È passato più di un mese dal quel
sabato 20 maggio che la mia mano sinistra (e meno male che
era quella e non la destra!) non dimenticherà facilmente.
Il secondo
di due tra i più bei giorni delle mia esperienza
motociclistica stava finendo: dopo il lauto pranzo a Arbus,
io e Sportnaked abbiamo perso il resto del gruppo e …
Ma prima di
arrivare al fattaccio, voglio ricordare ciò che fino a quel
momento aveva reso quei due giorni così belli.
Tralascio
la noiosa trasferta Bergamo - Livorno.
Appena
salito sul traghetto ho un inconveniente: la moto,
appoggiata sul cavalletto laterale, comincia a afflosciarsi
di lato, assumendo un angolo di piega che neanche Valentino
… Per la traversata la appoggio con un semimanubrio al
fianco della nave, legandola ben bene e smontando lo
specchietto per non romperlo, poi in terra sarda constaterò
che la filettatura della sede di una delle due viti che
fissano il cavalletto al basamento si è spanata, la vite si
è persa e non c’è verso di sostituirla (la filettatura
della sede non tiene): per i giorni del raduno mi toccherà
appoggiare la moto a pali, alberi e muretti vari.
Da Olbia
parto al venerdì mattina di buon’ora, deciso a fare il
tragitto previsto per il resto del gruppo per la giornata di
giovedì, ma sul tratto Monti - Buddusò incappo in una
strada chiusa x il Rally di Sardegna. Lunga deviazione fino
a Ozieri sullo stradone per Sassari, poi bellissime strade
per Anela, Bono e Bottidda fino a riallacciarmi alla Nuoro -
Oristano, e da lì ancora stradone fino all’appuntamento
di Uras.
Da Uras a
Isili le strade sono uno spettacolo, comincio ad apprezzare
il nuovo assetto della moto (l’avevo ritirata da una
settimana da Agostini, dove ho fatto montare i famosi
cuscinetti di sterzo Ghezzi&Brian). Bellissima
l’esperienza di mangiare nella colonia penale e di sfilare
davanti ai detenuti riuniti al campo sportivo. Ma il bello
viene adesso: da Isili fino a tornare verso Uras, chilometri
e chilometri di curve meravigliose, con traffico quasi nullo
e asfalto bello. Mi lancio all’inseguimento
dell’imprendibile Fange col suo Le Mans 850 (certo che a
vederlo fare certe pieghe con le gomme da 90 davanti e 110
dietro, viene da chiedersi se poi i gommoni da 200 delle
moto di oggi servono davvero o sono solo fumo negli occhi),
e con mia sorpresa scopro di riuscire a tenere il suo ritmo
indiavolato (anche se confesso che a un certo punto,
faticando a tenere la scia sua e del VFR bianco che lo
seguiva, mi ero detto: pensa alla classifica, meglio un buon
terzo posto che rovinare tutto con una scivolata; poi però
ho pensato: ma quale classifica e terzo posto, mica è il
motomondiale, sei qui per divertirti: molla i freni e stagli
dietro; e così è stato).
La sera,
dopo la cena a Is Arenas, stanco morto crollo sul letto.
Il sabato,
altro spettacolo: nel tratto del mattino (Is Arenas -
Fluminimaggiore - Iglesias - Buggerru - Portixeddu - Arbus)
io, Enrico e Sportnaked ci lanciamo in una sarabanda di
pieghe, staccate e sorpassi, con loro due che più volte
strisciano a terra ammennicoli vari dei loro V11 (ma la
fidanzata di Sportnaked, secondo voi, è la donna più
coraggiosa del mondo, o la più incosciente? quale delle due
sia, massimo rispetto!) e a tratti con vista su scorci di
mare meravigliosi, con tanto di foto ricordo.
