RACCONTI
King of the Roads
Racconto
di Bernini Michele "red27"
Il TT del 2000, è uno di quelle gare, che se sei un appassionato di
motori, devi poter ricordare.
Quando Joey Dunlop taglio’ il traguardo della gara di Formula 1,
in sella alla sua Honda VTR rossa, l’intera isola di Man
crollo’ dalla gioia, in un trionfo che abbattè le barriere
di tifoseria, team, e campanilismi.
Perché?
Cosa aveva di cosi speciale questo ometto dai capelli grigi, schivo e taciturno? Chi era William Joseph Dunlop?
Per capirlo bisogna partire da lontano. Dai tempi di Armoy. Armoy
è uno di quei tipici paesini dell’irlanda, persi nel
verde. E negli anni 60, in Irlanda era un posto disperso sul serio. In
mezzo al nulla o quasi. Ad una manata di acceleratore dal mare. Su
quelle strade deserte l’Armoy Armada si allenava. L’Armoy
Armada era una specie di team, di sodalizio, piu’ simile ad una
compagnia di ragazzi del muretto per dirla tutta, che non ad una
squadra. Semplicemente quattro ragazzi delle campagne, buoni amici, che
decisero di essere un gruppo… non so trovare altre parole... era
composta da Mervin Robinson, Frank Kennedy,Jim Dunlop ed il suo
fratello maggiore William Joseph, detto Joey.
I quattro si misero in luce nelle varie corse stradali nazionali che
punteggiavano l’Irlanda di quei tempi con buoni risultati,e si
prepararono per fare il salto alle gare internazionali, UlsterGp, North
West 200 e Tourist Trophy.
Nel 1976, Joey debutto’ sull’Isola di Man. Non vi era mai
stato prima e non aveva idea di dove girasse il tracciato, al punto che
in certi tratti, di fronte ai bivi, dovette fermarsi ad aspettare il
corridore successivo. Nonostante tutto, si comporto’ bene,
dimostrando di essere uno che impara alla svelta. Tant’è
che l’anno dopo Joey vinse la sua prima gara, la Jubilee, fatta
per celebrare il regno di Elisabetta, e strutturata in modo da favorire
i privati, gli underdog. Era l’occasione da prendere e Joey la
prese. Il tutto con quell’ingenuita’ tipica del ragazzo di
campagna, al punto che quando ando’ sul podio, e gli diedero lo
champagne, che lui mai nemmeno si era sognato, rimase li’
candido, per un attimo, non sapendo di preciso cosa farci. Lo avrebbe
imparato presto, ma sarebbero dovuti passare due anni ancora, sino al
1980. Due anni tremendi, segnati dalle morti dei fraterni amici Kennedy
e
Robinson, che era anche suo cognato, ambedue alla NW200, del 1979 e del
1980. Joey penso’ quasi di smettere, ma era nato per correre, era
il suo destino, e nel 1980 mise a segno il suo secondo centro al TT. Da
li’ fu inarrestabile sino alla fine degli anni 80, mettendo a
segno 13 vittorie complessive, di cui 5 consecutive in F1, con due
triplette. Sempre in sella a moto Honda ufficiali al 100%, un sodalizio
destinato a durare per sempre, caratterizzato da incredibili
concessioni della casa madre. In pratica Joey poteva farsi da
meccanico, lavorare sulle moto, e pure portarsele in giro per
l’Irlanda per le sue amate e sconosciute gare nazionali. Ma a
fronte di questo, lui ripagava il favore vincendo a raffica. La Honda
vende piu’ moto e ringrazia. Sinchè nel 1989 fu costretto
a disertare, per un crash a Brands Hatch. Ritorno’, un po’
in ombra a dire il vero, nel 1990. Ma ormai era iniziata un'altra era,
quella degli Hislop, dei Fogarty e dei McCallen, i primi forse a
guidare in strada al 100% tanto come in pista. E il nostro eroe aveva
ormai 38 anni, non troppi, specie in gare in cui l’esperienza
conta molto, ma era ormai l’eta’ in cui anche i fenomeni
danno segni di cedimento.
Nonostante tutto
Dunlop non mollava , e sebbene fosse meno competitivo con le superbike,
continuo’ a mietere successi con le due tempi, di cui era un
maestro. E mica solo al TT. La North West, l’UlsterGp, la Mid
Antrim, Skerries, non c’è corsa su strada dove Joey non
abbia inciso a ripetizione il suo nome nell’albo d’oro.
Solo Macao gli sfuggira’ per sempre. Mitiche le affermazioni
nella 125 al TT del 1992, quando eguaglio’ Hailwood e quella del
1994, con suo fratello in ospedale con le gambe polverizzate per un
crash a Ballaugh Bridge. Joey corre per lui e per lui vince.
Sinchè nel 1995 lascia un'altra zampata nel seniorTT con la
Honda RC45, oltre alla “solita” 250. Il lupo perde il pelo
ma non il vizio. Nel 1998 la sua carriera sembra di nuovo finita: alla
Tandragee 100 cade e si spacca il bacino e perde anche un dito. Lui
come sempre tiene botta, decide di concentrarsi sulle piu’ facili
125 e 250 e due mesi dopo, sotto un diluvio di tuoni e fulmini, vince
ancora al TT, con la Honda 250. E’ la vittoria n°23.
