lo vedremo più in là. Per adesso ci iscriviamo. E non sarò il solo dalla Francia, visto che l'amico Jean-Marc di Grenoble mi prega di fare anche una iscrizione a suo nome: porterà in pista la sua Supertwin 4V!

Tutto questo lo si decideva intorno ad aprile maggio, nel frattempo c'era da preparare il viaggio in Sardegna per il raduno Aquile in Atlantide. I viaggi anche lunghetti non hanno mai particolarmente dato fastidio né a me, né alla mia eccezionale passeggera Fra né men che mai al V11; però un'occhiata alla piantina e al calendario la do comunque e decido quindi che al ritorno dalla Sardegna lascerò la moto a Grenoble per ritornare a Parigi in treno per poi ripartire per la Sfida con le moto già sul rimorchio di Jean Marc dopo due settimane; va bene la passione per i viaggi ma se mi posso risparmiare 1200 km di noiosa autostrada...ben venga il TGV! Già che ci sono, lascio a Jean Marc i due dischi usati comprati a Roma da CP che Fange mi ha portato in Sardegna. È già perché in Atlantide ci sono arrivato con dei freni saltellini che era uno spettacolo. La diagnosi è incerta: il disco destro presenta delle sfiammate colossali e si vede quasi ad occhio nudo che è storto. Sulle cause il dibattito degli esperti si arena: forse il cerchio danneggiato? le pastiglie montate storte che ad ogni frenata storcono il disco? Jean Marc e il suo meccanico Ducati Grenoble risolvono l'arcano: montano i dischi nuovi e soprattutto cambiano le pastiglie troppo dure con delle pastiglie più morbide: finiti i saltelli, il V11 torna a beneficiare della sua proverbiale frenata micidiale anche se con una corsa alla leva triplicata rispetto a prima. Ma questo lo scoprirò dopo, torniamo un passo indietro.

Dunque si diceva della Sardegna, penultimo fine settimana di Maggio. Io e Fra partiamo da Parigi, ci fermiamo ad Aosta, nel miglior albergo del mondo (Hotel Mignon) e ceniamo nel miglior ristorante del mondo (Trattoria Cesare & Lucia). Cesare fa finta di ricordarsi benissimo di me, mi da del tu - del resto lo fa con tutti - ci delizia con degli antipasti abbruzzesi da paura, adeguato prologo all'amatriciana di Lucia di fronte alla quale scatta l'applauso. Come d'abitudine, dopo dieci minuti siamo già mezzi ubriachi a strillare tra un tavolo e l'altro. Finiti l'arrosto (uuhm...) , i carciofini, (ooh...) la toma di Gressoney (aaah....), mi lascio tentare da un grappino (la vuoi assaggiare quella che facciamo noi al paese, Goffre'?) che ha il suo perché. Paghiamo il conto stratosferico (15 euro a testa), passeggiatina nel centro di Aosta privo di ogni forma di vita organica e poi a nanna. Il giorno dopo partiamo alla volta della Liguria: mia mamma (fiiiiiiiiiiiiiigghiu in Italia sei!!!) infatti si è mobilitata e si è inventata un impegno in Liguria all'uopo. Lungo la strada prego Francesca di sopportare una mia personale mania: il monte Cervino, la cosa più bella del mondo. Deviazione in Val Tournenche (uau che stradina!!) per una ventina di km, fino a quando, all'improvviso, in fondo alla valle si staglia la sagoma inaudita del Cervino. Supernature si mette in posa da sola, fotina, attimo di estasi e si riparte.
L'idea era di fare autostrada fino agli appennini per poi ingigantirsi sui falsi piani delle strade liguri molto Franche e Iolande ma inizia a piovere e quindi decidiamo di tirare dritto fino a Rapallo, nostra meta.
La mia personale rubrica Ristoranti del Tigullio si arrichisce di un nuovo straordinario capitolo a San Rocco. Voi direte e chi se ne frega e non posso darvi torto.
A Genova un salto da Stagi è d'obbligo, per ammirare la Coppa del No Hay Problema Racing Team, ovvio, e per tentare una prima diagnosi ai freni del V11. Già che ci siamo Enrico mi chiede da quant'è che non cambio l'olio. Boh, dunque, il presidente era Pertini, in tv c'era Drive In.. boh, parecchio, direi. A farmi da guida per i meandri della tentacolare Zena c'è egli, ze uan en onli Piero GasGas che è sempre una gioia incontrare. Archiviata la Liguria la nostra meta è Livorno dove alle 22 ci attende la nave Moby Flipper Delfino Ricchione che ci porterà in Atlantide in compagnia di altri Rinco Boys. Beh, mi accorgo che mi sto dilungando parecchio e se iniziassi a parlarvi dell'incontro di Atlantide non la finirei più. Saltiamo dunque i 500 Km fatti in due giorni senza incontrare un rettilineo, il team di nuoto sincronizzato di Anima Guzzista, le vacche del terzo quadro, il Tatuato che piega ed altre cose altrettanto stupefacenti ed ecco di nuovo il dinamico duo che risbarca a Livorno alle 7 del mattino e si lancia alla volta di Grenoble. Simpatico il Montginevro, molto meno il Lautaret dove una nuvola fantozziana ci attende. Prendo una spruzzata di neve ( ma ieri non eravamo a fare il bagno a Cala Liberotto???) e una salve di cordiali apprezzamenti da parte di Fra che si interroga sul suo destino di passeggera di una moto guidata da uno squilibrato.
Scendiamo verso Grenoble, poco prima di Bourg d'Oisans la strada è molto trendy, wendy e anche un po sandy e dei saponettati svizzeri Ducati-Foggy-replica-muniti impongono la legge del menga anche se riconoscono se non l'onore almeno l'odore delle armi al v11 stracarico che seminano solo sui rettilinei.
Nella ridente Grenoble ci attende Jean Marc che ci rifocilla. Lasciamo la moto, ci tuffiamo sul TGV e tre ore dopo siamo a Parigi. Il contachilometri del V11 segna 2750 km.

