La
bialbero 350 da Gran Premio replicata
da Sebastiano
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Vista
dal lato della distribuzione
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Vista
degli ingranaggi della distribuzione
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Ecco
il gioiello più prezioso. La V8.
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Il
cuore della V8: uno degli 8 pistoni
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Il
monumentale coperchio della distribuzione.
Contrasta moltissimo col suo contenuto:
tutti gli ingranaggi interni sono ultra-alleggeriti
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L'officina
di Sebastiano è un viaggio nel tempo.
Questo affascinante aggeggio degno di
Metropolis serve per caricare magneti.
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Un'altra
350 bialbero in fase di assemblaggio
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Occasione
d'incontro di due maestri!
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La
V8 come non l'avete mai vista.
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Vista
sull'altro lato, con gli scarichi liberi in evidenza
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Le
candele sembrano quelle della Barbie!
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Sebastiano Marcellino
di Alberto Sala
Note biografiche di Elena Marcellino
INTRODUZIONE
Questa è la
storia di un uomo meraviglioso.
Un uomo che si è tentati di definire 'd'altri tempi', detto
col timore che un giorno persone così non
ne esisteranno più.
Un uomo che ha dedicato e dedica tutt'ora la sua vita alle motociclette:
dapprima come pilota, poi come meccanico, infine come costruttore.
Ma non stiamo parlando di un 'capitano d'industria'. Lui crea motociclette, è vero,
ma le motociclette che costruisce non sono motociclette qualsiasi. Sono
un po' particolari. Lui dedica loro tutta la sua passione, e fin qui
certamente
si può dire che non è il solo, ma quando si pensa
che quest'uomo ha sognato di costruire con le sue mani una motocicletta
come la Moto Guzzi 8 cilindri da corsa e ha avuto l'ardire di farlo,
allora
si
capisce
che
quest'uomo è davvero
unico.
Ma non è solo la storia di un uomo meraviglioso. E' anche la storia
di una famiglia meravigliosa, perchè quando conosci la passione
e la dedizione di sua figlia Elena e quando apprendi che le splendide
verniciature delle sue repliche sono fatte da sua moglie Maura, ecco
che il quadro si fa
unico.
Replica.
Qualcuno potrebbe storcere il naso pensando se abbia
senso costruire una copia di qualcosa che già esiste, pur d'eccezione
che sia. Ma ciò oscurerebbe il vero senso della cosa: vorrebbe
dire non pensare minimamente a quale enorme atto di passione e di
talento sia ciò che
crea Sebastiano Marcellino. Decidere di ricostruire una moto leggendaria
di cinquant'anni fa, costruita in pochissimi esemplari e di cui non
si sa esattamente
tutto, e quindi pensare a cosa significa rifare una otto cilindri di
500 centimetri cubi, con due batterie di quattro carburatori ciascuna
di dimensioni e complessità uniche,
con una cascata di ingranaggi della distribuzione che sembrano un ingrandimento
di un delicatissimo meccanismo d'orologio svizzero, e ridargli vita
non solo per tenerla in soggiorno ma per farla cantare libera nei
teatri d'asfalto d'Europa,
non è uno scherzo di lusso, o il semplice desiderio di soddisfare
un cliente facoltoso. E' la raccolta di tutta una vita dedicata alle
moto
focalizzata, espressa per ricrearla a testimonianza eterna. E' punto
di incontro di talento e amore straordinari, cioè come dice
la parola stessa, al di fuori dell'ordinario.
Scoperchiare questo 'pentolone' piemontese ribollente aldilà della riservatezza
apparente significa scoprire un mondo di fronte al quale io mi sento tanto
piccolo e alla cui fonte non posso resistere dall'abbeverarmi religiosamente.
Toccare con mano una delle otto bielle o ammirare i microscopici accuratissimi
fori nei carburatori è, oltre che grande privilegio, occasione di apprendimento
paragonabile al corso universitario più esclusivo immaginabile
e occasione di crescita culturale e umana non indifferente, per noi malati
cronici terminali
di motociclette da leggenda come sono le Moto Guzzi.
Unitevi quindi in religioso ascolto a questo viaggio in una giornata
ombrosa nelle colline piemontesi, e tenete all'erta tutti i vostri
sensi. Ne vale la
pena, e non capita spesso.