Poi il lauto
pranzo al ristorante di Arbus, che fiacca la resistenza di
noi guzzisti più di cento chilometri di curve: Torre dei
Corsari è lontano, qualcuno vuol tornare a Is Arenas per
fare il bagno, qualcun altro propone di fermarsi lungo la
strada per Torre dei Corsari a vedere le vecchie miniere e
poi tornare indietro. Io e Sportnaked decidiamo per la
seconda, ma perdiamo subito il resto del gruppo per una
sosta dal benzinaio e andiamo a finire proprio a Torre dei
Corsari, dove incontriamo altri “cani sciolti” che come
noi avevano perso il grosso del gruppo.
Ci siamo:
sono le sei di pomeriggio del sabato, sulla strada del
ritorno da Torre dei Corsari verso Arbus e Is Arenas; gli
altri sono rimasti un po’ indietro, sono rimasto solo e,
in un momento di distrazione, su una strada in salita,
stretta e con l’asfalto bocciardato (immaginatevi voi
quanto stavo tirando …), in una curva a sinistra con piena
visibilità (il pendio saliva verso destra, a sinistra la
collina degradava verso il mare, quindi non c’era proprio
nessun ostacolo alla visuale) penso bene di invadere la
corsia sinistra proprio mentre incrocio una delle forse
dieci auto incontrate in tutto il giorno. Impatto violento
tra l’ariete-1100Sport (per fortuna, constaterò poi, non
con la ruota, ma col cilindro e il semimanubrio sinistro) e
il faro anteriore sinistro della malcapitata BMW 320
(maledette eliche bavaresi!).
Io vengo
sbalzato, mi sento sparato verso l’alto, atterro di
schiena sul guard rail e poi sulla strada. Resto fermo
qualche secondo, poi mentre il guidatore della BMW mi si
avvicina preoccupatissimo comincio a muovermi e mi rialzo a
fatica. Una gran botta, ma sembra tutto a posto. Mentre
dentro di me impreco per l’incredibile distrazione mi
faccio aiutare a tirare su la moto e ad appoggiarla sul
guard rail (non posso davvero sopportare di vederla stesa a
terra, e come ho già detto il cavalletto mi aveva
abbandonato salendo sul traghetto a Livorno), poi slaccio il
cinturino del casco e il polsino del guanto sinistro, faccio
per slacciare quello del guanto destro e mi accorgo che
qualcosa non va: la mano sinistra non ha forza, non riesco a
stringere e mi rendo conto che mi fa anche male.
Nel
frattempo arrivano prima Sportanked (che sulle prime,
vedendo me in piedi, il 1100 appoggiato al guard rail
apparentemente intatto e la BMW con l’anteriore
semidistrutto, ha creduto che mi fossi fermato a soccorrere
un automobilista che era andato a sbattere per conto suo),
poi la coppia su VFR bianca - Hornet nera (di cui non
ricordo i nomi), che mi prestano i primi soccorsi. Tolgo il
guanto, la mano è gonfia e mi fa male, mi sembra anche di
vedere una strana protuberanza sul dorso. A malapena riesco
a firmare la constatazione, poi via in ambulanza verso
l’Ospedale di San Gavino Monreale, mentre la macchina dei
soccorsi guzzisti si mette in moto: Enrico intorta il
Maresciallo dei Carabinieri, sopraggiunti sul posto dopo che
già mi avevano portato via, e lo convince a non fare
rapporto, visto che ho già firmato la constatazione e i
mezzi sono stati spostati (niente niente rischiavo la
patente, o almeno qualche punto in meno); Livio arriva col
suo provvidenziale furgone e porta a Is Arenas la moto (che
altrimenti giacerebbe ancora in qualche sperduta officina
della zona); più tardi, Piero, Enrico e Antonio vengono a
recuperarmi al Pronto Soccorso, dove mi hanno già
radiografato (secondo e terzo metatarso fratturati) e
ingessato.
Al rientro a
Is Arenas il concerto della GLBB è in pieno svolgimento,
Goffredo mi presenta al pubblico in delirio come un eroe
immolatosi per distruggere un’auto dell’odiata marca
rivale bavarese e riesce perfino a strapparmi un sorriso (ma
diciamo la verità, anche le massicce dosi di antidolorifico
al mirto somministratemi da Enrico hanno avuto la loro parte
nel farmi ritrovare il buonumore). Accenno perfino a
partecipare al pogo selvaggio sulle note di “A message to
you, Rudy”.