Le due settimane che mancano ad Adria sono segnate da un paio di eventi che avranno delle notevoli ripercussioni.
Innanzitutto si ammazza un tizio in pista ad Adria. La cosa, dopo essere stato in pista ad Adria mi sembrerà di una ovvietà quasi disarmante. È evidente che la gente si ammazzi e continui ad ammazzarsi in circuiti gestiti in quel modo. Torneremo sull'argomento più avanti. La morte del centauro in pista ha come effetto - siamo pur sempre in Italia dove le decisioni si basano sull'emotività del momento e non sui dati concreti...- la sospensione di ogni idea di Sfida cronometrica. Salta l'idea di poter girare in pista come si vuole al proprio ritmo, sapendo di essere non in gara con chi ti sta davanti o dietro in quel preciso momento ma solo contro il cronometro.
I triumphisti danno forfait quasi in massa. Saprò solo dopo che, come se non bastasse, i gestori del circuito non esiteranno a riempire i turni del sabato consentendo l'accesso a chiunque, R1 con slick e tester di Mortociclismo compresi... Nel frattempo si confermano le voci che dicono che la Guzzi non darà alcun appoggio ad alcun concessionario: non ci sarà alcun evento a corredo dell'iniziativa: nessuna Breva da provare, niente di niente. Boh, insomma è una mezza delusione: già il circuito a vedere la piantina su internet si annuncia una bella cagata - oltre a ricordarmi il Carole, circuito gratuito a mezz'ora da casa mia...- poi adesso senza cronometro, con la gente che si tira indietro. Mah, informo Alberto che se si fa ancora noi ci siamo ma se salta tutto comprenderemo. Non salta niente, si fa lo stesso, guzzisti e mucchisti non si tirano indietro. Benone.
Ma ahimè quando manca una settimana ecco che c'è l'incidente al Frejus con conseguente chiusura del tunnel per due mesi!! Jean-Marc è combattuto: il Lautaret con il furgoncino col rimorchio non è una cosa che lo esalti. Idem il dover allungare di 350 km per fare il bianco; inoltre sta faticando a rimprendersi dall'influenza. Insomma, alla fine dà forfait. Io ormai sono calato nel personaggio e ho già in tasca il biglietto del treno per Grenoble. Francesca è impegnata questo weekend e quindi si tratterà di un viaggio in solitaria. Vado su viamichelin a farmi due calcoli: Dunque, niente furgoncino quindi... Grenoble - Bergamo, passando dal Col du Glandon e dal Moncenisio... Mmm... Poi fino ad Adria e poi il ritorno... Mmm... Ah, però! Bah! Via, si sà che questi software esagerano sempre...

Venerdì a mezzogiorno sono a Grenoble. Jean Marc mi passa a prendere in stazione, prendiamo la moto, ci carico i bagagli e si parte; c'è un bel sole, anche se non fa caldissimo, il cielo è azzurrissimo, ho un V11 verde legnano e nel menù di oggi ci sono tre passi alpini in programma, di cui due che non ho mai fatto e uno che è il Moncenisio che mi esalta ogni volta perché ci sono le marmotte che salutano i motociclisti. Lasciata la N91 che ormai so a memoria devio per la D526 (segnatevela...) che si inerpica lungo il costone del Grand Pic de Belledonne, gran bel nome, gran bella montagna. Si scollina a La Rivier d'Allemont ma è solo un assaggino, siamo ancora a 1254 metri e si scende a valle solo per risalire ancora di più. Fino al passo del Col di Glandon la strada è stupenda. L'alpeggio dove la strada si divide, offrendo la scelta tra il Glandon e la Croix de Fer e maestoso. Il panorama è sublime. una corona di montagne a 360 gradi dominata a nord dal Massiccio del Bianco. Scendendo dal Glandon la strada cambia nome, diventa la D927 e qui lo dico e qui lo dico: mi passa finalmente la saudade sarda: venti chilometri di curve su curve su curve, larghe, lunghe, strette, da tagliare da raccordare il tutto in sintonia col proprio tempo e la performance. Fantastica. Una discesa da brivido, grazie anche alle Avon (C)Az(Z)aro che di entrare in temperatura non ne hanno proprio voglia e ad alcuni tratti di brecciolino amoroso e tutu tatatà.
Non vedo l'ora di rifarla in salita. La strada tutta curve si trasforma in autostrada fino a Modane dove la chiusura del Frejus non lascia scelta: si procede lungo la N6 (mo vieni, mo dai, mo varda là che curve!) fino al valico del Moncenisio dal quale entreremo nella terra dei cachi.
La N6 è esaltante come sempre, del resto cosa vi aspettate da una serie di esse in una località che si chiama Termignon??
Mi rifocillo a Lanslebourg con una crepe au lardon e chevre. Poi per due giorni sarà solo pizza pasta ammore chianti mantolino. La salita al Moncenisio è sublime, e come sempre incontro delle simpatiche marmotte appassionate di Guzzi che aspettano proprio l'ultimo secondo prima di togliersi dalla strada. Troppo forti.
Una ha la taglia di un vitellino ma già odo "e sticazzi" dalle ultime file, quindi basta marmotte. La discesa fino a Susa è davvero niente male poi ahimè tocca prendere l'autostrada. L'impatto con lo stile di guida italiano è sempre più devastante. Odio tutti gli automobilisti italiani, è inutile girare intorno alle parole. Rischio di essere tamponato nei paesini perché mi fermo quando vedo le striscie pedonali, in autostrada pare che la corsia di sorpasso sia un territorio da difendere a tutti i costi e da non cedere mai al nemico... Ah, signora mia, dove andremo a finire? Tutto ciò comunque mi prepara psicologicamente all'incontro con alcuni degli ecosistemi più malsani del pianeta: la tangenziale nord di Milano e la A4. Disprezzo, pietà e commiserazione si mischiano quando vedo chilometri di SUV e berline ultraveloci arenate per chilometri lungo quel marciapiede che eufemisticamente chiameremo l'uscita per Cinisello. Ad Agrate vedo per la prima volta le auto ferme prima, durante e dopo un casello! Impossibile guidare come si fa in Francia e in Inghilterra tra le corsie centrali e di sorpasso, arrivo a Capriate lungo la corsia di emergenza.
Mi dicono che il venerdì sia sempre così da quelle parti. Mah.

