Altri
dettagli del motore scattati durante
le GMG 2002
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Confronto
con l'attuale 4 valvole
(foto:
Motosprint)
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Il filmato del servizio che TG2 Motori
dedicς al VA10
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Mojoli Engineering
di Wild Goose
Io, vi confesso, ricevuta la notizia dello “stop” al progetto
VA10, mi si è aperta una ferita davvero dolorosa. Da allora mi
sono chiesto spesso se il “padre” di questo motore ne sapesse
il vero motivo, se potesse dirci a che punto fosse
lo sviluppo, e cosa ci si potesse aspettare se fosse
stato prodotto in serie e montato sulle
Moto Guzzi del XXI secolo.
Flashback: 19/05/2004
Lavorando a Cernusco S/N (MI), vengo a sapere che
nella stessa zona del paese ha sede la Mojoli Engineering.
Così,
timidamente e senza pretese, mando una e-mail all’indirizzo che
ho trovato sul loro sito proponendo una breve intervista
e fornendo i miei dati per contattarmi, dando per
improbabile una risposta (dicasi:
sindrome di Calimero).
Il giorno dopo ricevo una telefonata sul mio cellulare,
non riconosco il numero sul display ma decido di rispondere.
R: Pronto?
DM: Sì, sono Danilo Mojoli (Oddio, lui in persona… mi si
gela il sangue: e mo’ che gli dico?) ho ricevuto una vostra e-mail
per un’intervista…
WG: Eh sì… sa, è per Anima Guzzista: ormai comprende
una comunità piuttosto vasta di appassionati… (volevo
andare avanti a spiegare l’argomento dell’intervista, ma lui mi interrompe
educatamente e con voce più vivace)
DM: Sì sì, vado spesso in quel sito. Eh, io devo confessare,
la mia origine non è Guzzista, prima ho lavorato per Gilera… però sono
molto affezionato alla Moto Guzzi, e ho lavorato su molti progetti di
motori e componenti… non so se ha visto su Internet i nostri
lavori, fra cui, ad esempio, un motore bicilindrico a V
raffreddato a liquido…
Inizia una piacevolissima chiacchierata per
telefono, in cui già si giunge nel vivo dell’argomento “motori
per Guzzi”, così, cercando di tamponare il magnifico entusiasmo
di Danilo Mojoli, senza apparire brusco, propongo di proseguire a quattro
occhi. Così ci diamo appuntamento per Martedì 25
maggio.
Il colloquio che segue non sarà accompagnato da fotografie o effetti
speciali. Ma vi assicuro che sarà piuttosto improntato
sulla tecnica: Danilo Mojoli ha voluto descrivere il
comportamento, i numeri, i calcoli fatti
sul motore che abbiamo sognato per qualche mese: il VA10.
Ma non tutti hanno sentito parlare di un
motore che avrebbe potuto fare ancora meglio
per la casa di Mandello. Leggete un po’…
25/05/2004
Raggiungo lo studio di Danilo Mojoli, che
mi accoglie gentilmente. All’ingresso noto una bacheca di vetro contenente vari
componenti e organi meccanici, fra cui una biella che sembrava di un camion.
Ma non faccio in tempo a chiedere nulla, perché l’ing. Mojoli
mi fa accomodare sulla poltrona di fronte alla sua scrivania. Probabilmente
ha voglia di riprendere il discorso iniziato durante la prima telefonata,
e infatti riattacca esattamente dove l’avevamo interrotto.
DM: …volevo farti vedere come avrebbe dovuto essere il VA10…
(da una cartella estrae un foglio con uno schizzo di un
motore bicilindrico a V, dalle linee pulite e dalle dimensioni
evidentemente compatte… )
DM: …questo sarebbe uno schizzo a mano, doveva essere un bicilindrico
a V, ad acqua, ma anziché essere di 90 gradi come i motori
tradizionali Guzzi, questo è un V a 75 gradi, con il blocco
motore ruotato di 10 gradi in avanti, in modo da allontanare
le teste dalle ginocchia.
WG: Certo…
DM: e poi la trasmissione finale è a catena perché per
una moto sportiva pensavo di non usare il cardano….