Finito il
concerto, la notte non passa più, la mano mi fa male e un
compagno di bungalow russa da paura.
La mattina
dopo, mentre quelli che avrebbero dovuto essere i miei
compagni di viaggio al ritorno partono verso Olbia, mi
decido a andare a vedere in che stato è il Guzzone. Che
dire? La botta l’ha presa, ma vedendo com’era conciata
la BMW 320 non si direbbe neanche che siano rimaste
coinvolte nello stesso incidente. Lo sterzo pare dritto, la
forcella e la ruota pure; invece danni gravi a cupolino,
serbatoio (che perde benzina) semimanubrio sx e cazzatine
varie.
Livio si offre di portare col furgone
fino a Olbia me e la moto (il che vuol dire che Lalla deve
smazzarsi la strada lunga e noiosa fino al traghetto sul
Griso), poi una volta a Livorno si vedrà. Ci fermiamo
diverse volte e arriviamo a Olbia la sera, pizza al volo e
ci imbarchiamo. Lalla e Livio mi ospitano pure nella loro
cabina (io avevo solo il passaggio ponte), la mattina di
lunedì siamo a Livorno. Qui Lalla e Livio, che già avevano
meritato il titolo di beati ber avermi portato fin lì,
conquistano sul campo anche il titolo di santi: visto che a
Livorno non si sa dove lasciare la moto, portano me e lei
fino a casa loro in quei di Padova (il che vuol dire che
Lalla deve farsi tutta la strada in moto: e se quella in
Sardegna, potendo, l’avrei fatta volentieri anch’io,
l’autostrada Firenze - Bologna del lunedì mattina sono
ben contento di averla fatta in furgone). Da lì torno in
treno a Bergamo.
Riesco a farmi visitare e rifare le
radiografie solo giovedì 25, e il medico che mi vede, a cui
riferisco quello che mi aveva detto il suo collega di San
Gavino (“Potrebbe anche essere da operare, ma fosse la mia
mano la terrei così”), mi chiede se per caso a visitarmi
era stato Capitan Uncino: i due metatarsi sono rotti
malamente e scomposti, tocca operare.
Così da lunedì 29 maggio mi trovo
con cinque belle viti (che mi terrò per sempre; speriamo
almeno che siano di titanio) nei metatarsi, ho tolto il
gesso il 14 giugno e solo adesso sto ricominciando a usare
la mano (che comunque è ancora un po’ gonfia e rigida,
tanto che solo da due o tre giorni riesco a toccare col
pollice la punta delle altre dita) r.
L’altra notte, ho avuto un
terribile incubo: ho sognato che i miei genitori, per
guarirmi dalla pericolosissima sindrome guzzista, foriera di
ripetuti infortuni (l’anno scorso mi sono rotto due
metacarpi; a proposito, vi risulta che nel corpo umano ci
siano altre ossa che si chiamano meta-qualcosa? speriamo di
no …), mi avevano regalato una Honda CBF 600 (AAARRRGGGHHH!
peggio della famosa Varadero-Vaderetro!), di cui nel sogno,
tra sudori freddi, accarezzavo con orrore il cruscotto di
dozzinale plastica nera.
È stato il segno che mi ha fatto
capire che la convalescenza guzzista era finita, ed era ora
di scrivere finalmente questo report (è dal raduno che non
me la sono più sentita di scrivere, neanche sul forum, non
avevo lo spirito giusto).
Concludo
ringraziando tutti quelli che si sono sbattuti per
realizzare quello che -incidente a parte- è sicuramente e
di gran lunga il più bel raduno a cui ho mai partecipato, e
tutti quelli che si sono prodigati per soccorrere me e il
povero 1100.
Un grazie
speciale a Piero, Enrico e Antonio che sono venuti a
prendermi in ospedale, e soprattutto a Lalla e Livio che
hanno stravolto i loro piani per il rientro a casa pur di
non abbandonarmi al mio destino.
Andre1100Sport
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