PREMESSA
Poiché i fatti che vado a narrare sono accaduti negli
anni 20, io non ero ancor nato, mi avvalgo di racconti
che ho raccolto in particolare da Piero Pomi che conobbe
Naco e da Forni, che mi lascia spulciare i documenti
conservati presso il Moto Club Carlo Guzzi di Mandello
dove è pure conservata la moto del Naco.
“ Per quasi 2 ore vado errando pei monti senza meta
fissa,senza guida, solo preoccupato di imprimere nella
mente nuovi paesaggi, nuovi panorami, nuovi spettacoli
di natura.”
Ing. Giuseppe Guzzi
Il fratello di Carlo Guzzi si chiamava Giuseppe.
Come s’usava dalle nostre parti, gli venne affibbiato
già in famiglia un soprannome, Naco appunto.
Anche Carlo aveva il suo bravo soprannome ma veniva
usato solo in famiglia: veniva chiamato Taj.
Naco era uno strano tipo, molto diverso da Carlo sia
nella corporatura che nel carattere.
Mentre Carlo era un vispo donnaiolo, Naco era
tranquillissimo, quasi ascetico. Naco l’anima della
Guzzi turistica, Carlo l’anima della Guzzi sportiva.
Si narra che volendo dare in permuta la vecchia
motocicletta adducendo a Carlo che era stata usata
pochissimo, Carlo così rispondesse:
“Anca el Naco l’ha mai dopràa, però l’è diventaa vecc e
‘l voeur piu nisùn! “ (anche il Naco non l’ha mai
adoperato ma adesso è vecchio e non lo vuole più
nessuno!).
Naco era grande e grosso, aveva dita con cui non
riusciva a comporre i numeri al telefono e faticava pure
a trattenere la matita.
Soffriva tantissimo il caldo, tant’è che nel suo ufficio
costruì un impianto di raffreddamento, facendo correre a
serpentina lungo le pareti i tubi in cui scorreva
l’acqua potabile.
D’estate per contattarlo bisognava attendere che si
rimettesse la camicia, poiché disegnava a torso nudo.
Era ingegnere civile, aveva progettato parte dei
capannoni aziendali oltre alla centrale idroelettrica
dello Zerbo, per fornire energia all’azienda.
D’estate aspettava con ansia le ferie per poter
effettuare i suoi giri in moto.
Aveva una Sport 500 (oggi si dice Sport 13 perché è
nata prima della Sport 14 , ma Naco non lo sapeva e la
chiamava solo Sport 500) molto personalizzata con cui
si cimentò nei seguenti raids:
1923 Mandello-Parigi 2000 km
1924 Mandello-Tolosa-Pirenei 2500 km
1925
1926 Mandello-Vienna–Budapest-Carpazi 3000 km
1927 Mandello-Slesia 3000 km
1928 Mandello-Stoccolma-Lapponia-Oslo-Berlino 6200 km
1929 Mandello-Amburgo 2200
Tutte queste date sono incise su una targa applicata al
parafango anteriore della moto.
Nel 1926 mentre si trovava sui Carpazi ruppe il telaio
rigido della Sport.
Da bravo ingegnere, Naco si aiutò con delle vecchie
coperture e camere d’aria a collegare il triangolo
posteriore alla zona della sella e allo zoccolo del
motore.
Fu così che se ne tornò a Mandello col triangolo
posteriore della moto che sballonzolava come se sulla
sua moto rigida avesse montato un retrotreno elastico (Più elastico di così!...).
Quando infine arrivò in fabbrica confidò a Carlo:
“te set che la va mej inscì?” (Sai che va meglio così?).
Gli frullò quindi nella testa di fare una moto elastica
partendo dall’idea di far muovere tutto il retrotreno,
non come facevano gli altri con le ruote guidate, che se
prendevano un po’ di gioco non si stava più in strada!
Si mise al tecnigrafo, disegnò il forcellone oscillante
e un pacco molle posizionate sotto il motore. Si trattava
di una trentina di molle le più dure delle quali
entravano in azione man mano che le più deboli andavano
a pacco. Nacque così la GT 500.