L'arrivo al Rosella & Alberto Palace è una benedizione. Doccia, gingerino e casoncelli e poi Lorenzo (Hare Sala Junior) live in Capriate. Quando diventerà famoso più di Phil Collins, noi racconteremo di averlo visto al debutto. Il giorno dopo si parte di buon ora per Adria. Non c'è spazio sul rimorchio e quindi toccherà aggiungere altri 500 km al preventivo. Almeno l'andata verso Adria la farò senza bagagli, lasciati sul Westfalia di Alberto. Alle 11 sono ad Adria. Trovo un benzinaio e faccio il pieno. Chiedo indicazioni per l'autodromo. Un signore anziano dall'aria assai simpatica ridacchia, mi si avvicina e fa:
- ghese geseghecia golago megaghese lagodromo! Gao sao ciao mao dromo!! - E ride.
- Prego?
L'autoctono articola più lentamente: - ghese motomoto geseghecia golago gheselagodromo! Gao sao ciao ippodromo!! - e di nuovo una sana risata.
- Ippodromo? Ha detto ippodromo? Mi scusi ma non la capisco...
L'indigeno gonfia il petto e perentorio scandisce:
- ghese moto moto geseghecia golago gheselagodromo! Gao sao ciao mao dromo, non ippodromo!!
Mi viene in mente il disco d'oro inciso nella sonda spaziale Voyager, il tentativo dell'uomo di comunicare con creature intelligenti negli spazi siderali. Penso poi alla televisione, che ha unito l'Italia, ad un paese che ha abbandonato i dialetti e che ha imparato una lingua grazie alla signora Longari, a Mario Riva e Modugno...
- a Nonno, ma te quanno davano er Musichiere ndo cazzo te nascondevi??? Nun te capisco!!! Nun te dico ' parla come magni' sinnò è peggio!!!
Il mio proverbiale aplomb anglossassone è sul punto di essere scalfito dalle raffiche di vocali a caso che il maschio adulto di Venetus Dialectalis continua imperterrito ad inanellare.
Un giovane esemplare di benzinaio bilingue interviene in soccorso dell'ottuagenario che nel frattempo sta cercando di aiutarsi con i gesti con l'unico risultato di assomigliare allo zio spastico di Al Jarreau ad una festa di capodanno: a, e, i, o u, ipsilon...
- Il signore le stava dicendo che prima un motociclista ha chiesto la strada per l'ippodromo! E lui gli ha detto che per l'autodromo la sapeva, ma per l'ippodromo proprio no! - Spiega in un buon italiano. E ride di gusto pure il benzinaio.
Capisco. Comprendo. La verità si dipana di fronte ai miei occhi.
Per alcuni interminabili secondi contemplo la nobile prospettiva del duplice omicidio. Poi un sussulto di umanità mi fa abbozzare un sorriso. Ringrazio il contenitore di vocali e mi faccio dire dal bilingue la strada per l'autodromo.
Tecnicamente, se proprio vogliamo essere precisi e conferire al presente report una certa autorità diremmo che il circuito di Adria è in culo al mondo. Se lo facevano ancora un pò più in la ci facevamo la pesca sportiva. Però, bello è bello, tutto ipertecnologico e col paddock coperto a proteggere i baldanzosi dal clima peggiore dell'emisfero boreale.