IL
SOGNO E L'ESSENZA
Un uomo e il suo sogno: nel delineare i tratti di Sebastiano
Marcellino non si può prescindere dalla sua opera più spettacolare,
così come
ogni artista è inscindibile dalle sue opere più intense
e rappresentative: seguiamo le splendide parole della figlia Elena
nel narrarlo.
"Il sogno si è realizzato alcuni anni fa, ma l’inizio di tutto
si perde, nel vero senso della parola, in una serie di piccoli eventi che
solo ora, alla luce del risultato finale, appaiono per quello che sono sempre
stati:
il percorso segnato verso la ricostruzione di una Guzzi V8 perfettamente
funzionante. Sono brevi parole introduttive, ma in esse sono racchiusi molti
anni, anzi
la vita di una Persona, che non ha mai smesso di credere in se stesso ed
ha realizzato quanto promesso. Nel suo stile inconfondibile non vuole parlare
di sé, ma del suo sogno (continua a chiamarlo così, anche
ora che è diventato realtà).
Ma cominciamo dall’inizio.
Dobbiamo allora immaginare un mondo molto diverso da
quello in cui siamo abituati a muoverci: radio, televisione
e giornali non sono ancora
mezzi
di comunicazione
di massa, sicché le notizie giungono ovattate ed in tempi non proprio
reali. In questa situazione un poco più che adolescente, già appassionato
di motori, sente parlare di una sorta di mito motoristico che in
piena ascesa scompare, senza lasciare traccia.
Il ragazzo cresce, approfondisce le conoscenze tecniche, scopre la
passione per il moto cross e decide di puntare in alto. Passano gli
anni e -forse-
la chiusura con il mondo delle corse (in parte voluta ed in parte
imposta dalla
nascita di una figlia) lo spinge a colmare il vuoto rimasto. Resta
pur sempre nello stesso campo ma si avvicina al settore delle moto
d’epoca. E’ come
ricominciare tutto daccapo, ripercorrendo in anni le scoperte di
decenni. Conoscere un nuovo linguaggio e diventarne padrone è la
nuova sfida.
Cominciano così i restauri di marche più o meno note,
le ricostruzioni di motori più o meno complessi. Poi, nei vari
scambi tra appassionati o più semplicemente tra gente del mestiere
c’è il ritrovamento,
in una cassa di ricambi, di una vaschetta di un carburatore “particolare”,
di cui non si riesce a rinvenire la provenienza. Per sapere non
resta che rintracciare il venditore, il quale con sicurezza attribuisce
il
pezzo alla
Guzzi V8, mostrandone su una rivista specializzata la foto.
E’ una sorta di colpo di fulmine: la funzionalità della V8, la
tecnica impiegata, i materiali: tutto tende all’armonia, alla perfezione,
all’essenzialità. C’è poi lo stupore per la netta
differenza tra quel tipo di lavoro e la meccanica in genere impiegata dalla
stessa casa costruttrice nei modelli stradali. La butta lì così: “Sarà il
primo pezzo della V8”.
Passano gli anni ed il lavoro non lascia molto spazio per i sogni
nel cassetto, ma di tanto in tanto spunta qualche novità: disegni tecnici, pezzi.
Poi la pensione e finalmente il tempo di dedicarsi alla ricerca sistematica
di tutto ciò che riguarda la V8; si parla di anni di raccolta di materiale,
di classificazione, di assemblaggio. Alla fine tutto è pronto: si parte.
Viene ora la parte più difficile, perché si tratta di mettere
in gioco la propria abilità.
Sono altri anni complicati, in cui i pezzi mancanti vengono ricostruiti
da zero, sulla base di disegni ricopiati e collezionati con precisione
certosina.
In più si aggiunge il principale problema di tutta l’avventura:
la necessità di appoggiarsi ad esperti di fusione, di fresatura… E
qui la delusione più grande, ovvero lo scoprire che non sempre alle
ditte maggiormente conosciute corrispondono effettive capacità produttive
e conoscitive. Ritardi, rifacimenti, pezzi buttati, ma anche l’incontro
con professionisti preparati e competenti.