La moto di Naco era però la stessa del 1926. Aveva
applicato alla moto le modifiche della GT e con questo
allestimento andò dapprima a Slesia nel 27, poi si buttò
nell’impresa della Lapponia nel 1928. Sull’onda delle
emozioni procurate da Umberto Nobile e Amundsen nel 1926
che col dirigibile Norge,
partiti da Roma, sorvolarono con successo il Polo Nord,
la fantasia popolare ribattezzò quel modello col nome di NORGE.
Ovviamente lo si pronuncia all’italiana, esattamente
come lo si scrive!
Per la verità, la moto del Naco era molto
personalizzata, sotto il faro, in posizione trasversale,
c'è montato un tubo col tappo per contenere le carte
geografiche e le mappe, un po' come si conservano i disegni tecnici; sul lato destro c'è una
fondina, fissata per contenere la sua pistola, c'è un pesantissimo cavalletto laterale e ganci di
fissagio un po' dovunque. Il cavalletto centrale si può
azionare da entrambi i lati della moto.
Si narra che una volta uscito dal cancello della
fabbrica, con gli operai sulla soglia a salutarlo, il
Naco forò una gomma nel sottopasso della ferrovia che
immette sulla statale.
Gli operai accorsero offrendosi di riparare lo
pneumatico ma lui li fermò. ”Sono già partito” affermò “durante il viaggio tocca a me sbrigarmela! Andate al
lavoro che qui ci penso io!” e così fece!
Non ebbe la Norge
grande successo commerciale, si
diffidava delle sospensioni posteriori ritenendole
antisportive, comunque ne vennero vendute 75 esemplari
del modello civile e 245 esemplari del militare, per un
totale di 320 veicoli.
Nel 1931 come voleva la moda dettata dagli inglesi, si
adottò il cosiddetto serbatoio a sella, non più
sottocanna.
La GT 500 civile si chiamò GT16 e la versione militare
GT 17.
Nel 1935 la Moto Guzzi decise di partecipare al TT,
viste le esperienze positive fatte col modello
molleggiato, si partecipò in entrambe le categorie con
moto molleggiate.
Stanley Woods in sella alle Guzzi vinse entrambe le
gare.
Questa vittoria fu di risonanza mondiale, mai nessuna
motocicletta straniera aveva vinto il TT prima d’allora!
Va da sé che queste vittorie sfatarono la credenza che
il molleggio fosse antisportivo, la Guzzi propose tutti
i modelli in versione molleggiata e così da quell’anno
fecero pure tutte le aziende al mondo.
Negli anni '50 Naco si decise ad aggiornare la sua moto.
Alloggiò il motore che era sempre lo stesso dal 1926,
quello della Sport 500, in un telaio della GT16
modificato. Voleva vedere fin quando sarebbe durato quel
motore. Non lo saprà mai.
Era nato il 6 agosto 1882 e morì il 14 giugno 1962.
Giuseppe Guzzi ha scritto anche un libricino stampato
nel 1942, dal titolo " LA MOTOCICLETTA E IL
MOTOCICLISTA", dove spiega il funzionamento dei vari
organi componenti la motocicletta ed alcuni consigli sul
come portarla.
La sua moto fu donata dalla vedova di Ulisse Guzzi (figlio di Carlo) al Moto Club Carlo Guzzi di Mandello,
dove è tuttora conservata.
E’ bella l’idea di chiamare Norge
il nuovo modello, però si potrebbe chiamare anche Naco
un modello turistico e Taj un modello sportivo!
La moto del Naco è stata utilizzata nel 1991 per
rievocare il viaggio in Lapponia.
In quella occasione è stata messa a punto da Giovan
Battista Zucchi che ha affrontato lo stesso viaggio del
1928 senza alcun problema.
Il motore va ancora e credo che neppure io saprò mai fin
quando dura!
PS: Questa lettera
è la traduzione di un articolo apparso su un giornale di
Oslo.
Naco scrisse un report del suo viaggio che venne
pubblicato suddiviso in 3 spezzoni su 3 numeri di
Motociclismo, nel luglio 1929.
Nel 1991 il moto club Carlo Guzzi stampò una cartolina
ricordo con la piantina del viaggio.
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© Anima Guzzista