WG: Come veniva girata la trasmissione
da longitudinale a trasversale?
DM: con una coppia conica all’interno del motore.
WG: Guardando solo il primo disegno
penso che questa (indicando lo
schizzo) sarebbe dovuta essere la nuova
filosofia Moto Guzzi,
in linea con le concorrenti.
DM: Sì, doveva essere un po’ la novità, il rilancio
perché… il discorso è stato che nel ’96
io sono entrato in Guzzi, in quell’epoca c’era il dottor
Sacchi come Amministratore delegato, Ferrari all’ufficio tecnico;
l’obbiettivo era quello di costruire una moto iper-sportiva
per un uso “Sport Production”, poi stradale chiaramente,
e un occhio alla SuperBike.
(Spalanco gli occhi. Mi rendo conto del potenziale
economico e creativo ancora presenti in quegli anni,
pur difficili)
DM: …ed è nato poi questo progetto…
(estrae un altro schizzo di una moto
sportiva carenata, dalle linee piuttosto
filanti ed aggressive, il monobraccio,
e modeste aperture ai lati della carena che lasciano
intravedere le teste
del VA10…)
DM: …adesso questo era fatto
a suo tempo in cui c’era il monobraccio, in realtà poi la moto doveva
venire con il forcellone doppio, da questa parte c’era
una capriata (a sinistra).
(altro schizzo riguardante il VA10 applicato sulle
linee del telaio a lui dedicato, con relative proiezioni
su avancorsa, escursione ruote e geometrie variabili)
DM: …questo è lo schizzo
del motore… vedi,
10 gradi girato in avanti, in modo che le teste
non possano interferire con le ginocchia, il cambio
ad ingranaggi sovrapposti, in modo da
ridurre la lunghezza del motore; si è cercato insomma
di compattarlo il più possibile.
WG: da questo progetto cosa è stato realizzato infine? Fin
dove si è arrivati?
DM: Il motore esiste come prototipo, funzionante
naturalmente, è stato
provato al banco. Il telaio invece non è stato realizzato
perché lo stop è arrivato prima che riuscissimo
fare la moto completa.
(Rimango composto, ma mi mordo la lingua dalla
rabbia)
DM: Però il motore ha girato circa 70 ore al banco, per vedere
diverse cose, come la curva di potenza, ed era partito bene, perché l’obbiettivo
era di farne tre versioni: la SuperBike, la SP (Sport Production)
e infine una versione più tranquilla, turistica. I tre step
di potenza dovevano essere di 110 Cv per la versione più tranquilla,
130 per l’SP e poi l’obbiettivo era di 168 per la Super
Bike. Con l’SP, al primo avviamento, siamo arrivati
a 134 cavalli e mezzo.
WG: (Sento la mia lingua a brandelli)
figuriamoci con un’adeguata
messa a punto! (ora si soffre davvero).
DM: Eh, sì. Tant’è vero che la Weber Marelli,
quando siamo arrivati a quella prestazione, ci ha comunicato che
dovevamo cambiare gli iniettori perché quelli montati non
erano più in grado di alimentare il motore per quelle
potenze. Poi ci hanno fornito degli iniettori tipo
quelli per le
Ducati SuperBike per far andare avanti quello sviluppo,
e invece ci hanno bloccato
in quella fase. Non abbiamo neanche potuto provare
quegli iniettori, che sicuramente sarebbero andati
oltre.
(Segue un breve silenzio, per evitare che mi
mettessi a piangere, rivolgo nuovamente lo
sguardo sullo schizzo del
VA10)
WG: …anche il percorso degli scarichi è diverso rispetto
ai tradizionali Guzzi, è laterale.
DM: Sì, sono laterali, girati di 90 gradi, escono lateralmente.
Comunque questi erano gli scarichi utilizzati per il banco, quindi
non erano disegnati per stare in un telaio da moto. Questo motore
era stato voluto appunto da Sacchi, l’Amministratore delegato,
poi, via lui, arrivò Cecchinato, e anche lui spinse per fare
questo motore, tant’è vero che l’abbiamo presentato
poi… (riflette) nel giugno del novanta… novantanove.
L’abbiamo presentato alla stampa a Mandello.