Alla fine l’emozione più grande: sentirne per la prima volta in
assoluto la voce, anzi le voci: otto carburatori che cantano all’unisono
in una sincronia totale. L’emozione è contagiosa, perché chi
ascolta questa musica ne viene rapito.
Se non ci credete potete cogliere l’occasione di sentire con le vostre
orecchie. Non accade spessissimo, ma ad alcuni avvenimenti motoristici la V8 è a
disposizione, in tutto il suo splendore! "
L'INCONTRO
Abbiamo
avuto modo di conoscere la famiglia Marcellino in due
occasioni, che potremmo definire 'pellegrinaggi',
perchè anche immersa nel grigiore
autunnale la casa sulla collina nella campagna piemontese della famiglia
Marcellino contiene un calore unico e avvolgente.
Così è bello
scoprire che la differenza d'età ha ben poca importanza
rispetto alla similitudine passionale, e allora è facile
e dolce perdersi nei tanti discorsi, nei tanti
ricordi evocati sia nell'officina magica al pian
terreno sia attorno al tavolo a pranzo
al piano superiore. A tal punto che gli argomenti scorrono liberi
di sovrapporsi e quello che segue è una piccola ricostruzione
delle piacevoli e fluenti chiacchierate, cominciando col mistero
delle V8.
Già, mistero, perchè dopo la fine della proprietà Guzzi-Parodi
non è ben chiaro cosa sia successo alle V8 esistenti. Così come
non è chiaro quante siano esattamente le V8 originali esistenti
ad oggi: secondo quello che si dice Frigerio ha una V8 originale
e Todero anche, ma
c'è sempre un po' di mistero: chi ha visto da vicino la V8
dell'inglese Sammy Miller ne ha notato alcuni particolari sicuramente
non originali. Si dice che un'altra l'aveva portata via il Direttore
Generale dell'epoca. "In
origine quel che pare certo è che
esistevano parti per 6 moto più o meno complete all'epoca
della costruzione",
dice Sebastiano. Sappiamo la storia del magazzino di Abbadia Lariana,
ormai assunto a paragone come il posto meno sicuro al mondo. Forse
non sapremo mai
quante ne restano: chi ha un V8 originale se ne sta zitto, perchè in
teoria i V8 originali esistenti sono di proprietà Guzzi. Mica
si potevano comprare. Conviene piuttosto dire che è una replica.
Ma l'unica replica certa è quella di Sebastiano Marcellino,
che l'ha ricostruita completamente, basandosi su fotografie e disegni
e compiendo diverse
visite al museo di
Mandello.
I disegni della V8 sono in scala 1:1. "Io li ho recuperati quando c'era
ancora DeTomaso, ma ai disegni bisogna fare attenzione perchè insieme
ci sono le quote della 350" ci precisa Sebastiano. Che già che
c'è ha magnificamente replicato pure quella. Ma parlare di questa moto è un
po' entrare in un piccolo mistero all'italiana, insomma, è argomento "delicato".
Così attorno a Sebastiano Marcellino si alza uno strana indifferenza.
Eccetto Anima Guzzista, nessuno in Italia lo invita mai, neppure
la Moto Guzzi. Elena ha provato a richiedere la partecipazione di
suo
padre e della
sua V8
al raduno di Mandello, chiedendo se poteva interessare la loro partecipazione,
anche con la 350 bialbero. Mai nessuna risposta.
Altrettanto curioso il silenzio della rivista 'principe' in Italia
delle moto storiche, che nonostante un contatto avuto con uno dei
giornalisti non ha mai
dedicato nulla a Sebastiano e alla sua splendida moto. Curioso. All'estero
le cose vanno in maniera diversa, Elena racconta di ottimi rapporti
con
riviste come Moto Legendes e altre; d'altronde chiunque farebbe i
salti di gioia
a contare sulla presenza della sua V8, non trovate? Come succede
a Monthlery, dove nonostante facciano bella mostra centinaia di spettacolari
motociclette
da corsa originali d'epoca, è sempre la sua V8 a strappare i consensi
più entusiastici. Come quelli di Bill Lomas.