In situ, Hare Sala e Francesco detto Fif di Quelli dell'Elica, uno dei numerosi mucchisti dal volto umano che incontrerò, sbrigano le varie faccende burocratiche e allestiscono il uelcomdesc. Il paddock nel frattempo si anima e si ripete, sempre uguale, sempre diverso, il rito del reincontrarsi. Amici che non si vedevano da anni e altri che avevamo lasciato solo due settimane fa in Sardegna. Il paddock Guzzista inizia a prendere forma: Davide con camper, The Moretti Band, The Minchions Originals, The Firmino Experience Ensemble e il pulmino dell'Amore di Alberto. Più in là Alecafé parcheggia un rimorchio alquanto variegato: una GSX e una California... Dall'altra parte del paddock i Guzzisti sponsorizzati del Team Moto Europa schierano le loro belve sotto un elegante gazebo. Intanto alla spicciolata arriva sempre più gente e si inizia a dare un volto a tante persone fino ad allora conosciute solo attraverso un nicolanome sul forum. Accanto ad Ale vedo un tizio con tuta con adesivo bmw e una scritta 'Muttley". È lui, o non è lui? Ceerto che è lui: il nostro deep throat, il nostro agente all'avana, l'informatore infallibile. Il suo accento chiaramente valtellinese lo rende subito molto simpatico. A cena poi lo tartasseremo di domande e suppliche ma lui per adesso ancora non lo sa.

Ma tra una cosa e l'altra siamo arrivati all'una ed è tempo di entrare in pista. Mi infilo nell'orecchie il modulo prestampato per lo scarico di responsabilità. Sì proprio quello che Alberto aveva pregato di stamparsi anticipatamente... Non serve, te ne danno un altro gli organizzatori.
La procedura di ingresso in pista ad Adria è ALLUCINANTE. Mai visto niente di simile. Ho avuto la fortuna di frequentare circuiti in Italia e all'estero e non mi era mai capitato di vedere gestita una situazione ad altissimo rischio intrinseco come una giornata di prove libere in pista con tale faciloneria.
Nessun tipo di brief né di introduzione al circuito per i piloti. Niente di niente. Nemmeno il classico manifestino con la spiegazione dei significati delle bandiere. Niente di niente: controllano che tu abbia pagato e poi, alè, in pista.

In pre-griglia nessun controllo alla moto. Niente di niente. Sono allibito. Penso alle verifiche a Cartagena, a Le Vigeant, al Carole. Agli ispettori che ti controllano il casco - hai un modulare? Resti fuori dalla pista - ai marshall al Carole che sigillano tutte le leve, le manopole e verificano tutte le tubazioni e tutti i tappi. Penso al circuiti francesi dove ti capita l'ispettore che ti controlla se l'interno della tuta è in cotone. Se è in sintetico non entri. Penso ai fondamentali brief che ho sempre ricevuto prima di ogni ingresso in pista...
Ad Adria, niente di tutto questo. Ed entrano moto di tutti i tipi, guidate da gente di tutti i tipi senza che nessuno gli dica niente... Nel primo turno della domenica mattina avrò modo di assistere ai drammatici effetti di tali comportamenti criminali.
Ma per adesso torniamo al sabato. Arrivo in pre-griglia e già capisco che no, non è come me lo aspettavo. Tra Guzzi, BMW e altri compagni della Sfida siamo in nettissima minoranza rispetto ai molti piloti con moto da pista, più o meno di serie, più o meno veloci. Ma comunque su un altro livello. E vabbè, entriamo!
Decido che cercherò di godermi tutte e quattro le ore senza affanni: ho fatto il pieno, non c'è nessuno con cui gareggiare e poi almeno ai primi giri vediamo di imparare un po' sta pista. Al secondo giro la sensazione che sto circuito sia una palla mostruosa rispetto a Cartagena ormai prende forma ma passa in secondo piano rispetto alla constatazione che, complice forse anche la gomma posteriore da 160, ormai ho una luce a terra ridicola, soprattutto a sinistra. Il cavalletto non gratta più: adesso ara. Rientro e valuto se levarlo del tutto... Mmmm e poi per ogni sosta al paddock dover cercare un appiglio e poi doverlo rimontare... No, meglio continuare a segare il gommino che impedisce al cavalletto richiuso di sbattere sulla coppa dell'olio. Luca caccia fuori un coltellino. - È affilato?- domando ingenuamente.
- Prova, prova... - mi risponde sornione Luca. Il coltellino si rivela più affilato delle lame di Hattori Hanzo di Kill Bill: in un solo gesto taglio di netto mezzo gommino e riparto alla volta di nuove e più rotonde avventure. Mentre giro noto che c'è un orologio digitale al traguardo. Non c'è nessuno che prenda i tempi ma basta fare un rapido calcolo per prenderseli da soli, sia pure con ampio margine di errore. Dunque ecco che passo che indica le 13.47.22, vabbè facciamo e 20 sennò poi mi confondo poi li levo dopo al totale i 4 secondi; con la mente impegnata a ricordarsi 13. 47.24 anzi 20 arrivo al traguardo che indica 13.49,02, dunque un rapido calcolo, abbiamo detto - intanto c'è la staccata del tornantino - dunque, cazz...allora se era 49,02, facciamo 49 per comodità, meno - oddio? Quant'era? Quarantasettooooooo..E qui vado lungo. Basta, bisogna guardare in faccia la realtà, i miei tre kb di cervello non mi consentono di calcolare e guidare insieme. Mi darò la pena di prendermi i tempi solo in quelle occasioni in cui capiterò sotto al traguardo in corrispondenza di cifre tonde. Un passaggio intorno alle 1500 mi consentirà di stimarmi un tempo sul giro di circa 1 e 37 che dopo saprò essere abbastanza pietoso. Effettivamente Adria non è proprio una pista entusiasmante per chi ha un V11 al quale non vuole sollecitare troppo delle pastiglie tutte da verificare. Trovo divertenti solo le ultime cinque curve prima del rettilineo del traguardo: due da raccordare col compasso e poi le belle pieghe dei due tornanti ma per il resto.. rettilinei, inchiodate, rettilinei, inchiodate...
Il pomeriggio prosegue con il solito ritmo: mi faccio una decina di giri, pausa paddock, bevutina chiacchieratina e si riparte. Ad un certo punto le soste si devono essere fatte più lunghe visto che altri mi rimproverano: "oh mai stai sempre qui?". Moi? Ma se è la prima volta che faccio una pausa, giuro!!