Ma Joey non
è solo un gran pilota. E’ un uomo raro nella sua anima.
Certo, è praticamente incapace di leggere e scrivere, e parla un
inglesaccio incomprensibile, ma sa comunque parlare al cuore
della
gente. Non si tira mai indietro per foto sorrisi ed autografi, è
disponibile con tutti, e non ha mai mollato il suo lavoro al
bar
della ferrovia. Gli è stata conferita l’onorificenza di
membro dell’impero e di ufficiale dell’impero. La prima per
meriti sportivi, ma la seconda per meriti umani.
A meta’ degli anni 90, carica dei camion di aiuti umanitari, e
parte per Bosnia e Romania, piu’ volte, in solitaria, per
consegnarli alla popolazione.
Non se ne vedono tanti di piloti del motomondiale fare queste cose.
A chi gli chiede perché , lui sorride, fa spallucce e , e si
rintana nella sua timidezza e nella sua vita familiare. E’
sposato da sempre con Linda, ed hanno cinque figli, due maschi e tre
femmine. Finchè si arriva al 1999. Sono spariti i vecchi rivali,
Hislop e Fogarty.
McCallen, l’uomo del poker di vittorie al TT1996 è ferito
e sul viale del tramonto. La morte dell’amico fraterno Simon Beck
in prova gli da il colpo definitivo. Ma ora c’è qualcuno
forse peggiore di questi tre. E’ un omaccione, dal sorriso
gioviale, che sembra guidare come si domerebbe un toro
nell’arena.
Il ragazzone è David Jefferies, detto DJ. DJ contro JD. Va come
un proiettile e se ne infischia della Honda da 500.000 sterline
ufficiale di Dunlop e Moodie. Con una Superbike su base R1 di serie,
costata in tutto 20.000 sterline, mette in riga tutti con una tripletta
alla NW200 ed una al TT. E non solo. All’UlsterGp vince la prima
gara del meeting, distrugge la concorrenza e fa il record sul
giro.Nella casa di Joey Dunlop.
Il nostro vecchietto inossidabile non ci sta e nell’ultima corsa del
giorno, gara 2 delle Superbike, sfodera il colpo da maestro. Parte
male e viene dato per tagliato fuori, ma rimonta come un dannato, si
sbarazza degli avversari ed inizia a mordere le calcagna di Duffus
il compagno di Jefferies. Lo passa , e poi bastona anche DJ, che
risponde con veemenza. Ma Dunlop è indemoniato, ha deciso che si
vince e ripassa di nuovo DJ che per tutto un emozionante ultimo giro
provera’ a rispondere a quel vecchietto di 47 anni, che proprio non
ne voleva sapere di perdere. E non perdera’, davanti ad al suo
pubblico impazzito dalla gioia. Non lo sanno, ma quella è
l’ultimo UlsterGp del loro idolo.
Oramai siamo alle soglie del nuovo millennio e tutti si chiedono
cosa fara’ Joey….ha 48 anni. Ha vinto tutto. Forse sarebbe ora di
smetterla. Lui risponde lamentandosi a scena aperta della sua moto, la
Fireblade900, capendo subito che non basta una replica delle
R1
per batterle. Riesce a farsi dare la VTRsp1, come quella di Slight.
O meglio, quasi. E infatti le cose quasi non cambiano. Alla NW200
Joey fa solo quinto, e ci resta male. Sa che la sua carriera al top
è agli sgoccioli. Ha smesso di fumare, a fatto palestra ed
allenamento. Il suo fisico è tirato come un tamburo, altro che
nonnetto. E non si da certo per vinto. E Vuole andare al TT con almeno
la possibilita’ di provare di vincere. Coi buoni uffici di Bob
MacMillan, boss della Honda UK, Joey riesce ad ottenere un motore di
Slight e 4 tecnici direttamente dal giappone per il TT. E la pressione
mediatica su di lui aumenta, perché se gli danno certe cose,
è perché sanno quel che puo’ ottenere. Ma ancora
non basta. Solo dopo che gli avranno portato delle gomme con le
specifiche dell’anno prima, Joey iniziera’ a girare su
tempi da top 10. Ha anche un nuovo compagno di squadra, un giovanotto
di cui si parla bene. Un ragazzotto che quando aveva 10 anni corse
sotto il podio di un TT, salto’ in spalla a Joey e gli
ringhio’: un giorno staro’ qui sopra con te. Il ragazzotto
si chiama John McGuinnes, e nel 1998, da buon profeta sotto il diluvio,
è sul podio con Joey. E ne diventa pure il compagno di squadra
per il TT2000. Il buon Dio da loro una mano, e la notte prima della
gara inaugurale, la F1, viene giu’ il finimondo. Il tracciato si
è asciugato per la gara, ma a causa del nubifragio ampi tratti
sono umidi, sono cadute molte foglie e solo un esperto del Mountain
puo’ sapere dove mettere le ruote senza rischiare troppo.