WG: Mi ricordo l’evento. Su Anima Guzzista ho visto le immagini
e ho sentito la registrazione… (la sua
espressione si fa perplessa: non dovevo forse parlare
della registrazione del motore sul banco?)… eh,
non mi ricordo in che occasione…
DM: (sorride) beh, in effetti, anch’io
ogni tanto vado su Anima Guzzista, e mi ricordo
che era uscita la registrazione
di quel motore, ed era una delle registrazioni
che avevamo fatto durante quella prova… non
so da dove…
WG: (sorrido anch’io) dovevo tacere
eh?
DM: No, anzi. Però c’ero rimasto, perché era
una cosa che si era svolta tra noi quel giorno…
WG: forse l’entusiasmo era tanto anche
tra i Guzzisti da volerlo sentire a tutti i costi.
DM: In effetti in Guzzi era molto sentito
questo progetto, e c’era molta gente appassionata.
WG: Ma quindi cosa o chi ha decretato
le stop al progetto? Motivi economici?
DM: No, beh, lo stop del VA10 è stato
dato da Scandellari, nuovo Amministratore
delegato, perché secondo lui quest’impostazione
non era l’ideale per andare alle competizioni.
Ora, siccome il marketing… siccome nel ’96
c’è stata
una ricerca di mercato in 4 stati,
ed era venuto fuori che la moto sportiva
di Guzzi doveva avere quest’impostazione
di due cilindri tipo tradizionale,
insomma, allora abbiamo cercato di
fare questo motore, restringendo la V a 75
gradi
per ridurre gli ingombri laterali,
raffreddato
a liquido per la ricerca delle prestazioni...
insomma,
un motore moderno. Invece Scandellari
riteneva che su una moto sportiva
fosse da fare un motore con un’impostazione
tipo Honda VTR o Ducati, così siamo
passati a progettare il DM10…
(estrae uno schizzo a mano di un
motore a V 90 gradi longitudinale,
anche questo molto sobrio.
Io non resisto alla
tentazione e gli chiedo l’impossibile)
WG: C’è qualcosa tra questi schizzi
che potrei eventualmente… fotografare?
DM: (in imbarazzo) eh, sarebbe roba
riservata…
WG: Capisco, ci mancherebbe… (sigh). Solo un’altra cosa
sul VA10: ho sentito molti appassionati sostenere che l’impostazione
trasversale dei cilindri non è l’ideale per le competizioni
non solo per un discorso di ingombri, ma anche per l’aspetto
giroscopico che il volano comporta,
non favorevole per leggi fisiche…
DM: (mi guarda con
espressione tipo “cxxxo dici?") Ora ti faccio
risentire come girava questo
motore… (dal PC apre l’mp3
con il suono del VA10 sul banco.
Il motore tuona, aprendo una
danza vertiginosa di giri al minuto).
WG: praticamente è come se non
ci fosse un volano?
DM: …e calcola che questa era la versione SP, con il volano
più pesante diciamo…
WG: non sento neanche un’esitazione…
DM: infatti, e pensa che
non era neanche carburato.
Erano i primi avviamenti.
WG: comunque ha girato
in tutto 70 ore? E dopo?
DM: …e dopo sarebbe seguito
il test di durata, di, diciamo, 250 o 300
ore, dove si fanno tutti i cicli per vedere
se c’è qualche
organo sottodimensionato… tieni
presente che nelle 70 ore abbiamo
distrutto tre volte l’albero
del freno del banco! Il motore
era talmente rapido a prendere
i giri che l’inerzia
del sistema del freno,
siccome il banco era per 160 cavalli
ed aveva una grossa inerzia, si
era rotto tre volte. Quindi l’effetto
giroscopico era davvero
basso, perché il momento
d’inerzia
era davvero basso. Fra
l’altro, per il fenomeno
della coppia di rovesciamento,
avevamo fatto un’altra cosa:
l’ingranaggio
che porta il moto alla
distribuzione, aggiungendo massa,
creava un effetto opposto per
riequilibrare l’eventuale
effetto giroscopico del motore.
WG: …una sorta di contralbero…
DM: esatto, anche se
la massa non era pari,
ma essendo contro-rotante, attenuava
l’effetto giroscopico.