Una persona splendida, "ha quasi 80 anni ma aveva una gran voglia di salire
sulla mia moto - racconta Sebastiano - ma un problema alla
gamba e soprattutto la moglie gle lo impediva". Comunque si è subito appassionato alla
V8 e alla famiglia Marcellino: "ci ha riempito di autografi: mi ha dato
delle foto bellissime, mi ha autografato perfino il cappellino..." dice
Elena.
Altro personaggio appassionato alla famiglia Marcellino è Ken
Kavanagh. "Mi
raccontava Kavanagh che a Monza, alla curva Ascari (la curva, non
la chicane di adesso), si usciva dal sottopassaggio a 270 kmh e la
curva si faceva in
pieno ma con le moto di allora non si usciva mai (nè si entrava)
allo stesso modo: ci voleva gran pelo sullo stomaco" "Più volte
ho cercato di portare Cavanagh a Monthlery, ma niente, non si schioda
dalla sua casa di Bergamo." dice Sebastiano. "E'
una persona splendida" aggiunge
Elena "non l'ho mai conosciuto di persona, ma ci siamo scritti
e sentiti diverse volte, è una bella persona, molto loquace
e disponibile a raccontarmi tanti episodi di quell'epoca e cos'era
il motociclismo allora, ben diverso
da quello di oggi".
E' bello sentirli raccontare di episodi, di emozioni, sentendoli appassionare
accavallandosi tra loro coi racconti a tal punto da far sparire ogni
apparente riservatezza tipicamente piemontese.
"Avevo comprato una volta un Ducati bialbero da Farnè, del '62-63,
eravamo andati giù una domenica mattina, c'era Giovannini del reparto
corse, ci aveva portato nel suo garage, aveva ancora tre teste del Marianna,
mi aveva
detto "dammi centomila e portatele via", accidenti adesso
valgono un capitale, ma io avevo già preso il bialbero 125,
l'ultimo usato; poi ci ha portato in fabbrica, stava facendo l'Apollo
a quei tempi, avevano
lì smontato un Norton Commando per prendere delle idee e per
fare delle prove di comparazione. Poi questa bialbero l'ho venduta
e ricomprata diverse
volte, salendo in continuazione di prezzo, finchè è finita
a uno svizzero."
Sebastiano aveva un Dondolino: "il mio Dondolino prima era di un tizio
a cui gle l'aveva comprato lo zio nuovo, mai usato. Lo ha portato da me chiedendomi
di metterla a posto bene, perchè voleva andarci forte, dato che lo zio
gli aveva detto che quella moto andava forte. La moto non era stata praticamente
usata, aveva 500 km circa, questo succedeva nel '68 circa. Poi questo ragazzo è andato
a provarla, è tornato indietro e mi ha chiesto: "quanto vuoi?" Perchè,
non va? "Sì che va, va troppo!" "va bene, dimmi quanto
vuoi" "80 mila Lire". Io non aspettavo altro, ho tirato fuori
le ottantamila e me la sono presa! Era perfetta!"
"A
me piaceva da matti" dice la moglie, "perchè fregavo
sempre il ginocchio per terra. Ogni volta che andavo
in moto buttavo via un paio di pantaloni".
...! "poi una volta mi ha fatto prendere uno spavento:
ci invitano degli amici in moto anche loro ad andare in un certo
posto; gli altri tutti tranquilli,
lui invece parte sparato e invece di fare la strada si infila in
un filare di viti!" "Certo, volevo far strizzare un po'
gli amici" precisa
Sebastiano, "sapevo che dopo il filare c'era la strada,
solo che al momento di frenare il freno dietro non ha funzionato:
l'ho fatta derapare e siamo finiti
nel fosso. Io ho strappato un po' i pantaloni ma lei non si era
fatta proprio niente!" "Dopo - prosegue la moglie
- penso:
forse è meglio
se andiamo a casa e invece saliamo di nuovo; a un certo punto sento
odore di bruciato, e gli dico di fermarsi. All'epoca si usavano
dei pantaloni stretti,
in un tessuto tipo il nylon: gli si erano praticamente ritirati
a contatto con la marmitta." I racconti delle follie
di gioventù prendono
il sopravvento: "una volta avevo anche un'Abarth, una
600 portata a 1000, non andava proprio piano" dice ironicamente
Sebastiano, mentre la moglie si chiedeva come mai si fosse trovata
un compagno simile visto che non era
una 'votata' alla velocità; "una domenica la prende
e mi dice "andiamo
al lago"; ci avviamo, e dietro di noi arriva una Fulvia Coupè,
lui l'ha vista, ha dato fuori di brutto tirando come un dannato
e la Fulvia mica è riuscita a superarlo, no! Però quando è arrivato
al lago poi l'Abarth non è più partita! Meno male
abbiamo trovato qualcuno che ci ha dato un passaggio a casa".
