Il Bike Expo Show di Padova cresce a dismisura. Nato
come fiera del custom, nel corso degli anni
ha preso sempre più importanza, fino a sopravanzare
il più
'storico' Motorshow di Bologna, tanto da annoverare
la presenza di quasi tutte le case ufficiali, oltre
che di ospiti importanti come Giancarlo Falappa,
Pierfrancesco Chili e altri ancora. Harley Davidson,
Ducati, Triumph, Yamaha (con un imponente
stand dedicato soprattutto alla notevole MT-01),
KTM, MV Agusta, Benelli, Kawasaki, e anche Aprilia
e Moto
Guzzi (grazie
anche al supporto del concessionario Moto Service
di Padova) hanno fatto bella mostra in mezzo a tantissimi
produttori
di
parti speciali, accessori, abbigliamento e quant'altro
piaccia alle nostre amate motociclette. In effetti,
Padova cade sia geograficamente che temporalmente
in mancanza di altri importanti eventi e ha caratteristiche
(non ultime il prezzo d'ingresso, notevolmente inferiore)
più affini alla moto rispetto alla fiera rivale
bolognese, troppo caratterizzata verso le quattro
ruote. Infine
il fenomeno del tuning ha ormai un peso
tale da influenzare anche la politica delle stesse
case motociclistiche: la possibilità di elaborazione
dei singoli modelli (e la presenza di produttori
di parti speciali dedicate) è parametro importante
per il successo.
Come dite? Non ve ne importa nulla?
Volete sapere solo se c'erano Guzzi? Eh, certo, un momento,
adesso ci arrivo. Dunque, come sapete di solito la presenza
di Guzzi rispetto al resto è ridotta al lumicino, anche
se grazie soprattutto al genio di Filippo Barbacane spesso
fa più notizia del resto; questa volta
qualcosina in più si è vista, anche per quanto riguarda
la possibilità di elaborazioni, ma veniamo con ordine.
Allo stand, di dimensioni
e foggia importanti, erano esposte oltre alla gamma
attuale la Breva 1100,
la Griso in versione beige (devo dire notevole, mooolto
meglio che in fotografia), la MGS-01 in versione definitiva
con a fianco quella a noi 'familiare' utilizzata ad
Albacete e suo fantasma V11 Scura R. Le due moto ancora
nel limbo sono state prese d'assalto dai numerosi visitatori,
che hanno commentato, palpato, sbirciato, saggiato
per quel che potevano (e anche oltre, visto il faretto
posteriore della Griso ridotto male) i due prototipi
ormai in versione pressochè
definitiva, soprattutto per quanto riguarda la Breva
1100. Ho piacevolmente trascorso un po' di tempo 'ascultando'
il calore e i commenti del popolo, e se per la Brevona
i commenti positivi non cambiavano dopo averci poggiato
sopra le sacre terga, non si può dire lo stesso per quanto
riguarda la Griso. Per molti il notevole entusiasmo
iniziale si è un po' spento appena saggiata la posizione
di guida, che secondo me (e non solo) è assai perfettibile.
Difatti le pedane sono un po' altine e soprattutto
un po' troppo avanzate; in più le ginocchia trovano
spazio nelle svasature del serbatoio solo a patto di
non avanzare sulla sella, come verrebbe naturale fare
per agguantare il largo (troppo?) manubrio, solo che
o si sta con le ginocchia a posto ma con le braccia
completamente stese (non esattamente il massimo, anzi)
o si avanza sulla sella per trovare la necessaria determinazione
e ergonomia di braccia col manubrio, ma a patto di
stare larghi di gambe come dal ginecologo. Delle due
l'una: o si montano raiser più lunghi al manubrio, o si
arretrano le pedane (il che non mi pare impossibile,
visto che stanno su una piastrina separata
dalle grosse piastre laterali del telaio). Facendo
un rapido confronto con la concorrenza più agguerrita, tipo
in casa Yamaha, non c'è storia: sulla MT-01 si sta seduti
così
naturali che sembra esserci nati sopra. Voglio sperare
che l'esperienza del Centauro porti a rivedere in tempo
questo difetto non da poco, anche perchè veramente
la Griso è un gioiello, di quelli che si vedono di
rado. Dall'enorme tappo del serbatoio, all'altrettando
mastodontico trombone di scarico al meraviglioso percorso
dei cicciosissimi collettori al massiccio monobraccio
posteriore, è un orgasmo unico, e sul treno al ritorno
ho quasi paura a svolgere il posterone dedicato per
evitare sussulti imbarazzanti...
SPECIAL
Filippo Barbacane, tanto per cambiare, ci ha
stupito per l'ennesima volta. Potremmo dire 'senza effetti
speciali', nel senso che stavolta la sua creazione
per la fiera di Padova non ha l'effetto strabiliante
di una Bellerofonte o lo spiccato anticonformismo
della cruiser dello scorso anno: stavolta è semplicemente
una nuda, perdippiù grigia. Ma più la si guarda attentamente,
soffermandosi dapprima sui tantissimi particolari
degni di nota e opera diretta delle sue mani, fino
a riportare lo sguardo a ri-contemplarla globalmente,
più ci si rende conto di essere al cospetto dell'ennesimo
capolavoro, capace di stagliarsi anche questa volta
su tutto il recinto delle aspiranti regine del salone.