Poi la frizione, che nei motori
tradizionali svolge l’effetto “volano”,
qui è laterale a dischi multipli, quindi non influisce sull’albero
motore. Quindi su quel discorso lì son
solo voci.
WG: Dunque, dopo 70
ore di lavoro com’erano
le condizione del
motore?
DM: I punti critici
potevano essere l’albero
motore perché aveva
le manovelle disassate
per equilibrare le
forze di primo ordine. In
effetti non
si sono verificati
problemi, malgrado il motore
avesse
rotto l’albero del banco
e avesse quindi preso
delle botte all’albero
motore, perché nel
momento che viene a mancare
il freno
del banco i giri
del motore partivano alle
stelle, quindi
nel tempo di reazione
per spegnere il banco
si son sentiti dei
bei fuorigiri. Ma
non ha mai avuto
problemi né di bielle
né di altro. L’unico
problema è stato per
un errore nostro:
un meccanico si era dimenticato
di montare
un sieger
sullo spinotto del
pistone, durante
uno smontaggio di verifica,
e non è successo
niente di grave perché lo
spinotto è venuto
fuori lateralmente,
il pistone aveva
delle rondelle all’interno
e una di queste rondelle
si era staccata ed
era andata in giro per il
motore e si
era infilata nella
pompa di recupero dell’olio.
Ce ne siamo accorti
perché l’olio
non ritornava più indietro
nel serbatoio. Così abbiamo
spento il motore
e abbiamo controllato. Ma
non ci sono
stati danni nonostante
il motore abbia girato con
la biella che si
era portata da una
parte del
pistone. Persino
il tendicatena della distribuzione,
che era
un pezzo prototipale
ricavato dal pieno, quindi
di qualità abbastanza
scarsa, non aveva
dato il minimo problema.
Insomma, era partito
davvero col
piede giusto.
WG: I cavalli erano
arrivati a 134,
5. A quanti giri?
DM: Noi avevamo
dei break-point di mappatura.
Con quella
configurazione
il
break-point era
fissato a 9700 giri. I 134,5
cavalli erano a
9700
giri. Purtroppo
però c’era il problema
di portata degli iniettori, per cui il motore girava tranquillamente
fino agli 11.000 giri, ma la potenza era limitata in quell’arco
di giri. Invece aumentando la potenza… il problema era che
non potevamo aumentarla noi perché eravamo già ad
un tempo di iniezione piuttosto
lungo, che sono 15 millisecondi.
Era necessario quindi aumentare
la portata degli iniettori
e ridurre il tempo di iniezione:
di solito si sta
dagli 8 e gli 11 millisecondi.
Alla fine non abbiamo avuto il
tempo per provare i nuovi iniettori,
se no eravamo oltre i 140
CV
di potenza tranquillamente.
WG: Prima abbiamo
accennato al…
DM: …al DM10, sì…
WG: Del DM10
se n’è parlato molto meno, è un
motore ancora più misterioso…
DM: (sorride) …sì,
era più misterioso perché il
DM10 è questo… (mi
propone uno
schizzo del
motore a disposizione
longitudinale
completato
da un bellissimo
telaio a
tubi nella
zona canotto
e serbatoio,
e a piastre
in quella
delle pedane,
bello e originale
)… questo
doveva essere
un motore a
V longitudinale,
un po’ del tipo “VTR”,
con gli alberi
sovrapposti
così da
compattare
il più possibile
le dimensioni,
e qui la soluzione
del telaio
doveva essere
un po’ questa,
mista tubi
in acciaio
e piastre d’alluminio,
infatti volevamo
mantenere l’originalità della
soluzione.
WG: anche se
questa soluzione
era destinata
ad una moto carenata?
DM: Era prevista
anche una
versione
naked… (mi
mostra uno
schizzo di una delle naked più belle che avessi
mai visto. Non c’era
Brutale né TNT
che tenessero.