E’ la gara di Joey.
Parte fortissimo, ed al termine del primo giro è in testa.
Rutter lo segue vicinissimo. Jefferies è quarto, ha perso
stranamente alcuni secondi, forse una sbandata, ma si rimette presto in
carreggiata. Ed
al primo pit stop, annulla lo svantaggio e si porta in testa. Pochi
decimi, ma piu’ la pista si asciuga e piu’ Jefferies fa
valere la sua irruenza. Stupendo ancora, Dunlop resta vicino, e tiene
Jefferies sotto pressione, finchè a meta’ del 4 giro, la
sua Yamaha tira gli ultimi, col cambio rotto.
Per un giro e mezzo l’isola diventa il posto piu’
trepidante del mondo. Tutti, tifosi, squadra, Marshall, team e piloti
avversari, se ne fregano di tutte le convenzioni e lo incitano. Lui
capisce e si fara’ trascinare da quest’onda fluttuante di
entusiasmo sin sul traguardo, dove verra’ portato in trionfo e
rompera’, nel tentativo di stapparla, la bottiglia di champagne.
Ma non è finita. Il vecchietto a razzo mette in riga di nuovo
tutti nella 250, e la mattina dopo sbaraglia la concorrenza nella
125.
Tripletta.
La terza della sua vita.
Quando poche ore
dopo la vittoria della 125, al via della Junior600, lo si vedra’
partire come una cannonata,di nuovo, in testa per l’ennesima
volta, piu’ di uno si chiedera’ dove voglia arrivare Joey
Dunlop. Ma ormai il sogno è finito. Complice l’asfalto
pulito, e la freschezza fisica, Jefferies ed Archibald riprendono
Dunlop, e si fronteggiano poi in una gara da pazzi furiosi, a suon di
record sul giro. Vincera’ Jefferies. Archibald 2°, Dunlop
4°.
L’ultima gara dell’edizione 2000, il seniorTT, sara’ il canto del
cigno per Joey. Un buon terzo posto, col suo miglior giro di sempre,
nella sua ultima tornata di gara al TT. Quel giorno vedra' la vittoria
di Jefferies, alla sua seconda tripletta, consecutiva per di
piu’, glorificata battendo il record di Fogarty che resisteva dal
1992. Se c’è un candidato ad essere l'erede naturale di
Joey, quello è Big Dave.
Ma ora cosa fara’ Dunlop? Torna a casa con tutti gli onori a
Ballymoney, torna alla sua famiglia ed al suo lavoro al bar della
Ferrovia. Bob MacMillan arriva ad offrirgli soldi pur di non farlo
piu’ tornare al TT. E’ il momento giusto per chiudere, da
vincente. Ma Joey ribatte che spesso non ha preso soldi per correre ,
nemmeno da campione del mondo, ed ora si pretende che li prenda per non
correre? La realta’ è che Joey e le corse sono un'unica
cosa. Non saprebbe fare altro, per lui c’è solo quello,
sua moglie ed i figli.
E come sempre, ai primi di Luglio, si carica le sue moto sul furgone e
se lo guida sino a Tallin, in Estonia. Una garetta sconosciuta, dove
immagino che nemmeno lo paghino. Se vince prende il premio di gara,
viceversa è uno dei tanti, quello che in fondo ha sempre voluto
essere.
La mattinata inizia bene, vince la Superbike, sotto il diluvio e fa doppietta con la 600.
Al pomeriggio parte in testa alla 125, sempre sotto l’acqua.
Sinchè per motivi mai chiariti, in una curva vola per la
tangente, e prende in pieno un alberello. Sul fusto è incisa una
gobba che non lascia dubbi sulla sua origine. E’ dove il casco di
Joey ha picchiato. E’ dove Joey se n’è andato. Per
sempre. Facendo quello che amava. Il mondo delle gare è
costernato. Solo un mese prima erano tutti presi dall’eccitazione
per le sue vittorie. Ora sono tutti ritornati alla realta’. E in
questa realta’ le corse stradali sono l’incarnazione
piu’ pericolosa, di uno sport pericoloso a prescindere. Ma
nonostante tutto, succede qualcosa di magico, dopo, che tocca solo ai
piu’ grandi. Joey non se ne vola via del tutto.
Rivive nelle miriade di caschi i coi suoi colori sparsi in tutti i
ritrovi da centauri in tutto il mondo. Rivive nelle sue statue gemelle
orientate l’una verso l’altra, poste sul Mountain ed a
Ballymoney. Rivive in quel suo atteggiamento da antidivo, da persona
normale, e perbene, che ha vissuto con modestia il suo essere campione
del mondo, per 5 volte, 26 volte vincitore al TT. Rivive nelle decine
di foto, disegni, perfino canzoni, tatuaggi, che la gente fa pensando a
lui, il cui mito, a quasi 10 anni dalla scomparsa, brilla di luce
propria.
In 50.000 andranno a salutarlo per il suo ultimo viaggio.
L’ultimo viaggio di King of the Roads.
© Anima
Guzzista
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