Eccomi in pista. Non inquadrato, Valentino Rossi, appena passato all'interno, annuncia il suo ritiro dalle competizioni.

Sempre io in pista: fuori inquadratura, Capirossi piange al muretto dopo essere stato umiliato in staccata.

Ancora io! Sulla destra si intuisce il profilo della Honda di Gibernau che arranca nel tentativo di mantenere il mio passo.


Intanto in pista si mettono in evidenza altri piloti e visto che non siamo tanti ci si incontra spesso: Alecafè mi dimostra non solo che ahimè la dura legge dei cavalli su un circuito come Adria non è acqua fresca ma anche che ormai sa come buttare giù in piega una moto senza timori. Ne ha fatta di strada quel ragazzo dai tempi del Bernina... Mi sa che frequenta proprio un bell'ambientino... Intanto Fabio volteggia nell'aere e distrugge moto altrui come d'abitudine, mentre Orazio si prepara al suo turno e attinge ai fluidi benefici della Forza che gli arrivano dal Maestro Obi Wan Firmino: per ben due volte si becca una battuta senza mandare a cacare nessuno! Quasi non lo riconosco!! Ma torniamo alla pista. Ad un certo punto mi trovo in pista con LedZep: che spettacolo vedere un Cali in pista! E occhio a quando lo si supera: non finisce mai quella moto!!! Omobono dall'alto ci vede e invia ad Adria un R1, un Ninja e uno Z qualchecosa di quelli dell'ENPIMPO: Ente Piloti Impediti su Moto Potenti: una manna! Al tornantino, passare un Ninja all'esterno con una moto ben più lenta e pesante, eh beh! So soddisfazioni!
Soddisfazioni, ahimé di breve durata, prontamente ridimensionate dall'impeto dei cugini mucchisti. Più volte un GS nero e una S gialla mi passano. No, non è che mi passano. Mi passano in staccata come fossi una rotatoria, un birillo, un aiuola... Bellissimi, soprattutto il GS con degli angoli di piega da brivido. Di altro tipo è il brivido che provo quando un altro cugino mi passa al tornantino (una S grigia targata CD, per la cronaca): mi passa all'esterno completamente fuori traiettoria e decide scodando che è cosa buona e giusta completare la staccata davanti a me... Alla prima occasione ringrazierò Jean-Marc per l'ottimo lavoro fatto ai miei freni perché ancora non so come ho fatto a non centrarlo. Comunque aldilà di questo episodio, la competizione tra cugini è sana e me lo dimostra un mucchista su S gialla che allarga una traiettoria in staccata, forse per una sfollata, chiudendomi la porta in faccia. Niente di trascendentale ma in uscita di curva appena raddrizziamo le moto, alza la mano come per scusarsi; non ce ne era bisogno ma è stato senz'altro un bel gesto. Tra le altre marche noto una ragazza che guida in maniera elegante e veloce una raptor, una velocissima Ducati S4 blu, una KTM Duke che era uno spettacolo. Tra i Guzzisti oltre al solito Alberto che ogni volta che mi passa ringrazia allungando il piedino (oh, e se uno è educato, è educato, eh!...) e che dimostra di essere perfettamente guarito mi emozionano i Moretti Boys e su tutti il Gambarelli che vedo resistere all'attacco dei giappi come neanche Liuc Scaiuolcher contro il lato oscuro della Forza. Se fossi donna, sarebbe il mio ideale di uomo. Oddio, anche se fossi uomo, ma questa è un'altra storia.

Sempre io in pista. La foto mostra chiaramente come il V11 sia di 20, 30 secondi a giro più veloce degli altri (lo portano via...)