Linee affilate
e pulite,
telaio in
vista a tubi
e un bellissimo
bicilindrico
V90 ad
acqua; da
ciascun cilindro
usciva lateralmente
un doppio
condotto
di scarico
che si univa
per poi proseguire
pulito fino
al silenziatore)
così dava
un senso
di corposità,
poi le pompe
dell’olio
esterne,
il filtro
dell’olio
frontale,
comodissimo
da smontare,
cioè con
tutta la
parte tecnologica
in vista,
con questi
due scarichi
che andavano
in uno, poteva
essere
una cosa
molto grintosa.
(segue
qualche secondo
di
contemplazione…)
WG: Sono
senza parole.
Sarebbe stata una
Guzzi
modernissima,
mantenendo
però certi elementi
suoi. Cosa
dicevano le indagini di mercato?
DM: Nelle
indagini
di marketing sono
state
coinvolte
Germania,
Inghilterra,
Francia
e Italia. Due volevano
la
versione
più sportiva,
e altre due volevano una moto di questo livello, per questo è stata
pensata anche la versione nuda che, per dire, alla Monster avrebbe
fatto senz’altro
una bella concorrenza.
(…)
WG: Stavamo
dicendo
che,
dopo lo stop al VA10…
DM: Scandellari
aveva
voluto questo
motore.
Però la cosa
poteva essere una buona idea, anche per una questione di costi:
col DM10 poteva essere anche questa moto (altro
schizzo con lo
stesso motore
ma girato trasversalmente). Utilizzando gli stessi contenuti,
l’albero motore, le teste, le bielle, si poteva fare un bicilindrico
trasversale a V di 90 gradi, con trasmissione a cardano, che concettualmente
ricorda la Honda CX con la frizione anteriore, ma più moderna.
WG: Mettendo
la
frizione sulla
parte
anteriore si poteva
guadagnare
spazio
per
attaccare
un
forcellone in una
posizione
ottimale,
e si
poteva
avere così un
interasse
accettabile.
DM: Sì, l’interasse infatti doveva essere…(ci
pensa un attimo) 1409 millimetri, oltretutto con un bel forcellone
lungo, in modo che si può creare una buona sospensione per
rendere più confortevole
il veicolo. Infatti
qui il forcellone
veniva
tipo 600
mm di lunghezza,
una cosa
che Guzzi…
WG: …non
conosce…
DM: (sorridiamo
entrambi)… il
motore
veniva
bello
compatto,
anche
se
l’ingombro
delle
teste
laterali
c’era,
ma
trattandosi
di
una
moto
turistica… che
però (estrae
un
altro
schizzo
con
lo
studio
dinamico
della
moto)
poteva piegare
fino
a
45
gradi
con le sospensioni schiacciate a 2/3, che non è male!
WG:
Senza aver fatto
prove sul banco,
perché questo motore è rimasto
solo in fase di progetto,
a grandi linee come si sarebbe comportato?
DM: Come prestazioni?
Non
si sarebbe
discostato
di molto
rispetto
al
VA10. L’unica differenza sostanziale poteva essere
che sul DM10 si sarebbe usata una biella più corta, per ridurre
gli ingombri. Sul VA10 si montava una biella da 130 mm, sul DM10
era mi pare 124. Una biella più corta aumentava leggermente
le forze di secondo ordine, però su un V a 90 non erano poi
così elevate.
Comunque 124 mm
non sono poi pochi:
se andiamo a
vedere
nelle moto da cross
giapponesi a 4 tempi,
hanno
dei rapporti
corsa/biella che
fanno spavento.
WG:
Adesso,
in effetti,
vi siete
concentrati
sui
motori
da cross a
4 tempi…
(Si
apre una
parentesi
sul
mondo fuoristradistico,
in
cui io ho
parlato
delle mie
effimere
esperienze
nei
campetti
di periferia
con la
Gilera
NE250,
il cui
motore
era stato
progettato
in
Gilera
nell’83 o ‘84, su cui aveva lavorato anche Danilo Mojoli.
Era davvero piacevole aver rispolverato un periodo bellissimo, su
una delle mie moto più amate, parlando con la persona che
ha contribuito nella sua creazione. E lo stesso Danilo Mojoli sarebbe
andato avanti a raccontare i suoi anni ’80
in moto,
ma ho
dovuto
riportare
il discorso
sulle
nostre
amate
Guzzi.)