La conversazione assume toni scherzosi ora: "Allora eravamo
fidanzati; sai, in genere i fidanzati regalano anelli, diamanti,
fiori... " "qualche segmento, sì" interviene
Sebastiano; "lui mi regalava emozioni! E continua!! Sono
andati lui e Elena a Monthlery, io sono stata a casa - continua
la moglie - la
prossima volta stacco il telefono! Non è possibile, ogni
dieci minuti mi chiamava!" Elena
conferma: "mi diceva, in dialetto, se avevo chiamato mia
madre. Gli dicevo: vuoi parlargli? E lui: "Salutamela." Io
e Mauro ci guardiamo e non possiamo far altro che pensare quanto
sia una fortuna nascere in una famiglia
così, soprattutto pensando alla fatica per poter avere la
nostra prima moto. Ma Elena obietta: "tutte balle, io
la moto non ce l'ho mica" riferendosi
alla Parilla che sta da tempo nel box in attesa di essere riassemblata: "Tu
la moto ce l'hai *virtuale*" gli replica il padre simpaticamente; "ah
sì, certo, *virtualmente* ne ho un magazzino pieno! Io ho
cominciato a 4-5 anni ad avere la moto, poi mi hanno troncato la
carriera!"
La conversazione prosegue di questo passo estremamente piacevole
e infine volge al termine, vertendo inevitabilmente sui problemi
che
si riscontrano
in Italia,
sulla differenza rispetto ad esempio alla Francia in termini di
manifestazioni riguardanti le moto d'epoca, e Marcellino si emoziona
solo al ricordo
di quante moto c'erano a Monthlery, allo spettacolo infinito della
parata di tutti i
1500 iscritti (!) dello scorso anno... ma la cosa più sconcertante è la
differenza di credito che riscontra Marcellino: in
Francia lo adorano, viene regolarmente invitato, lui e la sua splendida
moto; la stessa
cosa avviene in Germania mentre in Italia... beh,
in Italia Marcellino trova solo muri di gomma. Chiunque sia in
grado di comprendere la passione che le motociclette sono in grado
di suscitare non può fare
a meno di chiedersi perchè ogni tanto le cose non vanno
come dovrebbero a rigor di logica. Poi si ricorda dove siamo, e
allora non è così difficile
(anche se terribilmente amaro) capire che da noi spesso, anche
a livello di giornalismo, comandano le ragioni del 'cortile', del
'ma la mia moto è più originale
della tua', e altre bambinate via di questo passo. Casa madre inclusa.
Perchè l'invidia,
la paura del confronto (ammesso che debba sempre esserci), il campanilismo,
devono essere sempre i sentimenti alla fin fine dominanti in questo
paese? E' mai possibile che una mentalità ottusa che si tramanda
di padre in figlio possa rendere ciechi così tanti personaggi dell'ambiente
motociclistico italiano? Credo che chiunque
abbia avuto modo di avvicinare Sebastiano
anche
solo per cinque minuti e abbia
avuto modo di vedere al nostro Incontro di Primavera dello scorso
anno a Roma la otto cilindri si sia reso
conto di aver assaporato un
piccolo pezzo di storia, di vita vissuta con l'amore per le moto
nel cuore. Come è possibile che stranieri srotolino tappeti
di fronte a tanta passione e noi no? Persone, anzi, famiglie come
la Marcellino
sono concentrati
di storia in grado di farti rivivere episodi, periodi, momenti
di alta emozione come se fossero macchine virtuali con tanto di
occhiali
3D.
E siamo orgogliosi
di aver viaggiato con loro (e spero almeno un po' voi con noi)
in quel mondo che tanto adoriamo, che ci fa stare tutti attenti
come
bimbi
all'ascolto delle favole, rendendo un po' giustizia a un profeta
amato mai abbastanza
in patria.
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