ANIMA
"Ho iniziato a pensarci
sei mesi fa, senza un'idea precisa, se non che fosse
funzionante: sono salito sul telaio Ghezzi&Brian e ho
iniziato a pensarla da sopra. E poi ho finito per terminarla
come sempre il giorno prima, con una gestazione lunga:
questa moto mi è uscita dall'anima, ecco perchè si chiama
così". E dietro a queste semplici parole c'è un lavoro
immenso e peculiare, perchè
non è da tutti, per avere a tutti i costi quello che
si ha in mente, prendere un paio di cerchi a raggi tubeless
e segarli letteralmente a metà per allargarli o stringerli
e risaldarli a seconda di dove andranno a finire (all'anteriore
il 4" originale è diventato un 3,5" e al posteriore
si
è meravigliosamente allargato a 5,5"). Già basterebbe
questo per capire la ricchezza, il talento e la capacità
risolutiva del folletto pescarese: se poi si prosegue
nell'analisi dei dettagli buonanotte, ma voglio lasciare
l'analisi di tutto questo ben di Filippo dove si deve:
nel prossimo articolo come Special. Intanto sono sicuro che
apprezzerete il nome... ;-)
A poca distanza da "Anima"
risplende la seconda creatura di Filippo, stavolta usando
come base una Yamaha bicilindrica: tanto per confermare
per l'ennesima volta il suo gran buon gusto e equilibrio,
qualunque sia la base utilizzata. Gran bella!
Rarissime le altre Guzzi
presenti nel padiglione del concorso: un California dal
colore improbabile e con borse Harley Davidson (come
snaturarne l'anima), un V35 un po' troppo americaneggiante
e appesantito per i miei gusti, la Le Mans di Stile Italiano
già vista due anni fa e soprattutto:
MEXICANA
Creare una custom Guzzi
di buon gusto è secondo me impresa difficile. Nella stragrande
maggioranza dei casi si scade nel clone Harley, finindo
in quel noioso purgatorio che è il "vorrei ma non posso".
Oppure si carica magari un serie piccola di così tanto
acciaio cromato addosso da dover gonfiare le gomme a
5 atmosfere per reggerla in piedi, in un truce effetto
'albero di natale'. Tutto quello che non è Mexicana. La splendida
creatura di Maurizio Moschen di Bolzano nasce da una
V7 Special del '69, ma soprattutto nasce da tanto buon
gusto e dal senso dell'essenzialità,
elemento purtroppo raro soprattutto in ambito custom.
E infine (but not least) nasce da un'idea, non che abbia
avuto modo di sincerarmene personalmente col creatore,
ma basta una fugace occhiata per rendersene conto. Questa
moto sa di americano quel tanto che basta, ed è talmente
centrata con l'ambiente che evoca il suo nome (nonostante
non abbia necessariamente i dettami classici del genere)
da immaginarci facilmente sopra un Havana fumante aspirato
con gusto dal Che, o da un campesiño dalla pelle color
deserto e stivali a punta. Pur trasudando Guzzi da ogni
poro dello scarico a colabrodo. Infine, tanto per sottolinearlo
ancora, a volte la differenza le fanno le rifiniture,
e qui come non apprezzare piacevolmente la verniciatura
del carter, cambio e coppia conica di un morbido grigio
ghisa naturale? Apprezzate, apprezzate!
ROSSOPURO
Concludo con un paio
di stand dedicati prevalentemente alla nostra marca del
cuore: capita piuttosto di rado di trovare produttori
delle tanto agognate parti speciali per Guzzi che non
si può non ammirarne il coraggio: Filippo Barbacane ha
esposto (oltre alla Bellerofonte e al Cyclope) la sua
linea di prodotti (creati in collaborazione con Paolo
D'Alcini) dedicati alle nostre pupattole come autentici
gioielli capaci di esaltare di brutto la bellezza del
V11 e dei California (e anche delle altre piccine, tranquilli!),
come la spettacolare asta di reazione, o le piastre di
sterzo raffinate come
poche, i portaspie anodizzati, e via di questo passo...
a me hanno particolarmente colpito le bellissime pedane
e comandi, sempre per il V11: intelligente l'idea di
sfruttare i bulloni esistenti riuscendo con un 'trucchetto'
a innalzare ed arretrare pedane e comandi (il tutto sempre
con buon gusto e raffinatezza) per consentirci una guida
più cattivella e tanta, tanta luce a terra per tutti!
Filippo è una
persona d'oro. Tanta passione, simpatia innata, talento
e creatività,
piacevolmente confermati dalla simpatia e dal 'rumore'
del suo enturage, che abbiamo avuto modo di conoscere bene
al nostro raduno a Trevignano e peccato che non possa
mostrarvi cosa hanno combinato la sera prima con la camera
dell'albergo dove erano ospitati...
ASATEK
In mezzo a una marea
di produttori e preparatori che espongono moto di ogni
genere per dimostrare le loro creazioni, trovarne uno
che usa allo scopo una California e una Breva è eccezione
assoluta: questi gentilissimi produttori di Mandello
ricavano dal pieno di ergal una gamma di ammortizzatori
posteriori per Moto Guzzi di rara bellezza e raffinatezza,
dandoci un'alternativa (e a volte una possibilità, vista
la rarità) agli ammortizzatori di serie. Presente anche
una variante per abbassare il retrotreno del California
per gli amanti della guida rasoterra e una versione espressamente
dedicata alle Breva 750.