DM: dicevamo,
questo
motore l’avevamo
anche denominato V-front,
perché era
appunto disposto in posizione
frontale,
e come dicevo, tutta la parte
ferrosa
era la stessa
del DM10, ma sostituendo
solo le parti
in alluminio si potevano
ottenere
due motori al prezzo
di uno e un quarto.
Infatti
questa
proposta
era
nata
perché Scandellari avrebbe
voluto un motore sportivo e uno turistico, ma non c’erano
abbastanza
capitali da investire.
WG:
Sembra
incredibile
che
anche
per
queste
soluzioni
sia stato
dato lo
Stop.
DM: (sospira)… eh, poi è arrivata Aprilia, Scandellari è andato
via, e anche questa attività si è fermata
per un
cambio di strategia.
WG:
Oltre
a
questi
progetti,
la
Mojoli
Engineering
ha
contribuito
per
la Moto
Guzzi
anche
nella
realizzazione
delle
punterie
idrauliche.
DM: Mah,
lo
studio
delle
punterie
idrauliche
era
stato
fatto
da
una
società esterna, perché con l’avvento
di Aprila, si era incominciato a lavorare parecchio con società esterne.
Noi abbiamo in seguito lavorato in Guzzi per l’affinamento
perché c’erano un po’ di problemini di realizzazione.
Alla fine ne è uscito il miglior compromesso. C’è da
dire che in fase prototipale i test non avevano più dato
problemi. Però ho
sentito in seguito
che alcuni
California avevano
dato qualche
noia…
WG:
In
effetti,
non
si
sa
se
sia
un
problema
di
progettazione
o
di
realizzazione,
ma
in
alcuni
esemplari
rimane
facilmente
inciso
o
usurato
prematuramente
l’albero
a camme…
DM: …pressione specifica
troppo elevata… però i
prototipi avevano superati i test
di durata, che simulavano in pratica
il ciclo vitale di un motore. Non
saprei dare un motivo dei problemi
registrati negli esemplari di serie,
anche perché dopo il
passaggio alla produzione non abbiamo
più seguito questa
attività.
WG:
Se
dovesse
esserci
una
nuova
apertura
e
nuove
richieste
da
parte
di
Moto
Guzzi,
voi
ci
sareste?
DM: Volentieri!
Se
Guzzi
decidesse
di
portare
avanti
nuove
iniziative
e
rilanciare… noi
non avremmo alcun
problema insomma.
WG:
Riprendereste
eventualmente
lo
sviluppo
dei
motori
che
abbiamo
visto
oggi?
DM: Andrebbero
aggiornati.
Quando è nato il VA10 aveva un
alesaggio e corsa che era un 100x63,6, che poi è stato utilizzato
anche dalla Honda VTR, successivamente è arrivata anche Ducati
col 100x63,5 e adesso sono arrivati al 104 di alesaggio, quindi
sono andati più avanti. I parametri del VA10 erano molto
avanti nel ’96, ma parlando del 2004, anzi del 2005, bisognerebbe
ritoccare alcune cosettine. Speriamo che chi entrerà in Moto
Guzzi rilanci un po’ quest’aspetto.
WG:
A
proposito,
qual è il parere dell’Ing.
Mojoli sul futuro prossimo
della Moto Guzzi?
DM: Mah,
nel ’96 era stato fatto questo ragionamento: la Moto
Guzzi ha delle moto tipo California, stava per nascere la V11, ma
mancava un veicolo trainante come immagine, mentre Ducati aveva
il 916. Quindi il VA10 doveva essere un veicolo dalle alte prestazioni,
un motore con tecnologia moderna, da mettere su una moto molto sportiva.
Poi da questo veicolo si poteva fare una serie di veicoli più tranquilli,
come una naked, e poi continuare con i vari California, che il classico
motore Guzzi è un po’ l’ideale per quel genere
di moto, magari rivisto in chiave un po’ più moderna,
perché ormai
sente gli anni del
progetto.
WG:
Li
sente
anche
parlando
del
California?
DM: Secondo
me
sì. Comunque l’importante era realizzare
del veicoli un po’ più sportivi
e trainanti
come immagine, ecco.