Rientriamo ai paddock. La tipa alla griglia diffonde una leggenda urbana: il turno chiude alle 17, ma per i Guzzisti alle 1730! Ah bene! Ah no, non è vero. Si erano sbagliati. Ma che simpatici!! E così finisce la giornata in pista: guardo i ricciolini alle gomme (C)Az(Z)aro finalmente entrate in temperatura, il cavalletto maciullato e lo scarico destro grattuggiato... Bon, anche questa è andata. Domani si tratterà di tornare a casa, ma me ne occuperò appunto domani. Salutiamo quelli che ripartono subito e poi parto per un aperitivo e con Attila, Rugi, Lupo Alberto, Lalla e Livio ce ne andiamo a goderci la Movida di Adria il Sabato pomeriggio: Ragazzi, ma che cosa sono il carnevale di Rio, il capodanno a Times Square, il ferragosto a Riccione in confronto al sabato sera ad Adria?? Eh, ve lo dico io cosa sono, sono dei gran bei posti! Dopo aver vagato per due stradine deserti, troviamo la piazza principale del paese e ci verandiamo. Al primo sorso dell'aperitivo, il mio cervello realizza quello che lo stomaco sapeva da tempo: e il pranzo? Ah già, me ne sono dimenticato. Rapito dall'elettrizzante atmosphera del Paddock ho saltato il pranzo. Strappo di bocca mortadelline e salatini dai miei commensali e cerco di andare avanti fino a cena. L'appuntamento è per le otto e trenta nel miglior ristorante della zona. E grazie, uno è!
Dopo aver tormentato Muttley con una serie infinita di "e ai tuoi capi digli che..." la mia attenzione è tutta per le cibarie, molto appetitose anche se, stravolto com'ero, avrei trovato molto appetitosi anche due caciocavalli.
Tra frizzi e lazzi si termina la cena. È tempo di tornare al paddock e di sistemarci. Dopo accurate perlustrazioni delle facilities io e Lupo optiamo per un grazioso monolocale in legno, centralissimo, doppi servizi e ci accampampiamo nel back stage del palcoscenico al centro del paddock. Sono talmente stanco che persino il russare di Lupo Alberto (che pare sia stato scambiato per un allerta tsunami dal sismografo di Chioggia) non mi sveglia più di nove, dieci volte...

Arriviamo così alla domenica mattina dove i più arditi si cimenteranno in nuove tenzoni mentre io inizio a rimpacchettare tutto, che fra poco si riparte. Nel frattempo il Westfalia di Alberto si trasfroma in "Casa Sala" e piovono caffettini, cappuccini, biscotti e quant'altro. Che mito!
Inizio a salutare tutti quando Paolo mi fa: "aspetta che stiamo entrando in pista, dai ci salutiamo dopo!" Ma sì, dai vediamoci il primo turno!
Mi accomodo sulla tribunetta esterna, in corrispondenza del tornantino interno. Le moto entrano in pista, spicca la California di Gianjackal al suo debutto e finalmente si vede un turno dove Guzzi e BMW sono la netta maggioranza! Sì, vedo che c'è anche una Suzuki - ah, è quella di Muttley! - un paio di Ducati, un' Aprilia e qualche altra giap ma per il resto sono tutte Guzzone e Mucche! Il giro di ricognizione finisce ed ecco che i primi passano al traguardo: in testa c'è Muttley seguito da una RSV a sua volta seguita da una VTR blu che - ma che fa??!?! - arriva a palla vicinissimo alla RSV, pinza mostruosamente, la moto si scompone, blocca clamorosamente tutto, panico, rilascia e boom! Tocca la RSV e il pilota salta per aria mentre la VTR lanciata come un missile terra terra sfreccia senza pilota a due passi da Muttley... !!! che, vista la situazione, tira dritto; il pilota dell'Aprilia riesce, non si sa come a restare sulla moto e anche lui termina nella sabbia. Il pilota della VTR si raggomitola sul prato al centro della pista. In molti temono si sia fatto davvero male visto che il volo che ha fatto è stato davvero impressionante. Sapremo dopo che se la sarà cavata solo con una frattura da qualche parte nel piede. Poteva andargli molto peggio. Sempre al paddock poi girerà la voce che fosse alla sua prima esperienza in pista. Su una pista dove nessuno si è preso la briga e la responsabilità di spiegare l'abc della pista. I pneumatici che vanno fatti scaldare, la prudenza nei primi giri, l'accortezza di non accodarsi in staccata, e così via. Le semplici cose che vanno sempre e comunque ripetute in pista soprattutto a chi ci va per la prima volta. Ma figuriamoci ad Adria, dove puoi girare con gli specchietti attaccati...

Il turno riprende. Andrà lungo anche Adriano, giunto da Roma sul suo V11-Sport1100 by Cp. Le cronache parlano di caduta senza troppi danni e di riparazioni al box da parte del Team Moretti che hanno permesso al nostro di tornare a Roma sul suo mezzo. Se ne sentiranno altre sul comportamento curioso dei commissari che si dimenticano di sventolare. E vabbè, chiudiamo la pagina della Sfida II con un grandissimo grazie ad Alberto e al suo omologo Francesco di Quelli dell'Elica per essersi fatti il mazzo per organizzare il tutto.
Vedo che continua ad arrivare gente e noto un furgone con una Magni Australia che, saprò dopo, non avrà molta fortuna in pista a causa di un banale contrattempo ad un paraolio. Comunque, ma che bella moto che è...