WG:
La
MGS è stato
un tentativo.
DM: La
MGS è stato un buon “esercizio”, però c’era
il grosso limite del motore, che non consente uno “sportivo
moderno”. E’ paragonabile ad uno sportivo BMW, ma non
ai modelli sportivi che ci sono adesso in giro. Credo che sia necessario
che esca un veicolo che faccia concorrenza alla Honda SP2, alla
Ducati 999 e cose del genere, per rilanciare l’immagine di
Guzzi, che viene ricordata anche nelle competizioni. Il motore tradizionale
Guzzi ha dei grossi limiti strutturali, non si può pensare
di aumentare più di tanto i giri con un “aste e bilanceri
raffreddato ad aria”.
WG:
Neanche
con
la
soluzione
a
camme
rialzato?
DM: Quello
era
il
motore
Daytona
del
dottor
John,
ma
ora
ci
sono
in
gioco
le
emissioni
inquinanti,
i
consumi… quel
motore ha dei limiti. Pensando al “camme rialzato” anche
noi avevamo
fatto un studio…
(io
spalanco
gli
occhi
per
dire “ma
quanta
roba avete
fatto??”,
Danilo
Mojoli
sorride
e
prende
un ennesimo
schizzo)
DM: Pensavamo
ad
un
veicolo
chiaramente
non
ad
alte
prestazioni… perché in
quegli anni, nel ’96 o giù di lì, avevamo lavorato
veramente tanto. Dopo il VA10, il DM10 e il V-front, avevamo ideato
il V12 a due valvole, in cui avevamo pensato alla distribuzione
non più a catena, ma ad ingranaggi, svincolando però il
comando delle pompe con un’altra coppia di ingranaggi, insomma… Poi
abbiamo
fatto anche il 4
valvole su questa
impostazione.
Avevamo
lavorato
davvero
tanto.
Fra
le
altre
cose
avevamo
pensato
anche
ad
uno
studio
per
una
coppa
dell’olio con filtro
esterno e per una disposizione migliore per l’alternatore.
WG:
avevate
pensato
a
qualcosa
anche
per
la
serie
piccola?
DM: No,
per
la
serie
piccola
non
avevamo
fatto
niente,
anche
perché già per quella grossa c’era parecchia
carne sul fuoco. Fra l’altro
anche le piccole
cilindrate avevano
parecchi
limiti.
WG:
Ma
se
dovesse
ideare
qualche
soluzione
al
fine
di
concorrere
con
classi
del
tipo
Hornet
o
SV650,
a cosa
penserebbe?
DM: Eh,
a
questo
punto
bisognerebbe
arrivare
ad
un
motore
raffreddato
a
liquido,
cosa
a
cui
stanno
arrivando
un
po’ tutti,
come BMW.
Bisogna fare un
motore nuovo dopo
aver capito cosa
il
mercato
vuole.
WG:
Tornando
alla
serie
grossa,
la
Grezzi & Brian ha sviluppato
modelli molto validi come ciclistica e rapporto peso/potenza. Questo
grazie all’essenzialità del telaio rispetto al motore,
sfruttando quest’ultimo
come elemento
stressato…
DM: Mah,
c’è da fare molta attenzione
a fare cose del genere. Io sono sempre
stato un po’ contrario a rendere
il motore un elemento stressato, nel
senso che se il motore nasce con
una certa struttura e una certa rigidezza
può diventare al
massimo semi-portante, ma un motore
normale, dove, tanto per fare un esempio,
tra gli interassi degli alberi del
cambio si dà una
tolleranza di più o meno 3
centesimi, se lo facciamo diventare
portante vuol dire che tutto il
carico che vede la moto viene trasferito,
passa attraverso il motore. Allora
capisci che una fusione in cui tu
imposti una tolleranza di 3 centesimi
per avere il cambio che
lavora perfettamente, vai a sollecitarla
con dei carichi dell’ordine
di 400 chili, quei 3 centesimi lì… rischiamo
di far lavorare male gli organi
meccanici del motore. Quando noi
progettiamo
gli ingranaggi, cerchiamo di fare
tutti i calcoli possibili per avere
il maggior scorrimento, per avere
una pressione specifica
per dente molto bassa e così via;
montiamo il cambio calcolando
una tolleranza fra gli interassi,
se
poi ci applichiamo un carico
di centinaia di chili si va a
vanificare tutti gli studi
fatti in precedenza.
WG:
Ia
ringrazio
davvero
tanto
per
il
tempo…
DM: No
no,
per
me è stato un piacere fare questa chiacchierata
perché abbiamo dato un po’ sfogo
ad anni
di lavoro intenso.
WG:
Già, solo che non riesco a capire se ora sto meglio o
peggio, visto tutto quello che potrebbe aver avuto di buono Moto
Guzzi, ma ha “goffamente” evitato.
DM: …immagina le persone
che ci hanno lavorato. Io ho una persona
con cui sono molto legato in Guzzi,
che è Panizzo
dell’attrezzeria: lui è il
capo dell’attrezzeria.
Ed è una persona speciale,
oltre a Bruno ed Umberto Scola, con
cui abbiamo condiviso il progetto
e il montaggio del motore,
e l’attrezzeria cercava di
allineare i vari pezzi, perché i
componenti principali venivano
realizzati da società esterne
specializzate, ma altri accessori
venivano realizzati in Guzzi. E
dovevi vedere il sig. Panizzo e
gli altri che ci mettevano l’anima
a realizzare quel motore. C’era
una partecipazione eccezionale.
E al primo avviamento erano accorsi
tutti ed era stata stappata una
bottiglia insieme a tutti gli altri
che lavoravano in Guzzi,
perché da
anni non si sentiva girare un
motore
nuovo.
Andiamo
ancora
un
po’ avanti a parlare della “maledizione” che
continua a colpire la nostra Amata. Ma ormai è quasi ora
di cena, e ad un certo punto dobbiamo proprio finire la chiacchierata.
Esco dal suo ufficio con molta soddisfazione, anche se, a causa
della mia inesperienza in campo giornalistico, non sono riuscito
a convincerlo a farsi derubare di qualche immagine interessante.
Ma è giusto così, Danilo Mojoli ama le sue creature,
e ne è giustamente
geloso.
Ma
al
di
là della soddisfazione per l’intervista, che
ha sicuramente prodotto cose interessanti, mi rimane una strana
sensazione di malinconia, sapendo di quante cose buone poteva godere
il marchio dell’aquila, e per ragioni ridicole non ne ha avuto
modo. Penso a come la gente potesse guardare la sportiva Guzzi con
un motore bicilindrico ad acqua, aggressiva, accattivante… prendersi
la rivincita
su tutti
questi
anni
di illusioni
e delusioni.
Sicuramente
Danilo
Mojoli
e le
persone
che hanno
lavorato
con lui
ci credevano
veramente,
e quei
motori
sembravano
essere
ideati
davvero
bene.
Nei
giorni
in
cui
ho
travasato
a
computer
questa
intervista,
la
MGS-01
Corsa,
nata
dalla
passione
di
Grezzi & Brian, allevata
da altri personaggi storici del marchio, e voluta anche dalla enigmatica
volontà di
Ivano
Beggio,
ha tirato
fuori
gli
artigli
nella
12 ore
di Albacete.
E senza
gli esuberanti
160 cavalli
del VA10,
ma spinta
dal buon
vecchio
ma rivisto
8 valvole
del dott.
John.
Allora
la
questione
si
riapre:
se
non
venisse
a
mancare
la
passione,
se
si
attuasse
un
sano,
schietto,
lungimirante
e
neanche
fantasmagorico
piano
di
marketing
(e
devo
dire
che
da
De
Tomaso
in
poi è successo di tutto per far affossare il marchio)
sarebbe così impossibile
vedere
la Moto
Guzzi
tornare
a combattere?
Sapete
a
cosa
apparteneva
quella
biella
nella
bacheca
dello
studio
di
Danilo
Mojoli?
Era
la
biella
del
VA10.
Bellissima,
pulita,
perfetta.
Mi
piange
il
cuore
sapere
che
quella
biella
non
sfiderà mai
la tortura inflitta dalla manetta delle prossime Moto Guzzi.
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