Tra una cosa e l'altra sono le 11, io ho parecchia strada da fare. Salutoni a tutti e si parte. Un attimo prima di partire faccio in tempo ad incrociare Massimo Cortese, famoso preparatore di fantastiche parti speciali per Guzzi: Goffredo, ma sei venuto in moto? - mi chiede - E adesso torni a Parigi in moto? Cavolo, ti meriti un regalo! - E come se niente fosse mi appoggia sulla borsa un pacchettino contenente due fantastici parateste in ergal ( guardate che roba: http://www.cormasmotors.com/img/foto_progetti/protezL.jpg ) lavorati dal pieno con cura certosina. Resto allibito: - Ma no, dai, ma scherzi?! .
- Vai tranquillo, e salutami Fange! - Un mito, non c'è che dire. E così, stranito e contento, parto una volta per tutte.
Faccio il pieno prima di lasciare Adria. Mi si rompe l'anellino della zip della borsa serbatoio. Ci metto sei ore ad accedere al tappo della benzina. Il distributore ovviamente non riconosce le carte di credito straniere, mi fermo ad attendere autoctoni con cinquanta euro da cambiare... In sole tre tappe riesco ad arrivare ad avere le banconote del taglio giusto in mano ed imparo anche un po' di veneto. Richiudo la borsa lacerandomi le dita e si riparte.
Saltiamo a piè pari la pianura padana e siamo in brianza per l'ora di pranzo. Chiamo il mio amico Emanuele: - hai fatto bene a chiamarmi, stiamo mangiando lasagne da degli amici ad Imbersago. Esci a Capriate e raggiungici. - Inutile tentare di descrivervi un piatto di lasagne, sotto un portico in uno splendido giardino, gustato da chi già si immaginava un panino Camogli in Autogrill... La sosta brianzola manda a meretrici la mia media oraria ma comunque ad una cert'ora tocca ripartire. Risaltiamo la pianura padana ed arriviamo a Courmayer dove l'autostrada finisce e il bello comincia; decido per il passo del Piccolo San Bernardo che non ho mai fatto. Molto bella la salita anche se la strada è spesso troppo stretta ed i tornanti troppo ripidi. Mentre si sale la vista è magnifica: a sinistra il ghiacchiaio del Rutor, a destra spuntano le creste del gruppo del Bianco con i suoi rifugi costruiti in posti impossibili. Il valico è bello ma l'ambiente è un po' rovinato dagli impianti sciisctici che consentono di passare da La Thuille a La Rosiere. Appena si inizia la discesa in territorio francese il panorama si apre all'infinito. Decido di fermarmi a la Rosiere, a 1850 metri, a godermelo. Trovo un simpatico albergo con ristorante - l'unico aperto in tutto il paese - e dopo aver cenato mi vado a godere lo spettacolo del sole che sparisce dietro le montagne. Uh, però che nuvolaglia si sta addensando... Mica pioverà domani, no? Con questo interrogativo nel cuore vado a dormire, crollando prima che finisca il film alla tele. Non ho messo sveglie, tanto ormai sono a "soli" 680 km da casa, posso anche prendermela comoda.

Mi sveglio alle 8 passate. Il cielo è blu, gli augellini cantano, la natura è in festa. Nessun sentore dell'apocalisse imminente. Faccio i bagagli con cura, garrulo e lieto mi bevo un bel caffettino e parto! Nel lasso di tempo che intercorre tra il mio "au revoir" rivolto alla cassiera del bar e il momento in cui il mio stivale sinistro esce dall'albergo il cielo si è fatto scuro. Ah, però. Il tempo di salire in sella e girare la chiave che una gocciolina di acqua si posa sulla borsa serbatoio. Ah, però. Al primo tornante, piove. Ah, però. Dimostro empiricamente che dio non esiste producendomi in bestemmie multiple, roba da dodici santi a tornante. Un dio con un minimo di senso di responsabilità mi avrebbe lanciato nel burrone. Ancora non sapevo che stava semplicemente prendendo la mira.
La discesa verso Bourg St. Maurice in altre condizioni sarebbe stata gagliarda ma così è un po' una tortura. Nel frattempo però, in valle ha smesso di piovere. Penso che però non vale la pena rischiare di prendere acqua continuando la Route des Grand Alps che in quel tratto prevede il Cornet de Roselend, un passo magnifico inserito nella splendida Valle dei Ghiacciai... Decido quindi di tirare dritto fino a Moutiers, di lì poi prenderò la superstrada per Albertville. Ma sì, è giusto così! Certo che però... Arrivare fino a sù, fino al Piccolo San Bernardo per poi riscendere fino a Moutiers, beh, mi sento un po' pirla... Ma sì! Ma dai, ma FACCIAMO LO STESSO il Cornet de Roselend, dai che non piove più! Giro la moto all'ultima rotonda di Bourg St Maurice e imbocco la strada per il Cornet! Magnifica. Sublime! Il sole sembra tornato a splendere definitivamente! Ma sì, che poi stavolta non saliamo mica fino ai 2100 del Piccolo San Bernardo, scolliniamo a 1967 metri, dai che il tempo tiene! La strada è sempre più bella. Improvvisamente una grandissima mandria di vacche mi costringe ad un lungo tratto in prima. Non che mi facciano paura la mucche, ma trovarsi in moto accerchiato da qualche centinaio di vacche, ecco, la cosa mi turba in alcuni momenti. Specie quando noto che alcuni quadrupedi vacche non sono ma gagliardi torelli. Ehilà Manzo! Io moto, io amico, ok? Arrivati ad un alpeggio i bovini prendono uno sterrato e mi riconsegnano la D925 più maestosa e meno puzzolente di prima. Il tempo tiene. Il ritmo si fa più deciso, incrocio tre motociclisti, poi non c'è più nessuno! Che spettacolo! il panorama è sempre più bello: ecco sulla destra i ghiacciai del Bianco! Ah, però quanta neve anche al bordo della strada. Per fortuna che il tempo tiene. Ad un certo punto ho come l'impressione che si formi una sorta di nebbia e a pensarci bene fa anche un po' più freddo, ma il tempo tiene. E se mi fermassi a mettere l'incerata in ogni caso? Ma no, dai che non serve, dai che il tempo tiene.
E invece all'improvviso non tiene più. Sono quasi sull'alpeggio del passo quando tutto diventa nero in un attimo, la pioggia arriva a secchiate da nuvole formatesi non so dove, non so come. Piove, piove, ma cacchio, un secondo fa c'era il sole! Che faccio?? Mi fermo?? Ma dove mi fermo? Mi metto l'antipioggia? Inutile sono già zuppo, resistiamo che tra quache curva si inizierà a scendere, porca vacca come è scuro.
Poi all'improvviso è tutto bianco.
Ma bianco tipo secchiata di neve in faccia. Ma che sta succ.. Non faccio in tempo a chiedermi cosa stia accadendo che un boato a momenti mi manda per terra.
Omobono mi ha voltato le spalle e mi ha lasciato in balia del Dio dei ciclisti e degli scootersti: sono in mezzo ad un temporale.
I pensieri schizzano a mille all'ora. È lo stadio oltre il panico, quando osservi le cose con una lucidità quasi non ti riguardassero. Ah, un temporale! Dicesi temporale una improvvisa perturbazione dell'atmosfera, a volte molto violenta, accompagnata da lampi, tuoni e scrosci di pioggia, frequente soprattutto in estate. Che devo fare in un temporale? Spengo la moto? Scendo? Ma cosa spengo?? Ma dove scendo?? Bisogna allontanarsi dalla moto o se la fermo farà da parafulmine? Com'era quella storia che bisogna sdraiarsi? Ma dove mi sdraio che è tanto se vedo la str - Ostia! Ora vedo tutto, va che luce che c'è! Contiamo: uno, du KABOOM! Vacca maialissima! Dunque com'è che si calcolava? Per ogni secondo moltiplicare quanti kilom... Luce e KABOOM insieme! Insieme?? Oh, oh questo è male...Eh, no! Ci deve essere il lampo e poi il tuono, eh no! Insieme no! Scusate ma a scuola la maestra su questo punto era intransigente: bambini, vedete il lampo e poi contate con calma, altro che lampo e tuono insieme, eh no, eh! Io protesto, e che caz...KABOOM nel bianco ancora una volta. Per un attimo realizzo che esiste l'eventualità di restarci su sto caspio di Cornet de Roselend. Morire fulminati è una cosa oggettivamente molto improbabile che però, improvvisamente, vi appare abbastanza fattibile qualora vi trovaste nel bel mezzo di un temporale in montagna. La proverbiale vita che ti passa davanti...Bah, ho avuto molto più di quello che avrei meritato, non posso lamentarmi di niente, e sia: meglio fulminato in moto sulle Alpi che stroncato da un ictus in un ospizio. Ok, forza vediamo cosa sai fare.
Ma Il dio degli scooteristi nulla può di fronte allo spettacolo di un V11 che in prima, col suo pilota a gambe larghe, se ne scende a valle su quella pseudo pista da bob che fino a poco tempo fa era la D925. Adesso è un torrente di neve e cacca di vacca mischiate. Non ci saranno altri tuoni. Omobono torna al mio fianco e interrompe le prove tecniche di fine del mondo non appena inzio la discesa verso Beaufort. Man mano che si scende, il tempo si rimette e quando entro a Beaufort spunta un timido sole. In uno stato pietoso entro in un bar. La padrona non sa se chiedermi cosa voglio da bere o dove voglio stendermi. Arranco su un divanetto, mi levo il giubbotto che ha lasciato delle chiazze di tintura sulla mia girocollo: un tempo a tinta unita ora in stile Pollock. Due cornetti e un cioccolato caldo tornano a dare un senso al mondo. Sono massacrato e non ho fatto neanche 100 km! Errare è umano, perseverare è diabolico. Abbandono l'idea originaria che prevedeva di raggiungere Annecy per i passi di Saises e dell'Aravis e punto verso Albertiville restando sulla D925 (prendete nota...). Omobono premia la mia scelta regalandomi sole, asfalto ormai asciutto e 20 chilometri di goduria su una strada Franca e Iolanda che ci vorrebbe un sorso di acqua Smeraldina arrivato ad Albertville. Da Albertiville l'ampia strada del fondovalle mi fa raggiungere Annecy in un baleno, costeggiando il lago omonimo (lago di Annecy, non lago Baleno, eh). Da Annecy, prendo la bella e veloce N201 che mi porterà - in fretta grazie ad un Bandit locale che mi fa da lepre... - alle porte di Ginevra. Di li si imbocca l'autostrada. Un cartello mi informa impietosamente che Parigi dista 526 km.

Beh, il racconto finisce qui. A Parigi arriverò nel pomeriggio senza nulla di particolare da raccontare.
Arrivo in garage, spengo la moto, scendo, la guardo: è sporca da fare schifo, con schizzi di fango fino al serbatoio, ha delle gomme coi riccioli ai lati. Ha fatto 2050 km da venerdì. Mi ha fatto divertire in pista, mi ha fatto valicare 8 passi alpini nelle ultime tre settimane. Non un lamento, non un problema.
Le do una pacca sul serbatoio e dico fra me e me: " E bravo il mio V11! Alla prossima, eh."

Mi sembra quasi di sentire una risposta: "ma quando vuoi, caro. Quando vuoi..."


 

 

© Anima Guzzista